8 MARZO CON LE DONNE DELL’INFORMAZIONE NEL COMPRENSORIO

Amiche, colleghe, donne con cui confrontarsi e discutere. Per questo 8 marzo ho scelto di condividere pensieri e parole con le donne dell’informazione, cittadina e non, donne che hanno scelto come mestiere di raccontare i fatti che accadono nel mondo che le circonda e di raccontarsi per i nostri lettori. Il mio augurio sincero per questa giornata così importante per l’universo femminile è quello di continuare a sentire l’entusiasmo che ho percepito tra le mie colleghe alla mia richiesta di condividere un articolo insieme. Le donne sanno fare squadra, non hanno paura di mettersi in gioco, non temono la verità. Credo sia il mio augurio più grande per la categoria delle donne giornaliste e per le donne di tutto il mondo. Ecco i pensieri delle colleghe… rigorosamente in ordine alfabetico!

“La bellezza femminile interessa da sempre l’arte, la letteratura, la filosofia affascinando dunque l’intera umanità. Nella preistoria troviamo ad esempio le famose “Veneri”: quelle piccole statuine cultuali raffiguranti corpi femminili dai seni e dai ventri prosperosi, divinizzate per il legame con la fertilità. Con il tempo poi, i canoni di bellezza cambiano in relazione alla società. In epoca romana Seneca sostiene che ”una bella donna non è colei di cui si lodano le gambe o le braccia, ma quella il cui aspetto complessivo è di tale bellezza da togliere la possibilità di ammirare le singole parti”. Oggi quando una donna è considerata bella? Riusciamo davvero a non farci influenzare dal mondo di facebook, di instagram e delle fashion blogger? Qual è il nostro canone di bellezza? L’8 marzo significa anche rispondere a queste domande. E’ vero che nel corso della storia la donna è riuscita ad ottenere molti diritti, vincendo importanti battaglie, ma finché resterà imprigionata nella società dell’apparenza, non riuscirà mai ad esprimere pienamente le sue potenzialità”.   Francesca Agostinelli

“Per misurare il progresso dei diritti delle donne, ho un metro di giudizio. Una frase della giornalista, scrittrice e politica  Françoise Giroud. Disse  “La donna sarà veramente uguale all’uomo il giorno in cui, in un posto importante, verrà  nominata una donna incompetente.” E di donne incompetenti a posti di alta responsabilità – salvo in politica dove le marionette non hanno sesso –  ancora le devo incontrare. Eppure di donne competenti,  ce ne sono tante. Sono manager, impiegate, casalinghe, insegnanti, operaie, multitasking, decisioniste, infaticabili. La mimosa, quest’anno, la regalerei ad Ester Berrozpe Galindo, il vice presidente della Whirlpool Corporation e presidente Whirlpool Emea. Spagnola, minuta, quarantenne, moglie, mamma, ha inaugurato lo stabilimento modello di Melano con un elegantissimo tailleur pantalone nero, da cui spuntavano scarpe decolleté zebrate tacco 12. Un dettaglio inutile se chi legge è un “lui” ma siccome ho scritto per le “lei”, so che sarà percepita l’essenza degli auguri che invio a noi donne”.   Veronique Angeletti

“Il mio 8 marzo è una signora dalla messa in piega d’argento seduta in attesa dell’autobus. Il sacco della spesa sulle ginocchia e le riviste del mercoledì che spuntano dalla borsa. Una gonna e un paio di scarpe comode, vecchie ma ancora buone per il solito tragitto. L’espressione persa nelle cose da fare. Ogni ruga intorno agli occhi è un’idea per cui si è battuta, ogni piega vicino alle labbra il sorriso dei giorni più belli. Da dietro quegli occhiali ha osservato più di mezzo secolo. Ha vinto, ha perso, ha pianto e avuto paura. Ha smarrito il cuore per poi ritrovarlo in una sorpresa. Ha amato e ama ancora. Glielo ricordano le fotografie sul tavolo dell’ingresso, qualcuno è sempre lì. Qualcun altro non può più guardarlo in faccia ma ancora ci parla. Gli uomini. Uno specchio in cui ha riflesso progetti e sogni. Padri, mariti, figli. Uno specchio, nessuna differenza. Il lavoro. Soddisfazioni e timori condivisi senza sudditanza. Picchi sfiorati con i piedi per terra, le lacrime dell’obiettivo impossibile finalmente raggiunto poi i sensi di colpa per la lontananza da casa, alleggeriti dalla complicità di un abbraccio. La stima e il rispetto in quel grazie reciproco. Frequente, mai forzato. Nessun ricatto e, ancora, nessuna differenza.  Sta arrivando l’autobus, ma alla fermata non c’è più nessuno”. Giorgia Cardinaletti

