LA FESTA DELLA DONNA, PARLANO LE AVVOCATESSE FABRIANESI

L’attivista statunitense Elizabeth Cady Stanton, paladina dei primi movimenti femministi di fine ‘800, ci ha lasciato in dono una grande verità. “La protezione migliore che una donna possa avere è il coraggio”, una citazione ancora oggi attuale e che è stata lo spunto per dedicare questo 8 marzo non solo a tutte le donne che hanno avuto il coraggio di denunciare e uscire dal silenzio assordante della solitudine e della violenza ma anche alle “donne di legge” che hanno scelto la professione legale,  ponendole spesso in prima linea con le loro clienti nel combattere la violenza di genere, il disagio, l’emarginazione e le conseguenti ferite morali. Ne ho incontrate alcune per capire a che punto siamo concretamente nella lotta alla violenza di genere e per dar loro modo di donarci una riflessione sul significato dell’8 marzo, spesso considerata una semplice data sul calendario, più che un’occasione di confronto e dibattito sull’essenza dell’essere donna oggi. Al netto delle mimose, delle tavolate in pizzeria e delle banalità, un augurio sincero a tutte le donne che quotidianamente si trovano a un bivio, sole, smarrite e senza più una meta da raggiungere. Riconoscere di avere un problema, di subire un sopruso, di sapere che non si è poi così sole ma che esistono associazioni, volontari e professionisti che possono aiutare ad uscire dal tunnel della violenza è il primo passo da compiere per tornare ad amarsi per tutto ciò che di bello sappiamo di poter ancora donare, nonostante il male subito. Ringrazio le avvocatesse fabrianesi per la loro disponibilità ed umanità nel trattare un argomento così delicato.

“La mia professione mi ha insegnato che le donne vittime di violenza fisica, sessuale, psicologica e, a volte, anche economica, convivono con uno stato di mancata autostima e deprivazione economica portando con sé un bagaglio di solitudine ed isolamento sociale. Per questo motivo debbono essere sostenute, nel lungo e doloroso cammino di affrancamento dall’abusante, da professionisti specializzati in ambito legale e psicologico. Un ruolo fondamentale deve essere fornito dagli operatori del diritto in quanto onerati di una responsabilità non solo giuridica ma anche morale soprattutto nella fase iniziale del riconoscimento del comportamento proprio dall’abusante e della denuncia. Auguro a tutte le donne che soffrono e combattono di non mollare mai!” (Raffaela Busini)

“Ti ringrazio per aver dedicato alla giornata dell’8 marzo alcune riflessioni provenienti dalle c.d. “donne di legge” da te conosciute. Da Avvocata e da Presidente dell’Associazione Artemisia Fabriano, che gestisce lo Sportello Antiviolenza del territorio, mi soffermerò più che altro sulla violenza di genere, cioè su quella particolare tipologia di violenza agita da un uomo su una donna in ragione della sua appartenenza al genere femminile. Si tratta di quella violenza che affonda le radici nella atavica, diseguale ripartizione di potere tra uomo e donna. Ed è prima di tutto un fenomeno culturale. Dal primo “rapporto ombra” elaborato da 25 associazioni e da professioniste, coordinate da Di.Re.  (Donne in rete contro la violenza) per verificare l’applicazione o meno della Convenzione di Istanbul, è emerso un quadro decisamente sconfortante: l’Italia di fronte alla violenza contro le donne ha reagito esclusivamente sul versante normativo e sulla criminalizzazione delle condotte tutte misure a costo zero, omettendo invece le misure dirette ad applicare in maniera efficace le norme esistenti e, soprattutto quelle dirette al contrasto vero della violenza che non è dato solo dalla punizione, più o meno inasprita, che è necessaria ma non basta. Nel “rapporto ombra” le associazioni e le donne esperte impegnate in prima linea contro la violenza denunciano la carenza di finanziamenti, la mancanza di formazione e il contrasto non adeguato agli stereotipi sessisti. Risulta che la Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2013, nei fatti, non è stata applicata. Oggi il quadro è molto preoccupante perché da una parte si parla di “codice rosso” per i procedimenti di violenza, una specie di corsia preferenziale, misura a costo zero, dall’altro si stanno discutendo disegni di legge che fanno registrare un pericoloso arretramento culturale rispetto ai diritti e alle libertà delle donne. Noi donne dobbiamo acquisire la consapevolezza che i diritti si possono perdere, la storia questo ci insegna. (Cesira Carnevali)

