LA DOMENICA DI SILVIO BERLUSCONI – di Luca Serafini
Immaginiamo che il presidente del Milan domenica abbia seguito a lungo i notiziari e la marcia della pace di Parigi, crediamo si sia adoperato per ricordare come il terrore abbia inginocchiato anche il Pakistan e la Nigeria in questi ultimi tempi, speriamo si sia adoperato per contribuire alle strategie future del mondo civile per difendersi dai criminali di tutte le razze, ci auguriamo abbia speso molto tempo al telefono. Da cittadini d’Europa con il cuore un po’ gonfio e l’anima scombussolata, noi per passione e per mestiere abbiamo seguito anche molto calcio. A mezzogiorno e mezza l’Inter, poi il derby di Roma alle 15 e non in notturna per motivi di ordine pubblico (motivazione che stride con gli accorati inni di pace di questi giorni), poi alle 17 Manchester United-Southampton, poi alle 20.45 Napoli-Juventus (vietata ai tifosi della Juve per motivi di ordine pubblico, motivazione che stride sempre di più con gli accorati inni di pace di questi giorni), poi dalle 21 saltabeccando dal San Paolo al Camp Noi per Barcellona-Atletico Madrid.
Ora a parte i segnali di vita dei nerazzurri, pervasi da un’euforia esagerata non tanto e non solo per gli acquisti recenti, ma per la quadratura che Mancini cerca ostinatamente e che potrebbe trovare rapidamente, Berlusconi avrebbe visto un altro sport rispetto a quello praticato dalla sua squadra. Avrebbe visto altri giocatori, altri lottatori rispetto alle sue molli controfigure. Forse tra un “hip hip hurrà” e l’altro gli sarebbe venuto il dubbio che le rose degli altri sono più colorate e fiorite rispetto alle sue stelle di Natale rinsecchite. Se gli è rimasta un filo di capacità di giudizio, si sarà detto che dati i tempi in cui non compra più un giocatore nemmeno con le cambiali, perlomeno è arrivato il momento di finirla con i proclami starnazzati nelle gite a ridosso del weekend che sta propinando a una squadra sbigottita – in tutti i sensi –, ai suoi tifosi esasperati, ai media attoniti.
Lo spettacolo offerto dai rossoneri a Torino rappresenta, per atteggiamento e disposizione, uno dei picchi più bassi in assoluto della sua presidenza: 87’ in trincea presi a pallettate dal peggior attacco del campionato (e si è capito il perché: a parte un paio di miracoli di Diego Lopez, i granata si sono rimangiati il cenone di Capodanno), una disorganizzazione tattica e mentale disarmante. Il 2015 si è aperto con un punto (1) tra Sassuolo e Torino, con il 12° punto nelle ultime 11 partite, lo scivolone all’8° posto con la Lazio che allunga, la Fiorentina che scavalca, l’Inter che incalza, Cerci che siede in panchina e Niang che gioca, Muntari (pensate un po’, Muntari) che si arrabbia per la sostituzione con uno sfogo rabbioso più violento del nostro quando abbiamo appreso che sarebbe stato titolare. Ancora una volta.
Il problema del Milan continua a non essere tanto il piazzamento finale a maggio, se poi da settembre dovesse ricominciare questo strazio, quanto le strategie e le prospettive completamente, tristemente assenti. Un vuoto accompagnato dai cori grotteschi del presidente che canta felice a Milanello nelle sue visite pastorali.
Luca Serafini