Gabriele Santarelli: L’Intervista di fine mandato con il direttore Gigliola Marinelli
A pochi giorni dalla fine del mandato, abbiamo contattato il sindaco Gabriele Santarelli per una riflessione sui cinque anni di amministrazione pentastellata che terminerà il 12 giugno con la nuova tornata elettorale, salvo eventuale ballottaggio.
Sindaco, siamo in dirittura d’arrivo per la fine del tuo mandato. Un tuo bilancio personale di questa esperienza da primo cittadino della Città della Carta?
E’ stata una esperienza totalizzante che mi ha consentito di conoscere a fondo la città e le mille pieghe del funzionamento dell’Amministrazione Pubblica. Ho potuto conoscere tante persone e tante realtà che non avevo avuto modo di incontrare prima. Ho avuto la possibilità di collaborare con le altre Amministrazioni, sia Comunali ma anche Regionali e Statali, imparando qualcosa da ciascuna persona con la quale ho lavorato. Abbiamo iniziato il mandato dovendo risolvere il problema delle famiglie terremotate ancora ospitate negli hotel e facendo massa critica con gli altri Sindaci del cratere per fare in modo che le normative sulla ricostruzione emanate durante i primi mesi successivi ai terremoti venissero completamente riviste; poi quando avevamo intrapreso la strada che avevamo progettato e che vedevamo prendere forma, quando ancora eravamo sulla sica dell’entusiasmo del grande evento delle Città Creative del giugno del 2019, ci siamo dovuti fermare per affrontare la Pandemia. In quei mesi ho sentito molto forte la responsabilità di dover guidare una comunità che, come le altre, era avvolta nell’incertezza e nella paura. Mantenere il controllo delle proprie emozioni, prendere ogni minuto le decisioni giuste, capaci di garantire la sicurezza e nel contempo non creare ulteriore allarmismo, e informare nel modo corretto è stato complesso. Avevo la consapevolezza che dalle decisioni che prendevamo poteva dipendere, nel vero senso della parola, la vita delle persone. Riprendere tutto in mano è stata un’altra cosa molto complicata perché nel frattempo il mondo era completamente cambiato, quello che avevamo iniziato a fare andava totalmente rivisto e siamo stati costretti per mesi a navigare a vista non sapendo cosa sarebbe accaduto da li a pochi giorni. Soprattutto abbiamo perso il contatto con il territorio, che era una delle cose che più ci caratterizzava, dovendo rinunciare a organizzare gli incontri nelle frazioni che non avevamo mai interrotto, i banchetti settimanali in piazza e gli eventi pubblici con i quali, nei primi anni, avevamo impostato il nostro lavoro di condivisione e presentazione alla città dei maggiori progetti. Come tutte le esperienze che hanno una durata temporale così lunga ci sono stati momenti esaltanti e altri molto difficili ma il bilancio è senz’altro positivo perché ho vissuto ogni momento nel modo più intenso e questo porta un arricchimento e una crescita personale che, penso, nessun’altro percorso è in grado di dare.
Come è cambiato Gabriele Santarelli, da giovane attivista dell’originario Meetup ad oggi?
Non è cambiato molto. Ha molta più esperienza e consapevolezza ma continua ad avere la capacità di indignarsi di fronte i furbetti, alle ingiustizie e ai soprusi e, contemporaneamente, una grande curiosità che mi porta ancora a cercare i perché delle cose, a interessarmi e a studiare. In questi 5 anni ho studiato molto perché volevo capire cosa mi accadeva intorno senza accettare in maniera passiva quello che negli uffici mi veniva rappresentato. Ho ancora la stessa voglia di lottare per le cose che ritengo giuste per la città come ho fatto sui tavoli provinciali per la questione dei rifiuti, che rappresenta una delle sfide più grandi che il territorio montano dovrà affrontare nei prossimi anni, se non vogliamo lasciarci schiacciare dalle logiche imposte dai grandi comuni della costa. Purtroppo su questi temi vedo molta poca presa di coscienza da parte delle altre forze politiche.
