REGIONE MARCHE, NUOVE REGOLE PER LA PAUSA CAFFE’

Pausa caffè: nuove regole contro i furbetti della tazzina. Non oltre 15 minuti, una tolleranza di altri 5 al massimo e una sola volta al dì. E con il rischio anche di decurtazioni dallo stipendio. Ecco, le norme, della Regione Marche, in vigore per la prima volta. Tanto recita una circolare dell’ente diffusa in questi giorni a Palazzo. Un esperimento, per ora: dal 1° settembre al 31 dicembre 2016. Fino a oggi, si usavano “i permessi per motivi personali”, circa 36 ore l’anno a disposizione per ciascun dipendente. Se tutto filerà liscio, i nuovi precetti saranno applicati in modo definitivo. Chiara e succinta, la circolare dell’amministrazione regionale che rivoluziona un sistema collaudato da anni. Nell’atto dell’ente si stabilisce anzitutto che la pausa è permessa nella misura massima di 15 minuti con un tolleranza di ulteriori 5 minuti e per una sola volta al giorno. Definite anche le modalità, così da evitare problemi ed eventuali irregolarità: il suo utilizzo, infatti, non può essere consecutivo all’inizio o alla fine dell’orario di lavoro o “immediatamente antecedente” la pausa pranzo. Insomma, la pausa caffè, definita tecnicamente “pausa giornaliera”, deve essere effettuata almeno un’ora dopo l’inizio dell’orario di lavoro o un’ora prima del termine dello stesso o un’ora prima della pausa pranzo. Nulla viene lasciato al caso e così, nel documento, si precisa che l’utilizzo avviene tramite “timbratura nel terminalino smarcatempo” utilizzando la voce “pausa”. Altro dettaglio: la pausa, nei limiti dei 15 minuti, è scomputata dalla flessibilità positiva della stessa giornata o, comunque, maturata in altre giornate. Ma c’è dell’altro: qualora l’assenza sia superiore ai 15 minuti, cui vanno sommati gli eccezionali 5 minuti di tolleranza, il periodo di eccedenza viene attribuito come “motivi personali”. Se invece il dipendente ha finito le ore di permesso per “motivi personali”, il periodo di assenza viene decurtato a livello economico nel mese corrente. L’ente, poi, diversifica: se la pausa viene fatta all’interno dei locali di lavoro e con i distributori automatici non c’è la necessità di timbrare; se invece si va al bar, occorre timbrare. Una disparità che ha già sollevato dubbi. Finora, il sistema risultava collaudato: la pausa caffè, infatti, era regolata sulla base dei cosiddetti “permessi per motivi personali”. Che, complessivamente, valgono 36 ore l’anno: il rischio, tra l’altro, era che i dipendenti utilizzassero tutti questi permessi per usufruire della pausa caffè. Di qui, anche da parte di alcuni di loro, la necessità di richiedere norme ad hoc per questo momento di relax. Lo riferisce il Corriere Adriatico.