Gian Pietro Simonetti: “Le persone hanno bisogno di tornare a un pensiero lungo”
Affascinato dal “brutale realismo delle cose”, osservatore critico e attento delle dinamiche politiche della conca cittadina, Gian Pietro Simonetti ci regala questa settimana qualche spunto di riflessione sulla Città, su chi la governa oggi, non tralasciando una seria considerazione sui risultati delle elezioni europee appena concluse.
Gian Pietro vieni da una conferenza di grande successo dedicata a Enrico Berlinguer. Cosa significa riempire una sala su un tema lontano dall’attualità?
Il senso mi pare abbastanza intuitivo. Le persone hanno bisogno di respirare e di tornare a un pensiero lungo. Come diceva Pierpaolo Pasolini, l’unica cosa che può contestare globalmente il presente è il passato. Per questo la storia conosce a tutti i livelli un successo inatteso e insperato. Non è solo curiosità ma anche critica della realtà in cui viviamo.
Un commento sui risultati delle elezioni europee, tra astensionismo e prime reazioni di alcuni governi europei, che scenario possibile si prospetterà?
L’astensionismo non è peccato che si può ascrivere agli elettori. Anzi, seguendo la lezione di Marco Pannella mi viene da dire che l’astensione è una delle forme in cui si esprime il diritto al voto. Quando l’offerta politica è di basso livello l’astensione é legittima difesa. Per quel che riguarda il voto la marea nera che ha invaso i tre paesi fondatori dell’Europa Unita – Italia, Francia e Germania – è un fenomeno preoccupante. L’Europa ha molti difetti che la rendono spesso indigesta. Ma la sua fondazione e il suo sviluppo hanno consentito prosperità e pace. Che vincano i nostalgici del fascismo, artefice della distruzione europea, del genocidio degli ebrei e della seconda guerra mondiale vuol dire che l’edificio comune è a rischio come non mai. Sono d’accordo con Macron: serve l’unità dei democratici contro gli estremisti nero-rossi.
Riguardo le amministrative, che hanno convolto diversi comuni del comprensorio montano, un tuo giudizio sui sindaci riconfermati e sulle new entry?
Mi hanno colpito le percentuali bulgare con cui sono stati rieletti Greci a Sassoferrato, Filipponi a Genga e Cingolani a Matelica che di fatto ha esercitato il ruolo di Sindaco per buona parte del mandato precedente. Parliamo di consensi che oscillano tra il 68% e l’85% dei voti. Ci sono due possibilità: o hanno governato in stile splendido splendente rompendo ogni barriera di critica e di appartenenza o si sono confrontati con avversari che avevano puntato su candidati di bandiera. Propendo per la seconda ipotesi, fermo restando che chi vince vuol dire che è stato comunque capace di mettere in campo buone ragioni.
Sei sempre molto attento alle dinamiche politiche cittadine, una tua valutazione sui primi due anni di mandato amministrativo di Daniela Ghergo?
Daniela Ghergo è al primo mandato che presuppone una prolungata fase di apprendimento. Il suo problema è che è stata incoronata Sindaco al primo turno. Una cosa mai successa prima. Questo tipo di vittorie generano aspettative alte e un’attesa impaziente che costringono a fare e imparare nello stesso tempo. Credo che questo combinato disposto abbia creato qualche difficoltà non ancora risolta alla Ghergo. L’amministrazione alcune cose le ha fatte. Altre le sta facendo ma sfugge il disegno complessivo che non è poca cosa per una maggioranza che aveva incentrato il suo progetto su una ripartenza visibile e condivisa.
Su argomenti sensibili per la città assistiamo ad una “carica” degli ex sindaci fabrianesi che non lesinano critiche alla Giunta Ghergo, in alcuni casi definita “Giunta dei Miracoli”. Di contro un silenzio da parte dell’Amministrazione Comunale che non manifesta reazioni a questi attacchi. Come dobbiamo leggere questo nuovo corso “social” nella politica cittadina?
