ACCIAIO SCARSA QUALITÀ PER BUONO ALL’AST IN CAMBIO DI MAZZETTE

Consegnavano all’acciaieria materiale di scarsa qualità, riuscendo a superare i controlli grazie alla complicità di alcuni dipendenti dello stabilimento, ottenuta con «mazzette» di almeno cinquemila euro mensili: è questo il presunto sistema ai danni dell’Ast di Terni (che avrebbe subito danni per diversi milioni) scoperto dalla guardia forestale nell’ambito dell’operazione Acciaio sporco che ha portato agli arresti domiciliari otto persone e alla denuncia a piede libero di altre nove tra Umbria, Lombardia e Marche. Secondo gli investigatori, ad orchestrare e promuovere il raggiro sarebbero state tre figure, tra cui – è stato detto in una conferenza stampa – il legale rappresentante, riconducibili alla holding Metal Group Inox di Bergamo, il principale fornitore di acciaio inox di qualità 304 dell’acciaieria, finite ai domiciliari insieme a quattro dipendenti Ast «infedeli» del parco rottami (addetti alla campionatura del materiale) e al legale rappresentante della Ecotras, ditta incaricata di trasportare l’acciaio a Terni da Fabriano, dove era depositato. Le accuse contenute nell’ordinanza firmata dal gip Maurizio Santoloci su richiesta del pm Elisabetta Massini vanno dall’associazione a delinquere finalizzata alla truffa alla frode in commercio e corruzione tra i privati. In base a quanto è stato riferito nell’incontro al quale hanno partecipato anche il procuratore di Terni Alberto Liguori e il comandante regionale della forestale Guido Conti, nel corso dell’indagine durata un anno e avviata a seguito di altre operazioni che hanno visto l’Ast come parte lesa, gli agenti del Nipaf hanno scoperto che attraverso la complicità del personale addetto al collaudo delle consegne dell’acciaio il fornitore riusciva ad aggirare i sistemi di controllo dell’azienda e a pilotare a proprio beneficio i camion destinati ad essere campionati da Ast tramite un sistema informatico casuale per la verifica di rispondenza del materiale. Questo deve infatti rispondere a requisiti stringenti, in particolare per quanto riguarda il contenuto di nichel e cromo. Ogni sette camion di materiale – ha verificato la forestale anche attraverso riprese video, intercettazioni ambientali e telefoniche, sistemi gps e acquisizioni documentali – solo due avrebbero rispettato le specifiche, mentre gli altri cinque venivano caricati con materiale considerato di pessima qualità, spesso con percentuali di nichel pari alla metà di quelle stabilite. In campionatura venivano infatti fatti arrivare sempre e solo i camion «buoni» – ribattezzati dai capi dell’associazione «A» o «fashion» – consentendo così agli altri di sfuggire ai controlli qualitativi, grazie alla selezione fatta dai dipendenti «infedeli»,che avrebbero ricevuto in cambio mazzette di circa 5-6 mila euro mensili. (ANSA).