“AREA VASTA MONTANA PER IL PROFILI E RIAPERTURA DI PEDIATRIA”

di Vinicio Arteconi, consigliere comunale Associazione Fabriano Progressista

L’attuale crisi causata dal Covid-19 ha messo a nudo le lacune e le scelte di politica sanitaria nazionale attuate negli ultimi 10 anni. Il continuo taglio dei mezzi finanziari ha comportato la riduzione dei posti letto, del personale e della formazione professionale con una costante emigrazione di importanti risorse umane. Tutto ciò ha condizionato in qualche modo le opzioni della politica regionale, ma, occorre rammentare, ancora una volta, che la programmazione in materia di diritto alla salute è di squisita competenza della Regione, potendo derogare e considerare la peculiarità dei territori e le loro specifiche urgenze.

Il Piano sanitario regionale deliberato dal Consiglio a febbraio 2020 (una legge fondamentale varata proprio in conclusione di legislatura!) si caratterizza per una accentuata concentrazione delle strutture. Prevede infatti la costruzione, grazie a finanziamenti privati, di 5 nuovi ospedali per i quali la regione pagherà 30 mln di euro al mese a carico del bilancio per 10 anni. Inoltre, si è realizzato in questo periodo, attraverso donazioni, un ospedale Covid a Civitanova totalmente scollegato dai servizi essenziali. I costi di gestione naturalmente sono a carico della Regione, che sta tentando adesso di reclutare il necessario personale presso le varie Aree Vaste marchigiane. Occorre aggiungere che tali provvedimenti sono avversati, non è cosa da poco, da tutti i sindacati di categoria, nonché da autorevoli esponenti della medicina marchigiana. Lo spostamento degli operatori, se sarà attuato, comporterà un ulteriore depauperamento delle strutture territoriali, che si stanno invece dimostrando strategiche nel corso di questa terribile la pandemia. È sufficiente al riguardo osservare le eclatanti differenze fra le varie regioni: la sanità delle regioni ritenute più arretrate ha fornito risposte migliori di quella lottizzata e centralizzata delle regioni più ricche. Ed essenzialmente per tre ragioni.

In primo luogo, la sanità pubblico-privata, basata sulla logica dei DRG, cioè del rimborso della prestazione, anche se di eccellenza, non è in grado o potrebbe non avere interesse a organizzarsi in modo adeguato in caso di stress sistemici. Al contrario il presidio territoriale medico di base-distretto-unità di continuità territoriale (USCA) con supporti telematici, coordinandosi con le unità di terapia intensiva si è rivelato risolutivo. Gli ospedali non sono stati sovraccaricati, e si è smentita così la teoria che l’elicottero con la sua facilità di utilizzo, anche di notte, possa sostituire efficacemente i presidi territoriali. In secondo luogo, l’equilibrio ambientale ha giocato un ruolo decisivo. L’inquinamento esistente nelle aree più industrializzate, ad alta densità abitativa, comporta un aumento di patologie croniche cardiopolmonari ed una minore possibilità di distanziamento fisico (da non denominare sociale, che ha ben altre ragioni). Tali fattori hanno finito per provocare, insieme anche alla rincorsa a varie vantaggiose fonti di lucro, un aumento dei contagi e della vulnerabilità. In terzo luogo, il precoce collasso delle terapie intensive è dovuto sì all’improvviso aumento della domanda non filtrata dai territori, ma anche ad una dissennata politica di continui tagli agli investimenti sanitari (circa 37 miliardi di euro in 10 anni) con la sciagurata riduzione dei presidi. Lo attuale finanziamento di 37 miliardi, riconosciuto anche dall’Europa, fa appena colmare la voragine che ci ha separato dai partner europei.