“Parlare di giornata della donna oggi significa declinare l’attenzione dalle conquiste dei diritti alle violenze di cui sono quotidianamente vittime. C’è però una forma di violenza più subdola e meschina che colpisce le donne, sottaciuta perchè imbrigliata in retaggi culturali arcaici: la violenza economica. Consiste in una vera e propria prevaricazione, da parte del partner, nella gestione delle finanze domestiche, in modo da avere il controllo assoluto sulla vita della compagna. Una donna senza un’indipendenza economica è una donna più fragile, perché la dipendenza dal partner la espone al rischio di non reagire ad altre forme di violenza, fisica o verbale. La mancanza di risorse economiche, e spesso anche di un lavoro, inibisce la donna dal denunciare le violenze subite nell’ambiente familiare, rendendola vittima della sua stessa paura di non farcela da sola, anche economicamente. Esiste pertanto una stretta correlazione tra la violenza economica e le altre forme di violenza familiare, poiché si crea un circolo vizioso che favorisce gli abusi e al quale la donna maltrattata non riesce a ribellarsi. Le leggi di tutela esistono ma mostrano i loro limiti poiché il problema è di carattere culturale e sociale. L’augurio è che l’8 marzo si traduca in una occasione di riflessione e nella consapevolezza che valorizzare le donne e’ la chiave per dare al mondo un futuro”. (Daniela Ghergo)

 “Sicuramente denunciare. Le leggi ci sono. Purtroppo i tempi per ottenere un provvedimento di allontanamento dell’abusante dalla abitazione in cui si sono verificate le violenze sono ancora troppo lunghi. Servono strutture per accogliere le vittime di abusi dopo che hanno denunciato. Sconsigliato rientrare in casa dopo la denuncia. L’importante è non isolarsi. L’abusante cercherà di impedire che si creino, intorno alla vittima, relazioni sociali rassicuranti. Suo scopo è porre la vittima in uno stato di sudditanza. Si parla di violenza fisica, psicologica e di recente anche di violenza economica. E’ necessario che le donne reagiscano, prima che vengano sopraffatte da sensi di colpa o da scarsa autostima di se stesse e prima di essere messe in condizioni di passività. Il mio pensiero di buon auspicio, che tuttavia è un consiglio a tutti gli effetti, è: ROMPERE L’ISOLAMENTO appoggiandosi e confidandosi senza vergogna perché la persona sbagliata non è la vittima ma l’abusante”. (Donatella Giorgetti)

“Quello che mi indigna, ultimamente, sono le forme di violenza psicologica ed economica perpetrate all’interno della coppia. Sono forme subdole di maltrattamenti, in quanto invisibili e silenziose, che colpiscono moltissime donne, spesso inconsapevoli di esserne vittime. Il partner tende a svalutare la compagna in continuazione sia come donna che come madre. Silenzi, frasi a metà, toni irritati senza motivo, indifferenza, umore basso e musi lunghi: sono tutte tattiche non esplicite per allarmare la partner e farle credere di essere colpevole di qualche gesto negativo. Ed ancora, non sono da sottovalutare, i maltrattamenti da violenza economica come per esempio riconoscere un compenso periodico alla compagna ed esercitare un controllo nella sua gestione, pretendere rendiconti dettagliati delle spese, tenere la donna all’oscuro delle entrate della famiglia, fare acquisti necessari alla compagna o ai figli, decidendoli direttamente lui. Un uomo che esercita violenza non potrà mai rendere felice e amare la partner nel modo giusto. Dobbiamo fare rete e rendere consapevoli le donne. L’amore, quello vero e maturo, porta il rispetto e la fiducia reciproca. Questa riflessione mi viene suggerita anche dalla lettura del mito di Eros ed Anteros la cui metafora punta ad evidenziare che “solo con la presenza di Anteros, l’amore reciproco, Eros diventa adulto e serio, capace di badare a se stesso e a ciò che la sua magia ha creato. Chi non è in grado di sopportare le regole di Anteros, allora, si accontenti di danzare con Eros quando è da solo, ché l’amore – quello vero –  è roba per grandi, non per bambini “. (Sandra Girolametti)

Gigliola Marinelli