I PARTITI SONO GUSCI VUOTI – di Alessandro Moscè

I partiti non rappresentano più le aspirazioni e le aspettative della gente. Sono una messa insieme disomogenea di persone non selezionate, gusci vuoti. Lo notiamo in questi giorni con le candidature a sindaco in alcune grandi città italiane e con la condanna per corruzione a carico di Denis Verdini. A Roma tutti contro tutti, senza un nesso logico che possa guidare le scelte di una coalizione. Mai come in questi anni i partiti sono al minimo storico dei consensi. La parte migliore della società civile ne prende le distanze, non li segue, li rifiuta aspramente. L’astensionismo è sempre più alto, ogni volta che si va a votare. All’interno di questi partiti i reati compiuti da vari esponenti hanno colpito ad ogni livello e indistintamente gli schieramenti dell’arco costituzionale. Gli italiani si sentono sempre più lontani dalla politica e in primo luogo dai partiti. Per la precisione, solo il 3% ci crede ancora. Cioè una quota pari al margine d’errore statistico (poco meno del Parlamento che è al 7%). Si tratta di una conferma del clima di sfiducia che mette apertamente in discussione la nostra democrazia rappresentativa, interpretata, in primo luogo, proprio dai partiti. Tra gli italiani si è diffusa la cosiddetta “stanchezza democratica”, anche perché il nostro Stato si dimostra sempre più inefficiente. Non a caso è cresciuta l’insoddisfazione verso i servizi pubblici e quindi verso il ruolo delle istituzioni. L’insofferenza riguarda anche il sistema fiscale, ormai senza limiti. Vizi nazionali di lunga durata, che circa 7 italiani su 10 considerano ulteriormente in crescita. Una recente indagine di Demos sottolinea un rischio concreto: l’assuefazione alla sfiducia negli altri, nel futuro. L’incertezza rischia di apparire perfino una condanna più inevitabile e contro la quale non c’è nulla da fare. Fino ad alcuni anni fa il sistema si reggeva sull’alternanza centrodestra/centrosinistra che permetteva di mantenere ai margini i partiti alternativi e di opposizione. Quindici anni di politiche europee hanno portato ad un’erosione delle sovranità nazionali e al simultaneo impoverimento delle economie reali, dunque all’esplosione dell’indebitamento e della disoccupazione, generando per la prima volta dal dopoguerra, spontanee proteste di massa che si traducono nell’astensionismo al voto o nella preferenza verso nuove formazioni. Continuando di questo passo i partiti potrebbero crollare definitivamente e scomparire dalla scena politica.

Alessandro Moscè