TRA LE VIE DI URBINO, LA CITTÀ-PALAZZO DEL RINASCIMENTO

Stasera, tra i siti visitati e raccontati da Alberto Angela nell’Italia delle Meraviglie, il programma di prima serata di Rai1, spicca Urbino, la raffinata Urbino, fulcro della corte dei Montefeltro e dei Della Rovere. Tra i tanti siti storici e architettonici visitati nella bella Italia, mi ha sempre colpito per la sua imponenza, bellezza e armonia il Palazzo Ducale di Urbino, vero simbolo del Rinascimento e vanto del Montefeltro. Siamo nel ‘400, quando, il Duca, Federico da Montefeltro riuscì a sconfiggere il suo più agguerrito rivale e nemico, lo spregiudicato e senza scrupoli Sigismondo Malatesta signore di Rimini. Dopo la vittoria, decise, anche a fronte di nuove ricchezze sopraggiunte, di far erigere il palazzo Ducale, principesco, con l’ambizione che doveva diventare il palazzo più bello d’Italia. Il progetto definitivo fu quello di Luciano Laurana, che riprese quel mix di stili neo-romano e gotico medievale da lui stesso disegnato per il re Ferdinando d’Aragona al Maschio Angioino di Napoli. La torre di sinistra del palazzo collegava i tre piani di vita privata del principe, con una suggestiva rampa elicoidale. Il cuore del Palazzo verso il 1470 diventa lo Studiolo del Duca, qui vi è il riassunto della vita di Federico, i libri dei grandi classici, Virgilio, Seneca, Cicerone poi il liuto, il tavolo da scrivere e per la lettura e infine le armature. La curiosità e l’originalità è che compare la prima natura morta della storia, un cestino di frutta con il melograno simbolo dell’abbondanza, anticipando di oltre un secolo il grande Caravaggio del suo canestro di frutta esposto all’Ambrosiana di Milano.

Vicino al cesto uno scoiattolo, che simboleggia la prudenza, davanti a questi elementi il paesaggio infinito delle terre del Montefeltro. Al di sopra dello Studiolo, nella parte superiore, i ritratti di ventotto Uomini illustri del presente e passato, tra cui Petrarca, Dante, Platone, Sant’Agostino, Sant’Ambrogio ed Euclide con il compasso. Di questi ritratti originali ne sono rimasti quattordici, gli altri vennero portati via a Louvre da Napoleone nella sua folle razzia di opere d’arte. Qui siamo in un’epoca, si rinascimentale, ma in pieno Umanesimo, l’uomo sogna la Città Ideale, tra l’altro rappresentata nel celebre dipinto probabilmente del Laurana nella collezione della Galleria Nazionale delle Marche a Palazzo Ducale: opera che vive una rarefatta atmosfera nel silenzio di palazzi e di chiese, nell’assenza di esseri viventi forse nel simbolo dell’agostiniana Città di Dio, eseguita per il Duca Federico, forse uno studio di scenografia. L’uomo vuole regolamentare la natura alle regole della geometria, dell’armonia, del pensiero, del bello assoluto e sublime, l’Umanesimo che vive nella corte urbinate.

Francesco Fantini