Luciano Robuffo: I miei 43 anni di servizio alle Cartiere Miliani Fabriano
Spazio ai ricordi con la storia di Luciano Robuffo, pensionato delle Cartiere Miliani Fabriano, che ha desiderato raccontare ai nostri lettori uno spaccato della quotidianità vissuta in questa azienda storica che purtroppo in questi giorni sta vivendo, con l’annuncio della chiusura della società Giano, una vertenza che mette a rischio 195 posti di lavoro più l’indotto.
Luciano a che età sei entrato a lavorare in cartiera e per quanti anni sei rimasto in servizio?
Sono entrato in cartiera il 18 luglio 1977 e sono rimasto in servizio fino al 1 giugno 2020, quindi ho trascorso ben 43 anni di vita lavorativa con le Cartiere Milani Fabriano, così desidero chiamare questo luogo di lavoro.
Cosa rappresentava per un giovane del territorio di Fabriano all’epoca trovare un posto fisso in cartiera?
Un bellissimo traguardo, soprattutto per chi come me si era diplomato perito cartaio, significava continuità con il corso di studi intrapreso. La cartiera rappresentava la sicurezza lavorativa per la sua storia secolare e per la serietà dell’ambiente di lavoro. A Fabriano all’epoca o si entrava in cartiera o in ferrovia o presso le aziende di elettrodomestici.
In quale reparto della cartiera hai lavorato e con quale mansione?
Ho lavorato in diversi reparti, iniziando in produzione presso lo stabilimento F3 a Vetralla, passando in contabilità ed amministrazione per poi ritornare in produzione, prima in reparto e poi in ufficio sempre allo stabilimento F3.
Come era l’ambiente lavorativo all’interno delle cartiere?
Era un bellissimo ambiente, c’era solidarietà tra gli operai, attaccamento all’azienda come se fosse stata la nostra azienda, che abbiamo difeso e protetto sempre in tanti anni. Non era semplice trovare un ambiente di lavoro così sano dove c’era rispetto per i lavoratori da parte delle maestranze e dei dirigenti. Ricordo con affetto dirigenti come Sandro Farroni, Carlo Bennati, Piero Chiorri, Guerrino Lasconi, l’ingegner Tomassini solo per citarne alcuni.
Quando pensi alla cartiera qual è il ricordo o l’episodio della tua vita lavorativa che ti viene subito in mente?
Ricordo con piacere la ricorrenza di Santa Maria Maddalena, patrona dei cartai, che era un appuntamento immancabile per la nostra categoria. Veniva sempre celebrata una Santa Messa nella Chiesa di San Giuseppe Lavoratore a cui seguiva una conviviale per tutti i dipendenti offerta dall’azienda. Era un’occasione per ritrovarsi tutti insieme tra dipendenti ed anche pensionati che partecipavano sempre con immensa gioia. Altra data presente nel nostro calendario era la festività della Befana, anticipata sempre al 26 dicembre, dove l’azienda Miliani distribuiva i doni per i figli dei dipendenti. Purtroppo questa usanza è svanita nel tempo con il subentro della nuova proprietà.
Per non dimenticare l’opportunità che le Cartiere Miliani mettevano a disposizione dei dipendenti con lo Spaccio Aziendale che permetteva acquisti di generi alimentari e non solo a prezzi popolari.
Come stai vivendo da ex dipendente la tragica situazione in cui versano i lavoratori della ditta Giano?
Con molto dolore perché mi tornano in mente le due situazioni difficili vissute da noi lavoratori quando nel 1978 l’INA (Istituto Nazionale Assicurazioni) voleva vendere l’azienda che fu salvata dall’intervento del Poligrafico dello Stato. Mentre nel 1999 lo stesso Poligrafico mise in cassa integrazione molti dipendenti, tra operai e impiegati, senza una certezza di reintegro. L’arrivo di Fedrigoni salvò in questo caso l’azienda. Sono vicino agli ex colleghi comprendendo il loro stato d’animo e la preoccupazione nel vedere a rischio il proprio posto di lavoro, soprattutto per chi ha figli a carico e magari impegni economici da affrontare, anche con mutui e finanziamenti accesi.
Conosci bene Fabriano, come potrebbe trasformarsi la città se dovesse perdere le Cartiere?
Le Cartiere rappresentano per l’immaginario collettivo un pezzo della nostra storia, fanno parte del DNA di molti nostri concittadini. Intere generazioni si sono alternate nel lavoro in cartiera, spesso tramandato di padre in figlio. Ipotizzare Fabriano senza la nostra cartiera è come snaturare la storia della nostra comunità cittadina e se dimentichiamo la storia diventa difficile progettare un futuro. E’ necessaria un’unione di intenti tra i vari attori che possono avere voce in capitolo, soprattutto a livello politico locale, regionale e nazionale. Confido nella capacità delle associazioni sindacali, voce dei lavoratori, che hanno il compito di non abbassare la guardia e di lottare fino alla fine per la difesa dei posti di lavoro. Rimango fiducioso, la speranza è l’ultima a morire.
Edoardo Patassi