MONDAZZOLI, L’EDITORIA E LA SCIOCCHEZZA DEL PENSIERO UNICO – di Alessandro Moscè

Una rivoluzione già compiuta: Mon­daz­zoli è il nomi­gnolo affibiato al nuovo meta-gruppo, come è stato per Rai­set. Anche nell’editoria libra­ria si è determinata una con­cen­tra­zione abnorme (quasi il 40% del set­tore), pericolosa in sé e altret­tanto rischiosa, secondo qualche esperto. Non stiamo par­lando di un gene­rico ambito mer­ceo­lo­gico, ma di editoria. Rcs Media Group ha ceduto Rcs Libri alla Mondadori per 127,5 milioni di euro. Sono previsti aggiustamenti del prezzo per più o meno di cinque milioni ed è esclusa dalla vendita la prestigiosa casa editrice Adelphi. Ma cosa succede, con questa fusione? Quali i valori in campo? Mondazzoli, ovvero Mondadori e Rizzoli/RCS Libri: le nozze, intese naturalmente come unione societaria tra due dei più grandi operatori editoriali, possono portare ad un’omologazione del pensiero? No, non ci crediamo. Non è successo quando Einaudi è stata incorporata da Mondadori. Perché proprio adesso dovrebbe scatenarsi una tendenza accentratrice tra gli operatori dell’editoria? Il commercio non ha nulla a che vedere con le idee, con le proposte. Sono gli scrittori che fanno le differenze, non i gruppi che si occupano di gestire il patrimonio culturale nel risvolto che quantifica le operazioni sul capitale. Lo scrittore e l’imprenditore sono due cose ben distinte nel mondo della finanza creativa. Non reputiamo che lo scrittore possa perdere la sua fisionomia, la sua libertà. Mondazzoli avrà solo un enorme potere contrattuale con gli autori in un momento in cui tutta l’editoria italiana è in crisi. Nel nostro Paese c’è un deficit culturale spaventoso. La battaglia dello scrittore è incentrata su questa linea di demarcazione: da un parte i ciechi, dall’altra i pochi che leggono. In mezzo Mondazzoli, che però non fa paura. Sono le istituzioni culturali, le scuole, le università i veri malati del sistema. Il nostro è un Paese che, nonostante i recenti proclami del Ministro alla Cultura Dario Franceschini, si accorge che la cultura e i libri contano come i soprammobili. Le riforme potranno salvare gli scrittori, se ci sarà la volontà di farle. Fate entrare i poeti e i narratori nelle scuole e nelle università, nelle biblioteche. Garantite delle convenzioni perché i loro libri arrivino a destinazione, vengano letti e promossi. Non lasciate che la società degli internauti spazzi via tutto il resto. Tra comunicazione e conoscenza c’è di mezzo il mare…

Alessandro Moscè