ALBACINA COMMEMORA L’ASSALTO ALLA STAZIONE DEL 1944
Si commemorerà domani, sabato 7 febbraio, il 71° anniversario dell’assalto alla stazione di Albacina. L’appuntamento è per le ore 11 presso la Stazione di Albacina. E’ una delle più importanti azioni che la guerra partigiana ha compiuto in questo territorio. All’inizio del 1944 il movimento di Resistenza si stava organizzando, e la coraggiosa iniziativa intrapresa dai gruppi Lupo e Piero, finalizzata al sabotaggio del convoglio nazi-fascista fermo alla stazione della frazione fabrianese in cui persero la vita i giovani Ercole Ferranti e Attilio Roselli, diede il via alla lotta di Liberazione nella provincia di Ancona.
LA STORIA
L’assalto al treno di Albacina fu una delle azioni più importanti e riuscite della Resistenza nell’anconetano. Fu probabilmente decisa dopo che il treno si era fermato in stazione negli ultimi giorni di gennaio. “Esso trasportava 720 giovani della bassa padana destinati al fronte tedesco meridionale di Pescara, costituitosi in seguito allo sbarco alleato di Anzio del 22 gennaio” (Stimilli in Baldoni 2002, p. 88). La decisione di agire era scaturita da un incontro tra un esponente del Cln fabrianese e i comandanti Bartolo Chiorri del gruppo Lupo e Piero Boccacci del gruppo Piero. La sera del 1 febbraio una cinquantina di partigiani dei gruppi Lupo e Piero che operavano nell’alta valle dell’Esino, si diressero verso Albacina, in squadre di 4-5 uomini, presero posizione nella notte secondo un piano precedentemente studiato. Secondo alcune testimonianze, decisivo fu il contributo di due uomini del gruppo Piero, operai alle cave di Serra San Quirico, uno dei quali era noto con il nome di Peppe da Roma. Si avvicinarono alla coda del treno e lanciarono candelotti di esplosivo che lo colpirono in pieno. Dopo aver attaccato e sopraffatto la scorta aprirono il treno rimandando a casa tutte le reclute. Morirono nell’azione due partigiani: Attilio Rosselli, fulminato da un filo dell’alta tensione, ed Ercole Ferranti, raggiunto da colpi di mitraglia. Con questa azione i due gruppi entrarono in possesso di un’ingente quantità di armi, munizioni e viveri e cavalli, tra cui uno molto bello su cui montò il comandante Bartolo Chiorri. Sembra che i partigiani avessero chiamato il cavallo, che alcuni descrivono bianco e altri marrone scuro con una stella bianca al centro della testa, Hitler. (Giacomini 2008, pp. 99-1