“PROLIFERAZIONE DEI CINGHIALI: LA CACCIA E’ LA CAUSA NON LA SOLUZIONE”

di Danilo Baldini, Delegato LAC per le Marche

Abbiamo letto che il vice-Sindaco ed assessore all’agricoltura del Comune di
Matelica, Denis Cingolani, ha scritto al suo omologo alla Regione, Mirco Carloni, per richiedere
maggiori interventi e battute di caccia ai cinghiali nel territorio matelicese, a causa dei danni che
questi animali producono ai vigneti ed ai girasoli. Cingolani dovrebbe essere però a conoscenza che
nelle Marche dal 2018 è già in vigore un apposito “Piano di Controllo del Cinghiale”, che ha una
durata quinquennale, quindi fino al 2023. Questo Piano prevede che la specie cinghiale possa essere
cacciata praticamente tutto l’anno ed ovunque, anche nelle aree protette come parchi e riserve
naturali delle Marche, dove peraltro sono decenni che si svolgono braccate e caccia di selezione al
cinghiale, in barba alle leggi di tutela degli animali. Nel Piano è previsto anche che gli agricoltori
possano richiedere direttamente l’intervento sui propri terreni di singoli e/o squadre di cacciatori,
qualora i cinghiali mettano a rischio le loro colture in atto, oppure utilizzare nei loro fondi
gabbie/trappola per catturare i cinghiali, come pure, se dotati di licenza di caccia, possono in
qualsiasi momento sparare ai cinghiali se questi si trovano dentro le loro proprietà. Ma l’attuale
assessore regionale all’agricoltura ed alla caccia Mirco Carloni, anch’egli cacciatore, si è prodigato
ancora di più per agevolare la caccia ai cinghiali. Nel 2021 infatti, in piena pandemia e lockdown,
quando nessun cittadino poteva uscire di casa, ha introdotto uno specifico “Protocollo” per
permettere ai soli cacciatori di spostarsi da un comune ad un altro e perfino da una Regione ad
un’altra, per effettuare le battute al cinghiale, con la motivazione che gli animali selvatici, a causa
della pandemia e della scarsa presenza di esseri umani in giro, si erano avvicinati ai centri abitati,
riappropriandosi di spazi ormai abbandonati da secoli. Recentemente, con la scusa della Peste Suina
Africana, che però nelle Marche non è, per fortuna, ancora arrivata, sempre l’assessore Carloni ha
varato il PRIU 2022/2026, Piano Regionale di Interventi Urgenti per la gestione, il controllo e
l’eradicazione della Peste Suina Africana (PSA) nei suini da allevamento e nella specie cinghiale (Sus
scrofa). Questo PRIU prevede, fra le altre cose, che si possano fare le braccate al cinghiale anche in
primavera ed estate e perfino nelle aree demaniali e protette, mettendo a rischio così anche il
turismo escursionistico ed ambientale delle Marche. E potremmo continuare… La risultante di tutti
questi Piani, Controlli, Interventi ecc… nei confronti di questi famigerati cinghiali è che, malgrado
questa specie sia stata introdotta negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso dall’Est Europa proprio dai
cacciatori, per i loro scopi venatori e quindi sia sempre stata accanitamente cacciata, la sua
popolazione nel corso degli anni è andata sempre aumentando in modo esponenziale, come pure la
sua diffusione sul territorio nazionale. E’ del tutto evidente, quindi, come la caccia non possa essere
la “soluzione” per limitare la popolazione dei cinghiali! Anzi, recenti studi scientifici effettuati dal
prof. Andrea Mazzatenta dell’Università di Teramo, ma anche da altri esperti di livello europeo,
hanno dimostrato che è proprio la caccia accanita al cinghiale ad aver causato la loro esplosione
demografica e la loro diffusione sul territorio. Questo dipende dal fatto che i branchi dei cinghiali
sono composti prevalentemente da femmine e dai loro figli e sono dominati dalla femmina più
anziana, chiamata “matriarca”, la quale è l’unica ad andare in estro e ad accoppiarsi con i maschi,
chiamati “solenghi”, appunto perché conducono una vita prevalentemente solitaria. Finché persiste
questo “status”, le altre femmine più giovani non vanno in calore e quindi non si accoppiano e la
popolazione dei cinghiali resta stabile. Quando però si effettuano le braccate, che sono la forma di
caccia meno selettiva, i cacciatori uccidono le “matriarche” e la conseguenza è che il branco si
disgrega e tutte le altre femmine giovani, che sopravvivono ai pallettoni dei cacciatori, vanno
immediatamente in calore, accoppiandosi con i maschi e diventano a loro volta delle “matriarche”,
formando nuovi branchi di cinghiali. Questo è il “meccanismo” scoperto dal Prof. Mazzatenta e che,
come dimostrato dai numeri, è scatenato direttamente dalla caccia! Quindi richiedere ancora più
battute di caccia al cinghiale, come ha fatto l’assessore e vice-Sindaco Cingolani, non farà altro che
aumentare il numero dei cinghiali sul territorio e quindi i loro danni. Ciò che dovrebbe richiedere
invece Cingolani alla Regione sono maggiori fondi ed investimenti in favore degli agricoltori per
recinzioni elettriche adeguate, per dispositivi ottici, acustici ed olfattivi in grado di tenere lontani i
cinghiali ed altri animali selvatici dalle colture agricole, ma anche dalle strade. A contenere poi la
popolazione dei cinghiali ci penseranno i lupi, che sono il loro predatore naturale e nella loro dieta il
cinghiale è difatti al primo posto! Per i danni subìti dagli agricoltori è quindi ingiusto che a pagare
siano tutti i cittadini; i risarcimenti dovrebbero essere invece richiesti agli A.T.C. ed ai cacciatori, che
sono la “causa”, ed hanno generato il “problema” e che peraltro dalla caccia al cinghiale ci
guadagnano pure, grazie alla vendita della loro carne ai ristoranti di cacciagione ed alle macellerie…

(immagine di repertorio)