Nel 2017 i fabrianesi hanno scelto la “semplice rivoluzione” proposta dal Movimento Cinque Stelle. Credi di aver soddisfatto, con il tuo gruppo di lavoro, questo desiderio di cambiamento fortemente voluto al tempo dagli elettori?
Le rivoluzioni richiedono tempo e anche quella che abbiamo proposto noi non sfugge da questo principio. Però chi ha avuto modo di condividere con noi anche solo una piccola parte del nostro percorso, quella rivoluzione l’ha potuta vedere e capire. Molti ci testimoniano il fatto che con noi hanno avuto la possibilità di un confronto sempre franco e leale, molti altri ci ringraziano per la nostra presenza e disponibilità. Tutti aspetti che non avevano trovato in chi ci ha preceduti. Poi c’è quella parte di rivoluzione, non visibile agli occhi dei cittadini, ma che consentirà in futuro di avere un Comune più efficiente e più al passo con i tempi, capace cioè di soddisfare le esigenze dei cittadini che pretendono servizi migliori e risposte più rapide e più chiare. Noi abbiamo fatto la scelta di non prendere le decisioni con il pallottoliere in mano, ossia, non abbiamo guardato all’apparenza, che aiuta a rabbonire gli elettori e ad avere consenso ma senza una visione a lungo termine della città, ma alla sostanza, che è il modo migliore di servire i cittadini e di costruire un progetto dal respiro più lungo. Ecco, questa è una differenza sostanziale: per noi i fabrianesi non sono mai stati elettori ma cittadini.
Nel corso del tuo mandato hai perso alcuni membri della Giunta e del Gruppo Consiliare. Ti sei dato una motivazione personale, oltre che politica, di questo abbandono? Cosa non ha funzionato, con il senno di poi?
Qualcuno non è riuscito ad accettare il fatto che esistono dei ruoli che comportano responsabilità e che soprattutto servono a garantire il funzionamento di una struttura complessa come lo è un Comune. A ben vedere chi ha lasciato l’ha fatto in disaccordo con una decisione assunta da un Dirigente nelle sue piene facoltà e con sua esclusiva responsabilità sulla vicenda della Marco Polo. In una mail mi avevano anche minacciato le dimissioni se non avessi chiesto al Dirigente di ritirare un suo atto; dimissioni che se fossero avvenute tutte contemporaneamente avrebbero fatto cadere la Giunta. Un ricatto inaccettabile a un Sindaco, a un Sindaco qualsiasi intendo: se avessi accolto la loro richiesta avrei rischiato personalmente di essere accusato di aver abusato del mio ruolo. Si sono confusi i ruoli politici, propri di Sindaco, Giunta e Consiglio con quelli gestionali che invece sono di competenza dei funzionari. A determinare i ruoli è la legge e se non si è disposti ad accettarlo è giusto fare la scelta di allontanarsi. Nelle passate legislature abbiamo assistito a cambi di casacca che coinvolgevano maggioranza e opposizione, assessori che se ne andavano sbattendo la porta e Presidenti del Consiglio che venivano costretti a dimettersi. In un gruppo di 23 persone perderne 4 in 5 anni è quasi fisiologico. Nel conto non prendo in considerazione Francesco Bolzonetti che ha avuto motivazioni diverse dagli altri. Credo anche che a un certo punto qualcuno abbia dimenticato il motivo per il quale ci trovavamo li: provare a fare quello che nessun’altro ha mai voluto, o potuto, fare e che mai nessun’altro avrebbe mai fatto, ossia una riorganizzazione che consentisse di disinnescare personalismi e concentramento di potere che da anni influenzano le scelte politiche e l’autonomia delle Giunte. Un lavoro che ha richiesto sacrificio, che ha provocato forti tensioni e ostacoli con i quali ci è stato impedito di realizzare tante cose ma che andava fatto per dare alla città la possibilità di sbloccarsi nei prossimi anni.
