INTER E MILAN, RABBIA MA NESSUNA SORPRESA – di Luca Serafini

Sulle montagne russe di un campionato modesto e livellato, contraddistinto da uno spettacolo mediocre e risultati a singhiozzo, a sprazzi Inter e Milan illudono di poter restare aggrappati ai piani alti e magari per un po’ sarà miracolosamente, inspiegabilmente così. In fondo il Napoli è appena decollato, la Fiorentina è sparita, la Lazio non pare una macchina da guerra anche se solida e con buona qualità. Casomai le genovesi, sorprese costanti e continue di questa prima decade: solide nella tempra, feroci nello spirito. Doti che nel Milan di Inzaghi sono evaporate nel breve spazio d’inizio autunno e nell’Inter di Mazzarri sono più presenti sugli spalti che in campo. I rossoneri hanno collezionato 2 punti su 9 con le neopromosse, i nerazzurri hanno sfangato 2 partite su rigore poi sono crollati contro l’ultima in classifica. Segnali. Segnali inequivocabili di una fragilità di fondo cui molto difficilmente si riuscirà a porre rimedio sulla media-lunga distanza. L’Inter che è una accozzaglia di stranieri – ma siamo sicuri che siano così meglio di moltissimi altri italiani nei loro ruoli? – paga le traversie di una dirigenza per 20 anni spendacciona senza una linea guida nella programmazione, ora passata di mano a un figurante comparso dall’altra parte del mondo. Il Milan inesorabilmente mostra il suo vero, inadeguato volto tecnico dopo che la società si è dimessa da “grande” dal 2012 aprendo i cancelli ai più forti e la porta di servizio a inadeguati prestiti e parametri zero come in una questua parrocchiale. Cosa aspettarsi di meglio e di diverso?

Un’altra chiave di lettura di questo scempio sta nella scelta degli allenatori: Mazzarri è manifestamente a disagio in una piazza esigente e intollerante, in cui la pressione della stampa, dei tifosi e dello stesso club sono asfissianti. Mazzarri non è adatto a Milano e all’Inter, quanto prima se ne accorgeranno l’indonesiano o chi per lui, tanto meglio sarà per tutti e tanto meno tempo verrà perduto. Allegri è stato esonerato una mezza dozzina di volte per poi ricordare l’obbligo della sua conferma causa un contratto oneroso. Toccato il picco minimo, è subentrato Seedorf al quale Berlusconi in persona si era da tempo privatamente affidato. L’olandese però si è messo di traverso nei confronti di Adriano Galliani e di una parte dello spogliatoio che avrebbe volentieri impacchettato e spedito lontano da Milanello. Il visitatore di Milanello ha ceduto presto alle delazioni dei suoi attendenti in guerra intestina con Barbara e ha dato vita alla ennesima farsa dell’ultimo biennio, ripiegando su Inzaghi, il quale ha i vantaggi della milizia rossonera e dell’ingaggio proporzionato. Ma a Pippo non è stato dato il minimo aiuto dal mercato, non sono stati dati mezzi per emergere dall’oblio e ora appare anche lui un po’ confuso. La squadra ha smarrito presto le linee guida attorcigliandosi alla sua pochezza.

Ad oggi i rossoneri, in attesa di Montolivo, di una possibile crescita di El Shaarawy e (forse) Torres, hanno qualche margine di miglioramento. Quello che preoccupa però sono le prospettive totalmente assenti nei piani e nelle strategie. Tra poco andrà in scena il derby calcisticamente più triste degli ultimi 30 anni. Non tanto per l’annata tormentata e prevedibile che le milanesi stanno attraversano, quanto per il loro futuro. In mano a dirigenti demotivati, stanchi, improvvisati e in qualche caso visionari.

Luca Serafini