‘MEZZADRI SENZA METALLO’ – Gigliola Marinelli incontra Gian Pietro Simonetti

Blogger, commentatore e critico politico, osservatore attento ed arguto,  senza peli sulla lingua,  di una città ed un comprensorio tragicamente in declino. Il “signor Bicarbonati”, al secolo Gian Pietro Simonetti, si racconta in questa chiacchierata tra ex compagni di scuola, classe 1968, che intraprendendo percorsi diversi si sono ritrovati in ruoli differenti a “raccontare” vizi e virtù della Città della Carta.

Gian Pietro, come anticipavo, siamo entrambi classe ’68. All’epoca il motto era “Cavalca la tigre”: pensavi a distanza di anni di ritrovarci a parlare di una città dolente e disillusa, relegati a “cavalcare” un agnellino sacrificale post elettorale?

La storia industriale di Fabriano è finita con un lento smottamento che viene da lontano perché è la coda di un’epoca chiusa a Berlino nel 1989: il sistema della Guerra Fredda, governato a Ovest da un libero mercato mediato dagli stati nazionali e da logiche geopolitiche, consentiva di fare un terzismo redditizio in Italia, stile A.Merloni, o di conquistare nuovi mercati, come fece Vittorio Merloni con la Russia, utilizzando il ruolo politico del nostro Paese rispetto ai paesi del blocco comunista. La fine della guerra fredda ha scatenato una competizione internazionale anarcoide di cui il nostro monoprodotto era una vittima predestinata. Ma i fabrianesi pensano che sia solo un brutto momento e che per uscire dalla crisi sia sufficiente dire “cambiamento” e pugnalare una tela su cui è impresso il volto di Spacca, un ritratto di Dorian Gray su cui scaricare decenni di sudditanza merloniana. Non c’è niente da fare: siamo intimamente incapaci di elaborare il lutto vero e ricerchiamo palliativi.

Hai tu stesso definito il seguitissimo blog Bicarbonati come “la piazza politica più rigogliosa e solforosa”: di malcontento da parte degli elettori astensionisti ne abbiamo respirato a profusione, quindi molte esalazioni solforose, cosa ne resta della politica “rigogliosa”?

Ho raccontato una politica locale che non c’era. Ero io a inventarla per tenere in piedi una narrazione. Alla fine il rigoglioso è stato rimpiazzato dal rumoroso e il solforoso da un’effervescenza appariscente ma labile. Lo storico Polibio parlava di olocrazia, potere della moltitudine. Ecco: a Fabriano una moltitudine urlante e armata di I Phone genera olocrazia attraverso i social media. I politici annaspano ma la verità è che la crisi non si risolve in una dimensione locale, quindi bastonare Sagramola o Tini è come afferrare un’ombra: una perdita di tempo. Il prossimo Sindaco, come quello attuale, non inciderà la pellicola. Al massimo potrà discettare sui soldi per la pulizia dei giardini. La semplificazione vorace della moltitudine, l’olocrazia, non aiuta un’operazione verità. Intanto vedo all’orizzonte una spaventosa moltiplicazione di redentori.

Il tuo percorso di critico politico ma anche di politico “praticante” ti ha messo in contatto con differenti correnti di pensiero: credi ancora in una politica basata su fondamenti ideologici di profonda appartenenza o ritieni questo sistema oramai superato dalla prepotente invasione del web che ha reso la politica affare di tutti ed alla portata di tutti?

L’appartenenza ideologica è come il monoprodotto: è finita nel 1989. Oggi abbiamo una domanda: come conciliare competitività del sistema, coesione sociale e tenuta dei processi democratici. Invece siamo al Giurassico: ruberie di massa, appelli all’onestà, discussioni scatenate sui dettagli. Il web ha eliminato le mediazioni organizzate abbassando la qualità del ragionamento. La partita è ridotta a uno scontro tra fazioni: i predoni e i puritani. L’arte del possibile è sparita: l’ho sempre considerata il mio campo di gioco. Per questo mi chiamo fuori e mi sento felicemente anacronistico.

Fabriano Città della Carta, degli elettrodomestici, Città Creativa Unesco, Fabriano Maker City, città del fare e del saper fare: la mentalità “metalmezzadra”, alla luce  del triste epilogo di Indesit, riuscirà ad evolversi in apertura mentale verso nuovi orizzonti economici e nuove prospettive di vita, specie per i numerosi disoccupati che contiamo nel nostro comprensorio?

Noi fabrianesi siamo una versione riveduta e corretta dell’E.T. di Spielberg: mani grandi e testa piccola. Abbiamo il mito del fare, del fabbro che batte la mazza, a cui abbiamo dedicato anche il Palio. Rispetto alle dinamiche del mondo attuale siamo alieni. Come E.T.: telefono…casa…Abbiamo migliaia di persone che vivono di ammortizzatori sociali lunghi e competenze professionali bruciate dall’inattività. Un ricollocamento di massa non si inventa e senza uno zoccolo di industria l’economia locale non risorge. Il turismo nuova opportunità? Facciamo Mostre bellissime poi chiudiamo la Pinacoteca. Eravamo un territorio storico di produzione di salumi (Angelini docet) e oggi abbiamo un salame di Fabriano che non viene manco certificato. Forse con 300 km quadrati di territorio penserei un po’ di più all’agricoltura: mezzadri senza metallo. Ma la terra, notoriamente, non aspetta che l’ha abbandonata.

Assistiamo da anni ad una “fuga di cervelli”: i ragazzi scappano appena possibile dalla nostra “conca” per trovare sbocchi professionali appaganti magari all’estero. Che ne sarà della terra della nostra gioventù? Auguri ai nostri figli di realizzare i loro sogni in questo territorio?

Fossi un ragazzo di 25 anni probabilmente me ne andrei anche io, anche se lontano da qui non ci sono le salsicce attaccate ai fili. Chi è giovane può permettersi di partire mescolando prospettive e avventura, ricerca di opportunità e spirito di frontiera. E’ un mix è potentissimo e umano. Il problema è che senza giovani una città muore perché consuma la cognizione del futuro. Ai miei figli consiglio, realisticamente, di avere passione per il mondo e di essere meno provinciali di me che non sono stato abbastanza vagabondo. Il futuro di Fabriano è fosco per ragioni culturali, economiche e demografiche. Essere ottimisti è una finzione insostenibile.

In chiusura, secondo te cosa ha condannato o condannerà Fabriano? Credi che lo spostamento dell’asse amministrativo regionale in quel di Pesaro e la mancanza di un rappresentante fabrianese in Consiglio Regionale  contribuiranno a lasciare nel dimenticatoio Fabriano e le sue attività produttive, culturali e turistiche?

Siamo passati dall’avere il Presidente della Regione al nulla, dal Governo delle Marche alla cancellazione del diritto di tribuna. La sconfitta di Spacca è stata una grossa fregatura per Fabriano perché era il volto umano del merlonismo, la versione digeribile di un sistema da cui era necessario uscire con gradualità; una sorta di Gorbaciov, un traghettatore. Ma Gorbaciov ha perso e pure i fabrianesi hanno scelto Eltsin che grida ritto sul carro armato. Davvero un brutto affare questo vuoto di potere e basta vedere Whirlpool: Fabriano è uscita di scena. Si dice “territorio abbandonato territorio occupato”. Vedo ex eretici pronti a imporre una nuova ortodossia ma senza più il grasso dell’epoca merloniana.  Cui prodest?

Gigliola Marinelli