SIAMO PIÙ “SOCIAL” E MENO SOCIALI? – Dibattito aperto

Possiamo notare nel nostro quotidiano persone dedite a cimentarsi con cellulari, smartphone, tablet, in qualsiasi ora e in qualsiasi momento collegati 24h alla “rete”. Certo, è un utilità essere sempre connessi sia nell’ambito lavorativo o nell’ambito della sfera privata! La tecnologia ha fatto passi da gigante grazie alle varie coperture gsm attive nelle metro e nei mezzi pubblici ma ancora più innovativo è l’accesso wi-fi nelle aree del verde urbano (parchi e giardini). Solamente a Roma si sono installati 300 access point per supportare il cittadino in tempo reale su quale mezzo prendere per andare in un determinato posto e in quanto tempo calcolando esattamente i tempi di percorrenza. Il progetto si chiama “Wi-Move” e vede la collaborazione di altri comuni e province d’Italia. Una vera e propria “rete” nella rete quotidiana della mobilità del cittadino. Questo può essere un aiuto davvero utile, ma se invece connettersi a internet diventa una vera e propria fobia… l’abuso di rete… se diventa un graduale aumento del tempo che si passa in rete, distaccandosi a volte dalla realtà o per nascondersi da quella realtà quotidiana che non ci piace, costruendo soddisfazioni personali vacue con “amicizie” sterili nei diversi social? Può diventare un bisogno condividere foto o momenti della propria vita nei vari social network, partendo da una dissoluzione che sopprime l’emozioni del reale, alterando le sensazioni, modificando le comunicazioni interpersonali. L’ambiente multimediale può distorcere la percezione nel rapporto inter-umano, assecondando solamente, pure fantasie.

La priorità dell’appuntamento si riversa su internet rifugiandosi in una realtà virtuale con la consequenzialità di una forma da sindrome di dipendenza, ovvero la “IAD” (Internet Addiction Disorder), l’infrenabile desiderio…come esigenza…di connettersi al web.

Un centro di ricerca italiano, l’ Esc Team di Milano fondato nel 2010 da Paolo Giovannelli, studia e cura le dipendenze dell’individuo date da internet, come l’info surfing, (dispotica e repentina ricerca di informazioni su internet) o come la nomofobia (la paura di non essere connessi con la telefonia mobile). Ora in questi tempi, la “necessità” sta diventando il mutamento rituale del mito del progresso, una reale sparizione di “affetti” e “armonia” in una comunità. La perdita del dialogo moderno, nel riuscire a parlarci e comprenderci, chiusi nel proprio individualismo, in barriere mentali, ma è solamente con l’unione e la socialità che l’integralismo dell’uomo può migliorare la società in cui vive. Aprendo la mente si apre la propensione alla conoscenza umana.

Paolo Gionchetti