“Stando ai dati Istat, le donne sono meno occupate degli uomini, le neo mamme più in difficoltà a rientrare a lavoro, le nostre manager meno pagate. Detto questo, è chiaro che la battaglia della presidente della Camera Laura Boldrini parte da una comprovata verità. Eppure, nonostante l’evidenza empirica, nessuno mi toglie il dubbio che non sarà il genere dei nomi a fare la differenza. Samantha Cristoforetti sarebbe stata meno brava se solo la parola astronauta avesse avuto una declinazione maschile? Nilde Iotti sarebbe stata meno autorevole se l’avessero chiamata “presidentessa”. Tina Merlin avrebbe raccontato con meno professionalità la tragedia del Vajont se solo non fosse stata “la giornalista?Più scrivo e più mi convinco che no, queste donne sarebbero state tutte protagoniste importanti della nostra storia, esattamente come è stato. Insomma, ho il timore che tutta questa battaglia dei nomi al femminile, rischi di essere del semplice maquillage di forma, mentre qualcuno nasconde sotto il tappeto un problema di sostanza. Quindi propongo questo per l’8 marzo: meno trucchi e più pigiama party. Perché la condivisione, il confronto e la solidarietà sono state le vere armi delle donne in ogni età (scusate per la rima, già me ne vergogno!)”. Rosita Fattore

“Sul calar degli anni ’80 la Mannoia cantava “Quello che le donne non dicono”, più che una canzone una poesia sulle nostre angosce, paure, debolezze e sulla grande forza sia fisica sia d’animo che abbiamo nell’affrontare la vita. Da allora di strada ne è stata fatta, come ne è stata fatta negli anni precedenti, ma all’alba dei 30 anni capisco che ci sono ancora tante cose, diritti e questioni di morale da conquistare e far comprendere. Siamo la generazione del rimboccarsi le maniche, di quelli che hanno ancora un universo da prendersi e, in questo mondo fatto sostanzialmente di eterni sognatori, anzi sognatrici dato che parliamo di noi, gentil sesso, bisogna avere il coraggio di volare molto in alto e brillare di luce propria. Possiamo essere contemporaneamente donne di successo, mamme, figlie, zie e nonne, siamo in grado di affrontare una giornata stressante e avere poi il tempo da dedicare al partner o ad un affetto, facendo sembrare tutto semplice come se avessimo passato una giornata al centro benessere. Ma siamo anche brave a fingere. Fingere che tutto vada bene quando magari ci crolla il mondo addosso e avere poi la forza e la caparbietà di reagire. Non c’è cosa più bella che essere donna. Andatene fiere e siate orgogliose di voi stesse. Sempre!” Benedetta Gandini

 

