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GRUPPO ARTEMISIA IN TRASFERTA A ROMA. DUE MOSTRE INTERESSANTI NELLA CAPITALE

Sette donne del gruppo Artemisia sabato 21 hanno fatto un tuffo nella capitale dove hanno visitato due interessantissime mostre, una dedicata alla pittrice messicana Frida Kahlo (visitabile fino al 31 agosto) ed una dedicata a Pasolini (visitabile fino al 20 luglio) e in particolare al suo rapporto con Roma. Entrambe collocate in due splendide strutture: le scuderie del Quirinale e il palazzo delle Esposizioni in via Nazionale. Frida Kahlo, vissuta tra il 1907 e il 1954, anticipatrice del movimento femminista, segnata a fuoco da sofferenze fisiche e psichiche, conseguenza di un terribile incidente avuto all’età di 17 anni, in seguito al quale ebbe fratture multiple al bacino e alle gambe e lesioni degli organi genitali esterni. La  sua pittura, oltre ad essere l’espressione di vicende biografiche, è influenzata dalle avanguardie artistiche del XX secolo e dallo spirito di innovazione culturale proprio del suo tempo e che anche il suo paese vive attraverso  la rivoluzione. Partecipa, con un attivo impegno politico, agli eventi del suo tempo, ospitando tra l’altro Trotzsky, rifugiatosi in Messico per sfuggire a Stalin che lo aveva estromesso dal partito e che di lì a poco lo farà uccidere da sicari. Vive un amore profondo e contrastato con il marito, il pittore Diego Rivera. Fu artista di successo ancora in vita e stimata insegnante di Accademia. Al di là del percorso artistico e del valore della sua opera, quello che colpisce di lei è la forza della vita, il desiderio di profondità delle emozioni e di armonia con l’universo di questa donna, sempre fuori dagli schemi, che non temeva di fare i conti con la sua fragilità, morta troppo giovane, all’età di 47 anni e che in uno degli ultimi dipinti, salvato da un domestico che lo aveva trovato tra la spazzatura, si rappresenta come un girasole appassito che china la testa al tramonto del sole. La sua capacità di amare bruciata ed offesa dalla malattia.  Il protagonista dell’altra mostra è Pier Paolo Pasolini (1922-1975), forse l’ultimo intellettuale degno di questo nome che l’Italia ha espresso, senza che l’Italia bigotta bacchettona e tendenzialmente conservatrice degli anni 50-70 capisse, tuttavia, la grandezza profetica del suo messaggio. Pensiero scomodo il suo perché, come sostenne Moravia al suo funerale, Pasolini era sincero e disinteressato, libero nel pensiero e indipendente nei giudizi. Diverso da tutti ma senza lo snobismo che caratterizza spesso chi fa della propria diversità semplicemente una maschera. Coraggioso nel dire sempre e comunque la verità senza cercare il facile consenso. Lungimirante nel capire il pericolo dell’omologazione e della mutazione antropologica della società italiana. “Se voi volete essere una nuova generazione di giovani infinitamente più matura dovete anche abituarvi all’atrocità del dubbio anche a questa sottigliezza sgradevole del dubbio, dovete cominciare ad abituarvi a dibattere i problemi veramente, non formalmente. Si applaudono sempre dei luoghi comuni: bisogna ragionare, non applaudire o disapprovare” (agli studenti del 1968, dopo gli scontri di Valle Giulia). “Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari. Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero”(Corriere della sera, 14 novembre 1974). “Ho visto dunque “coi miei sensi” il comportamento coatto del potere dei consumi ricreare e deformare la coscienza del popolo italiano, fino a una irreversibile degradazione (….) Oggi in realtà in Italia c’è un drammatico vuoto di potere. Ma questo è il punto: non un vuoto di potere legislativo o esecutivo, non un vuoto di potere dirigenziale, né, infine, un vuoto di potere politico in un qualsiasi senso tradizionale. Ma un vuoto di potere in sé. (….) È probabile che in effetti il “vuoto” di cui parlo stia già riempiendosi, attraverso una crisi e un riassestamento che non può non sconvolgere l’intera nazione”. (febbraio 1975) All’alba del 2 novembre 1975 Pasolini muore, massacrato sul lido di Ostia, vittima di un agguato premeditato, i cui mandanti sono ancora sconosciuti, a causa dei vergognosi depistaggi nelle indagini e la voluta superficialità degli atti istruttori. Abbiamo bisogno, oggi più che mai, di conoscere ed amare persone come Frida e Pier Paolo.

Pina, Mara, Cesira, Luciana, Amina, Lorella, Simonetta