Ripensando ai primi anni di attivismo, al periodo in cui eravate all’opposizione fino ad oggi, hai mai ritenuto che fosse più facile fare opposizione che governare la Città?
Sono due ruoli diversi ma altrettanto importanti. Di questo ne sono profondamente convinto. Mentre da altre parti, anche dallo stesso Movimento, sento dire che se non si Governa non si è in grado di incidere e che, quindi, è necessario scendere a compromessi per trovare alleanze spesso improponibili, io ritengo fermamente che se si lavora seriamente si può incidere anche stando all’opposizione. Noi ne siamo stati la testimonianza. Se si vuole fare opposizione con questa mentalità, ossia in maniera costruttiva ma anche intransigente, il lavoro è tanto e lo è anche il tempo da dedicare. In questi 5 anni l’opposizione è stata inesistente e ne abbiamo risentito anche noi perché comunque avere un pungolo è importante per provare a fare sempre meglio ed è altrettanto importante avere idee e proposte che possano integrare quelle della maggioranza. Governare è assolutamente non facile ma consente di costruire qualcosa di concreto e di fare le scelte che stando all’opposizione chiaramente non è possibile fare.
Sei stato un sindaco molto presente sui social, la tua campagna elettorale nel 2017 ti vedeva molto attivo su questi nuovi canali comunicativi. Hai mai valutato che forse il comunicare, troppo e direttamente, senza magari l’ausilio di un portavoce ufficiale, sia stata un’arma a doppio taglio nel corso del tuo mandato?
Probabilmente sì. A un certo punto stavamo per inserire una figura così nello staff, tanto da aver apportato una modifica al Regolamento per poterlo assumere, in sostruzione della mia Segretaria personale che nel frattempo era andata in pensione. Infatti, prima di questo passaggio, il Comune non si era ancora dotato di questa possibilità. Poi però ci ho ripensato perché eravamo a un anno dalla fine del mandato e ho ritenuto non fosse giusto utilizzare le risorse per questo scopo. L’altra cosa che mi ha fatto decidere di non affidarmi a un portavoce è il fatto che per me comunicare è un modo per rimanere in contatto con i cittadini e di raccontare, a modo mio e con il mio stile, le cose che facevamo. La comunicazione istituzionale spesso è fredda, impersonale e poco empatica. A me piace, nel bene e nel male, dedicare tempo per comunicare e informare. Tornando indietro forse prenderei una decisione diversa ma probabilmente non rinuncerei comunque a comunicare a modo mio.
Se ti chiedessi per quali progetti compiuti dalla tua Amministrazione ti piacerebbe essere ricordato?
Non credo che ci sia una sola cosa che possa essere il simbolo unico del nostro mandato. Ci sono tante cose che abbiamo realizzato e che magari verranno dimenticate presto. Forse però quello che ha segnato un taglio netto con il passato è l’insieme dei progetti che hanno dato alla città una svolta sul piano dell’innovazione: dalla realizzazione dello spazio coworking all’ammodernamento dell’impianto della pubblica illuminazione, dalle colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici all’attivazione dell’Area Pedonale Urbana. Mi piacerebbe che questa amministrazione venisse ricordata come quella che ha esplorato, sperimentato e intrapreso percorsi nuovi smentendo tante convinzioni che in passato hanno impedito che alcuni progetti potessero prendere vita. Il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile è uno strumento che consente di realizzare una città accogliente e a misura d’uomo; non ci sono più alibi: è dimostrato e messo nero su bianco, con tanto di progetti pronti da essere messi a terra, che è possibile realizzare una città diversa, più moderna e accogliente. Realizzare o meno questa città sarà solo una questione di volontà politica.
E, di contro, qual è il tuo rammarico più grande, il progetto che non sei riuscito a portare a termine?
