Il biologico nelle Marche cresce di altri 7mila ettari, Coldiretti: “Difendere il settore con marchio italiano e filiere nazionali”
Quasi 7mila ettari di terreni biologici in più e le Marche si confermano regione tra le più sviluppate del settore con oltre il 28% di sau regionale coltivata con questo metodo. Siamo ben al di sopra della media italiana (quasi il 20%) secondo gli ultimi dati Sinab/Ismea che hanno ufficializzato la bontà dell’impegno di oltre 4mila operatori marchigiani sul fronte della coltivazione sostenibile in una delle regioni più green d’Italia. Tutte in crescita le principali colture: dagli oltre 23mila ettari di cereali (+7%) ai 7.300 vino (+6%), dai 5mila ettari degli ortaggi (+20%) ai più di 4mila degli oliveti (+14%). “La nostra regione è stata pioniera dell’agricoltura maggiormente sostenibile – spiega Maria Letizia Gardoni, , presidente di Coldiretti Marche e della Coldiretti Bio nazionale – e oggi grazie al biologico ha l’opportunità di distinguersi agli occhi di cittadini sempre più attenti alla sicurezza alimentare e alla sostenibilità ambientale. Non solo, è una grande opportunità economica anche nei mercati esteri dove i consumatori riconoscono l’Italia come patria della dieta mediterranea e dell’agroalimentare di qualità”. Una presenza più che raddoppiata negli ultimi 10 anni se guardiamo agli operatori. Nelle Marche l’11,6% delle aziende agricole è biologico. In Italia solo la Toscana, conil 13,3%, fa meglio. Un grande lavoro che si traduce in cibi più genuini da portare in tavola, la difesa degli ambienti naturali e della biodiversità ma occorre difendere tutto ciò dalla minaccia delle importazioni di prodotti biologici dall’estero, aumentate del 40% nel 2023. “Per tutelare il lavoro delle oltre 84mila imprese che hanno scelto il metodo di produzione bio è dunque urgente fare ogni possibile sforzo per valorizzare il prodotto agricolo biologico nazionale – sottolinea la presidente Gardoni -, favorendo la creazione di filiere interamente made in Italy, dal campo fino alla tavola e rendendo operativo il marchio del biologico italiano, previsto dalla legge 23/2022, fortemente sostenuta da Coldiretti. Solo in questo modo i consumatori potranno riconoscere immediatamente, dalle etichette, le produzioni biologiche nazionali garantite e certificate. Ma è anche necessario che l’Unione renda operativo al più presto il principio di conformità rispetto alle importazioni, ovvero stesse regole per il bio comunitario e quello dei Paesi terzi, poiché non è possibile accettare che entrino nel nostro Paese cibi coltivati secondo regole non consentite nella Ue. Fermare la concorrenza sleale delle importazioni a basso costo e valorizzare il vero prodotto tricolore sono le condizioni fondamentali per costruire filiere biologiche dal campo alla tavola”. (cs)