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IL RIGORE MARMOREO DEL PRESIDENTE – di Alessandro Moscè

Viveva nella foresteria della Consulta, Sergio Mattarella. Finora era solito alzarsi all’alba per leggere le carte della Corte Costituzionale con la sua ineccepibile meticolosità. Le sue stanze apparivano disadorne a tutti coloro che andavano a trovarlo. Dicono che a volte si cucinasse usando un fornellino personale. Insomma, uno stile che assomigliava a quello di Papa Bergoglio Cardinale di Buenos Aires. Niente sfarzi, niente eccessi. Il nuovo Presidente della Repubblica è un uomo misurato, paziente, dal rigore marmoreo, inespressivo (celebre la frase di De Mita: “Forlani rispetto a Mattarella è un movimentista”). Forse un po’ fuori moda rispetto ai tempi, ma con un profilo di tutto rispetto. L’uomo giusto per Matteo Renzi e anche per molti altri “squali” della politica nostrana. L’uomo della Terza Repubblica proviene dalla Prima Repubblica di valore, “senza macchia né paura”. Il capo dello Stato è cresciuto in una famiglia che masticava politica: il padre Bernardo fu fra i protagonisti della nascita della Dc e della Costituente. Ricoprì ruoli di peso fino al secondo governo Moro nel 1966. Giudice costituzionale dal 2011, Sergio Mattarella vanta una carriera lunghissima iniziata da ragazzo con la Gioventù studentesca di Azione Cattolica e poi nella Fuci, proseguita negli anni Ottanta con la “primavera palermitana” di Leoluca Orlando fino alle cariche istituzionali (tre volte Ministro, una volta vicepresidente del Consiglio) puntellate dalla firma sulla legge elettorale, battezzata Mattarellum da Giovanni Sartori. Mattarella è atteso da un compito einaudiano, più che pertiniano. Cioè dimostrarsi poco interventista e invadente, perché c’è già Renzi che ha un ritmo elevato. Il Presidente della Repubblica sarà un garante defilato, immaginiamo, ma attento osservatore. Resta da verificare come lo accoglieranno gli italiani. Ma questo dipende da lui, dal suo sapersi sciogliere, dal suo farsi meno ingessato e più loquace. Berlusconi lo inghiotte, altri lo benedicono, il premier, ancora una volta, ha dimostrato di poter dettare la linea a dispetto di tutti i santi. Se l’economia si riprenderà diremo che anche il Presidente della Repubblica ha fatto la sua parte egregiamente, altrimenti lo eleggeremo a capro espiatorio, esattamente come Renzi, che però rischia di più. Il semplicismo non ci fa difetto, insomma, in attesa del tempo delle riforme che non può più aspettare. Il Colle guarda dall’alto, oltre ogni cinismo delle truppe del Transatlantico.

Alessandro Moscè