Nessun rammarico, solo il dispiacere di aver avuto in alcuni casi poca concretezza. Questo a volte ci ha fatto perdere di vista l’obiettivo principale per inseguire soluzioni troppo complesse. Forse è il progetto di recupero e rilancio della vecchia sede dell’Ente Cellulosa e Carta attraverso la realizzazione di un centro di ricerca, sperimentazione e applicazione delle nano cellulose cristalline, in collaborazione con l’Università di Perugia e di Camerino, quello che ci sarebbe piaciuto riuscire a realizzare soprattutto per le energie che ci abbiamo speso. Ma sono ancora fiducioso che qualcosa si possa fare perché il progetto è troppo importante per lasciarselo sfuggire e perché lo abbiamo messo in mano a persone che spero potranno dargli la giusta attenzione.
Nella nuova tornata elettorale sarai presente in lista, ma non come candidato sindaco. Al netto delle rispettabili motivazioni di carattere personale, come stai vivendo questo “simbolico” ed eventuale passaggio di consegne al tuo vice sindaco Ioselito Arcioni?
Lo sto vivendo con molta serenità e con la consapevolezza di aver fatto la scelta giusta sia per me, sia per il progetto che per il gruppo. Lavorando nelle retrovie sto recuperando l’entusiasmo di cinque anni fa e ho il tempo per accompagnare i nuovi arrivati e fare loro un minimo di formazione. Per fare qualcosa di più non avrei avuto al momento né le energie né la serenità necessaria perché in questi anni ho sacrificato veramente tutto ed è giusto, per me, rivedere le mie priorità. Però sono sincero: quando assisto ai dibattiti e ai confronti tra candidati mi piacerebbe essere parte della “mischia” per poter difendere il lavoro fatto e per rilanciare con quanto abbiamo già pronto perché sento che si parla di progetti senza nemmeno accorgersi che molte cose di cui gli altri parlano sono già state fatte.
Pensando all’immediato futuro, che farà Gabriele Santarelli alla fine del suo mandato?
Si prenderà due mesi per godersi la famiglia come non riesce a fare da tempo. Ricomincerà ad accompagnare gruppi sulle nostre meravigliose montagne perché non c’è niente che amo di più che condividere con gli altri la meraviglia che ci circonda. Troverò un modo per continuare a dedicarmi alla città: c’è solo l’imbarazzo della scelta tanto è vivace, ricco e variegato il mondo dell’associazionismo fabrianese. Mi piacerebbe trovare il modo di portare avanti alcuni progetti come quello del Distretto dell’Appennino Umbro Marchigiano o quello della valorizzazione dei cammini. Durante il mandato ho conseguito un master in “Gestione e promozione del sistema montano e delle aree interne” e mi piacerebbe dedicarmi a questo. Dovesse insediarsi una amministrazione diversa sarò comunque disponibile a fare il giusto passaggio di consegne per il tempo necessario e per fare in modo che i progetti pronti, che ritengo condivisibili, possano essere comunque realizzati. Diciamo che limitarmi a consegnare le chiavi dell’ufficio e il telecomando del garage, come è successo a me, non è nel mio stile.
Cosa ti senti di dire, come congedo dalla carica di sindaco, ai cittadini che hai amministrato per cinque anni?
Sono stato fiero di rappresentare la mia città ogni qual volta sono uscito da Fabriano e ho sempre fatto quello che potevo per tutelare gli interessi della mia comunità. Un giorno un collega Sindaco di una città importante mi ha detto: “Si vede che tieni tanto alla tua città”. Ma un Sindaco è più forte se dietro di se ha una comunità coesa che dimostra di essere unita per il raggiungimento di un obiettivo, al di là delle differenze. Dobbiamo imparare a volere più bene alla nostra città e ad apprezzare quanto di bello e unico abbiamo perché questo è il primo fondamentale passo per poterlo valorizzare. La città è di tutti e non è pensabile che poche persone chiamate ad amministrarla possano essere da sole le responsabili del suo futuro. Dovremo smetterla di comportarci come i guardoni in attesa di puntare il dito in caso di un errore, perché a rimetterci siamo tutti. E’ necessario impegnarsi tutti insieme e trasmettere all’esterno il nostro orgoglio di essere fabrianesi, pur continuando ad essere critici per le cose che non funzionano.
Gigliola Marinelli