IL NATALE DI CLAUDIO A 2.000 KM DA CASA

C’è poi un “altro Natale”. Un Natale che prende le distanze dalle polemiche sull’opportunità o meno di investire denari in luminarie, mercatini, eventi, ruote panoramiche e piste di pattinaggio. Il Natale di chi trascorre le festività lontano da casa, dalla famiglia e dagli affetti, perché costretto ad emigrare altrove in cerca di lavoro e di fortuna, in cerca di quella dignità che solo un’occupazione lavorativa, stabile e sicura, può dare. Quello che voglio raccontarvi è l’”altro Natale” di Claudio che, con coraggio e tanta amarezza, ha accettato di essere intervistato per la nostra redazione.

Claudio, che lavoro svolgevi e da quando sono iniziati i tuoi problemi lavorativi?

In Inghilterra ero impiegato in banca come addetto alle relazioni con i clienti. Tornato in Italia nel 2000, sono stato impiegato alla Lamtec, officina metalmeccanica della Tecnowind. Questo nel 2007, quando ho subito un’operazione al tunnel del carpale, poi mi hanno licenziato. Nonostante io sia invalido e regolarmente iscritto alle liste speciali di disoccupazione, da quel momento non ho più lavorato da dipendente.

In tutto questo tempo hai lanciato un grido di aiuto, alle istituzioni in particolare, che risposta hai ricevuto?

Il nulla più assoluto, sia dal Comune di Sassoferrato, sia da quello di Fabriano, sia dal Centro per l`Impiego, tantomeno dalla Regione Marche. Tutti sempre le stesse risposte: -Non c`è lavoro, sai la crisi. Non ci sono fondi per l’aiuto ai disoccupati, non ci sono strutture adeguate. Se vuole può fare questo corso o quest’ altro-. Ma come puoi ben capire tutto ciò non è che sia utilissimo. Sono laureato in economia, ho tre differenti specializzazioni in relazioni con la clientela, ho un certificato in problem solving e recupero della clientela. Insomma io come saldatore a TIG, cosa che ho fatto per un anno, non è che sia una soluzione.

Alla fine una decisione amara e sicuramente dolorosa: il trasferimento all’estero. Quanto ti è costato allontanarti dalla tua famiglia e dalla città in cui hai vissuto?

Per me la mia famiglia è aria, respiro, battito cardiaco. Sono parte integrante della mia vita e senza la mia compagna, senza Tiziano e Gianni non vivo. La mia compagna è la donna che ha dato la vita ai miei figli, è lei che mi fa vivere, che mia ha dato una ragione per restare, lei rappresenta le mie radici. I miei figli sono il sangue che scorre nelle mie vene. E’stata la decisione più dolorosa della mia vita.

Che lavoro svolgi attualmente? Sei soddisfatto o ti aspettavi un collocamento professionale migliore?

Solo all’estero ho trovato una posizione che risponde perfettamente alle mie specializzazioni. Sono il responsabile per le relazioni con la clientela per una grande ditta Italiana che ha dei call center in tutta l’Europa dell’Est. In Italia non hanno mai aperto il mio curriculum vitae. Da quando l’ho inviato via Internet all’estero, in un solo mese ho avuto quattro proposte lavorative.

Cosa scatta nella mente di un uomo che si ritrova senza lavoro, con una famiglia da mantenere? Hai mai pensato di aver fallito in qualcosa e, se sì, in cosa?

Il fallimento è il tuo incubo, il non poter rispondere positivamente alle richieste di chi vede in te un porto sicuro, deputato alla tua sicurezza. Il fallimento è il solo sentimento che provi e che ti fa paura ad ogni riga che leggi, non appena ricevi la raccomandata dagli uffici del personale che ti avvisa che con quella ditta hai finito.

Come sta vivendo la tua famiglia la scelta obbligata di trasferimento all’estero per lavoro?  E’difficile riuscire a mantenere un contatto quotidiano con i tuoi cari?

La vivono a fasi alterne. Da una parte gli manco in modo inenarrabile e dall’altra la vivono come un’avventura. Una nuova fase della nostra vita. Un nuovo inizio che non si sa ancora dove ci porterà. La nostra vita è ora scandita dalle video call che ci facciamo tutti i giorni. Il mio ruolo di padre, guida e mentore, è affidato alle nuove tecnologie che sono meravigliose. Non ci lasciamo mai e ci vediamo sul telefono, ridiamo e scherziamo su whatsapp o su skype. Grazie a questo resto al loro fianco nonostante i 2000 km che ci separano.

Claudio, in questi giorni tante discussioni, anche sui social, sul Natale e sugli eventi natalizi. Come leggi tutto ciò alla luce della problematica che stai vivendo sulla tua pelle?

Natale non sono le lucine ed i mercatini. Natale è vicinanza, empatia, calore familiare. Lo hanno ridotto ad acquisti e luci, ma dico sempre che, se Dio ha mandato suo Figlio a morire per noi, lo ha fatto per l’umanità intera e non per solo i commercianti. Personalmente vivo questo periodo nel terrore che la mia famiglia non potrà raggiungermi qui e passeremo il Natale separati, lontani. Per noi il Natale è il periodo più bello dell’anno. Tieni presente che tutto questo è detto da un ateo convinto.

Che Natale avresti voluto vivere Claudio? Hai ancora un sogno nel cassetto che vorresti realizzare?

Vorrei poter far vivere ai miei figli il Natale che ho passato io con i miei nonni. Le grandi tavolate ed i profumi di cucina. Le risate ed i discorsi seri che circondavano una tavola povera ma bella. Vorrei che anche loro ascoltassero un grande uomo che ha combattuto per anni ed ha sofferto per i suoi ideali, che erano i diritti di chi lavora. Vorrei che capissero l’importanza dell’empatia, unico vero sentimento che contraddistingue un essere umano. Empatia e vicinanza, questo è il Natale.

Gigliola Marinelli