In un senso più generale voglio ricordare poi che il Presidente dell’Emilia-Romagna alcuni mesi fa aveva già proposto di rivedere i parametri stabiliti dalla conferenza Stato-Regioni per ciò che riguarda i punti nascita montani. Ora alla luce di quanto sta accadendo con gestanti, neonati e figli costretti a migrare anche fuori regione in piena pandemia, credo sia obbligatorio che anche la nostra Regione si associ a tale richiesta e provveda all’ immediata riapertura della Pediatria. Appare utile al riguardo ripensare, dopo tante confuse riforme, il Titolo V° della Costituzione che ha creato conflitti e sovrapposizioni di competenza tra Stato ed Enti locali. Altrettanto urgente è investire in formazione, borse di studio, digitalizzazione e connessioni di sistemi, in tecnologie e personale per far fronte all’enorme lavoro arretrato e smaltire davvero le liste d’attesa. Un sistema sanitario moderno mette in moto virtuosi circuiti economico-sociali e genera occupazione a diversi livelli di specializzazione e di professionalità al proprio interno e all’esterno, orientando la ricerca scientifica, sollecitando investimenti imprenditoriali pubblici e privati, contribuendo alla protezione dell’ambiente e alla qualità del sistema formativo ecc.

Credo che tutto quanto detto imporrà al nuovo Consiglio regionale, che sarà eletto non più tardi di settembre, di rivedere l’intero impianto del Piano socio-sanitario, peraltro già fortemente contestato durante l’elaborazione e al momento della sua approvazione. Una revisione profonda alla luce dei dati esaminati e delle nuove evidenze, ascoltando le associazioni, le organizzazioni sindacali, i movimenti e le formazioni politiche, i Comuni. L’auspicato nuovo Piano sanitario della Regione Marche dovrà prevedere una organizzazione territoriale efficiente, che favorisca forme di aggregazione dotate di adeguate risorse sia professionali sia materiali nonché la possibilità di un controllo da remoto dei pazienti, anche per intervenire positivamente, in tutti i casi di forte emergenza come l’attuale, rispetto alle altre patologie, sovente gravi, che rischiano di diventare in qualche modo di secondaria importanza. Occorre rivedere gli standard delle case di riposo e delle residenze protette che hanno mostrato criticità.

Tornando ad esaminare più da vicino il nostro territorio, spero che a breve si possano risolvere certi annosi problemi come la carenza di infrastrutture (statale 76, pedemontana, tronchi ferroviari) e la ricostruzione post-sisma. Occorre dare nuovo impulso e concretezza agli Stati Generali dell’Appennino, che abbiamo concorso a far nascere. Dovrebbero essere convocati da subito per individuare idee, condividere riflessioni e orientamenti, analizzare i dati della pandemia e formulare proposte e contributi per una rivisitazione sostanziale del Piano sanitario cui ho già accennato. Un primo prioritario obiettivo, a nostro giudizio, è quello di portare avanti il progetto di un’Area Vasta Montana, anche trans-regionale, che comprenda Comuni della provincia di Pesaro, di Ancona e di Macerata, abbandonando le vecchie logiche che suddividono il territorio per province.
Gli Stati Generali dei Comuni dell’Appennino dovrebbero inoltre promuovere anche altri settori. Primo fra tutti il lavoro inserito in un piano di economia ecocompatibile: laddove si scatenano crisi economico-sociali correlativamente si verifica un aumento di patologie. La scuola poi che da anni soffre i medesimi tagli subiti dalla sanità e che, a causa ora dell’epidemia, registra numerosi abbandoni, svelando certi punti deboli del nostro Stato Sociale: il lavoro domiciliare femminile accentua le differenze di genere ed evidenzia distanze sociali inimmaginabili.

Vorrei concludere con un profondo apprezzamento, a cui si associa l’Associazione Fabriano Progressista, per le procedure messe in atto dai Sanitari dell’Ospedale di Fabriano che hanno risposto in maniera egregia alle urgenze chirurgiche di tutta l’Area Vasta 2, il che ha rivelato ancora di più la necessità di realizzare le nuove sale operatorie antisismiche (promesse da anni), l’ampliamento della terapia intensiva come previsto dalle recentissime direttive ministeriali e la messa in sicurezza dell’ala resa inagibile dal terremoto.

Arteconi Vinicio
Associazione Fabriano Progressista