“L’8 Marzo che vorrei sarebbe una giornata di festa i cui tratti più commerciali facciano solo da discreta cornice al dipinto che essa rappresenta: un’occasione importante per guardarci reciprocamente in un’ottica diversa, da donna a donna, ricordandoci cosa significa davvero essere donne. Meraviglioso genere che parla il linguaggio universale della vita e che si porta dietro un pesantissimo bagaglio fatto di lotte per i propri diritti, di schiaffi, non sempre morali, e di etichette indelebili. Orgoglio profondo. Peccato però che il nostro genere sia gravemente malato di un brutto cancro che ingrigisce la tela: il maschilismo femminile. Il maschilismo della donna sempre pronta ad insultare, denigrare, deridere quella più bella di lei, o più brava, o più brillante, ma anche quella lei semplicemente lì per caso, dove non ci va; il maschilismo della donna tradita, inesorabilmente accanita contro la nemica; il maschilismo inconsapevolmente pericoloso di chi mentre canticchia “Oltre le gambe c’è di più!” pensa ad un’altra parte del corpo da mettere in bella mostra; il maschilismo deleterio che si autoinfligge chiunque si svegli la mattina e non indossi più quella maglia rosso ciliegia che tanto le piaceva, solo per compiacere chi ama, di certo più di quanto ami se stessa. Ecco, direi che se la festa della donna, prima o poi, sarà realmente degna del suo nome e riuscirà a far emergere il dipinto, dipende solo da noi, dai colori che usiamo. Nel frattempo un sano brindisi a noi, donne, credo sia d’obbligo. Auguri!” Paola Rotolo

 

“La festa  delle donne  per me ha assunto  un significato  particolare  dall’otto  marzo  di sette anni  fa, giorno  in cui  è  nato  mio nipote. In quel  particolarissimo  giorno  ho visto  unirsi  tutta la  famiglia  attorno  a una giovane  mamma ed  è  così  che mi piace  festeggiare  questa  giornata. In quella giornata bellissima ho toccato con mano la grande forza che noi donne abbiamo, portiamo la vita dentro di noi e negli anni l’aiutiamo a crescere a formarsi e a raggiungere tutte le proprie aspirazioni. Se ci pensate bene da sempre è stato così, in tutte le epoche storiche, dalla donna anima del focolare  fino ad arrivare alla donna in carriera. Questo perché la donna non ha mai trascurato se stessa ma è stata ed è  capace di ritagliarsi degli spazi dove poter eccellere. A volte basta una tastiera di un computer per sminuire e maltrattare una donna così da farle dimenticare di colpo tutta la sua forza e ciò che la rende unica e ricca di talento. Personalmente  grazie  alle donne della mia famiglia, ho potuto superare i miei limiti le mie paure e vivere a pieno la vita nonostante la mia disabilità. In questa giornata la donna è importante perché è la famiglia”. Federica Stroppa

Sì, siamo dolcemente complicate è vero, ma sappiamo essere complicatamente dolci. Partiamo da due termini agli antipodi che possono aprire un gran dibattito: donna e femmina. Chi e quando l’una o/e l’altra? Lascio ad ognuno la riflessione aperta. Ma parto da qui come spunto per queste mie righe. Ho riflettuto sull’8 marzo che vorrei e il primo pensiero, lo ammetto, è stato il profumo della mimosa. Ma non di una mimosa qualsiasi, bensì di un ramo rigoglioso, di grandi fiori giallo sole, appoggiato sul comodino …il cui profumo, come farebbe un degno odore di caffè, mi fa aprire gli occhi in una camera in cui i raggi del giorno mi illuminano il viso. Né poesia, né utopia né altro: questo è simbolicamente la Festa della Donna che vorrei.  L’essere giornalista mi insegna a non guardare i fatti da quel che semplicemente appaiono, ma di guardarli come il risultato di una serie di situazioni, pensieri e articolazioni. Ecco, immaginate il percorso che ci potrebbe essere affinché una donna, che si sente tremendamente femmina, si possa svegliare in un modo così. Il mio augurio è proprio questo, che tutte noi avessimo sempre il Sole accanto. Agnese Testadiferro

Dedico a tutte le donne dell’informazione un pensiero della giornalista e scrittrice Oriana Fallaci, come augurio ed esempio da seguire per il proseguo della nostra carriera:” Non si fa il proprio dovere perché qualcuno ci dica grazie…lo si fa per principio, per se stessi, per la propria dignità”.

Gigliola Marinelli