Che un ex Sindaco esprima opinioni politiche mi pare naturale. Che tali opinioni abbiano un seguito dipende da quanto riesce a essere convincente chi parla e, di riflesso, da quanto chi governa la città fatica a trattenere il grande consenso che ha ottenuto due anni fa. Anche perché questa Giunta ha fatto una scelta radicale: rinunciare a qualsiasi tipo di comunicazione. All’inizio era una sensazione di piacevole tregua rispetto all’iper esposizione del precedente Sindaco. Giunti a questo punto del mandato il silenzio dà la sensazione di una lontananza un po’ borghese rispetto ai cittadini che incarnano la sovranità popolare. Immaginare poi una politica fuori dai social significa rinunciare a conoscere e frequentare i principali spazi in cui oggi si forma l’opinione pubblica. Chi disdegna i social e fa politica dovrebbe cambiare mestiere.
Che città ha “ereditato” Daniela Ghergo dalle amministrazioni precedenti e su quali aspetti consiglieresti all’Amministrazione di focalizzare le proprie energie e risorse?
Se ripenso alla precedente amministrazione non riesco a ricordare altro che il villaggio di Babbo Natale e la pista di ghiaccio. Di certo considero un cattivo costume giustificare il proprio operato sulla base dell’eredità che lasciano i predecessori. Quando ci si candida ci si fa immediatamente carico del passato perché gli enti pubblici vivono sul principio di continuità. A maggior ragione una volta eletti perché si diventa interpreti principali di quella continuità. Ciò detto evito di dare consigli a Daniela Ghergo perché voglio continuare a dare cattivo esempio. Però si possono fare un sacco di operazioni a costo zero o a basso costo. Di quelle che possono abbellire la città perché una città brutta crea una collettività brutta e negativa.
Hai modo di guardare il Consiglio Comunale e, soprattutto, di valutare questa opposizione che comunque ha in seno anche un ex sindaco ed un assessore regionale?
Con tutto il rispetto per l’istituzione ma seguire il Consiglio Comunale è l’ultimo dei mei pensieri. Però leggo quel che viene pubblicato sui diversi canali informativi e sinceramente l’opposizione cittadina, da quel che vedo, non è che si faccia proprio notare per il suo artiglio affilato! Sorci conosce i mille rivoli della macchina amministrativa, conosce la politica ma funziona quando è circondato da gente che ne sa capire il linguaggio. È uno della Prima Repubblica e trova oggettive difficoltà a confrontarsi col mondo dei selfie e delle faccine. Sull’assessore regionale non saprei cosa dire. Appartiene a una stagione della politica che fatico a decifrare.
Fabriano Città Creativa Unesco, secondo te questo prestigioso riconoscimento è più croce o delizia per la nostra città?
Non riesco a vedere né la croce né la delizia. Forse poteva essere un’occasione ma nel corso degli anni ha esaurito la sua spinta iniziale e gli entusiasmi che aveva alimentato in alcuni segmenti di società fabrianese. Oggi sembra quasi un elemento di contrappasso parlare di creatività in una città che ha smesso di creare. Non penso però che possa essere un driver di sviluppo e di ripresa per la città.
I cittadini sono ormai disaffezionati alla politica, vedi numero imbarazzante dell’astensionismo al voto. Siamo entrambi nati nel ’68, avevamo forti ideali e siamo cresciuti con importanti figure politiche di riferimento in cui la dialettica era di livello altissimo. Un giovane che oggi vuole avvicinarsi alla politica ha gli stessi strumenti in mano, social a parte?
La Repubblica dei Partiti è morta nel 1992. Da allora prevale una dimensione totalmente fluida dell’impegno politico che spesso si riduce alle campagne elettorali e al fatto elettorale. Senza partiti di massa, senza visione del bene comune, senza selezione della classe dirigente, senza cursus honorum la politica è sostanzialmente incarico, remunerazione e carriera. Non più arte liberale del possibile ma attività prosaica di guadagno. Di certo è un campo di attività che non consiglierei ai miei figli.
Domanda secca, in chiusura, come vedi la nostra Fabriano da qui a dieci anni?
Mi sono imposto di non guardare troppo lontano. Dieci anni sono un tempo lunghissimo e credo che questo tipo di domande se le debbano fare innanzitutto i giovani che hanno il futuro davanti e il sacro fuoco della speranza da alimentare. Nel frattempo continuerò a osservare, a scrivere e a raccontare perché il brutale realismo delle cose esercita sempre su di me un fascino enorme.
Gigliola Marinelli