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BANCO FARMACEUTICO, MEDICI DI FAMIGLIA E COVID: IL RACCONTO DELLA DOTT.SSA FOLISI

Gli anni di emergenza sanitaria da Covid-19 hanno portato ad una profonda riflessione sull’importanza di una sanità capace di intervenire con prontezza per rispondere alle esigenze del malato. Particolare attenzione anche al ruolo fondamentale dei medici di famiglia, primi interlocutori dei pazienti, a cui questa settimana dedichiamo il racconto della dottoressa Maria Gabriella Folisi, medico di famiglia a Fabriano. Oltre ad un bilancio dell’ultima edizione della raccolta del Banco Farmaceutico, che ha visto attiva protagonista anche la Parafarmacia di via La Spina del dottor Sergio Bravi, purtroppo scomparso in questi giorni, di cui ricordiamo la gentilezza e disponibilità a collaborare anche in queste occasioni di umana solidarietà.

Dottoressa, come avete vissuto voi medici di famiglia questi anni difficili di emergenza pandemica?

Sicuramente questi quasi tre anni di pandemia sono stati i più difficili della mia lunga storia di medico di medicina generale perché mi sono scontrata con una malattia che non si conosceva e in parte ancora non si conosce e soprattutto, almeno fino a poco tempo fa, per la quale non esistevano cure. Questo per ogni medico è veramente l’incubo peggiore: non avere nessuna arma contro una malattia che colpisce all’improvviso, quasi una pugnalata alle spalle, per cui anch’io ho sperimentato angoscia, paura, smarrimento e mi è stato di grande aiuto il clima di collaborazione e di sostegno che si è creato tra noi medici per trovare soluzioni anche alla mancanza totale di presidi per proteggere la nostra stessa vita. La mia paura più grande è stata per i miei pazienti, che conosco e curo da tanti anni. Dopo un iniziale smarrimento, ho trovato coraggio nell’accettare consapevolmente la sfida che la nuova situazione imponeva, dedicandomi con forza a studiare, leggere e provare tutto ciò che sembrava utile e cercando di essere sempre reperibile in studio e a casa anche nei giorni festivi, per poter seguire costantemente l’evoluzione della malattia, questo poteva fare la differenza tra la vita e la morte. Poi, ad aprile del 2020, sono state istituite le USCA, team di giovani medici, per le visite domiciliari di pazienti Covid ed insieme ad altri quattro miei colleghi ci siamo messi a disposizione di questi giovani e bravissimi colleghi, vivendo così ancor più in prima persona tutto l’evolversi della patologia, con grande collaborazione anche del team infermieristico territoriale. Pertanto, dal punto di vista del lavoro, è stata anche una situazione stimolante ma certamente molto faticosa.

Quali sono state e sono ancora le paure dei pazienti e come è riuscita a rassicurare i suoi assistiti?

Accanto alla paura della morte è venuta a crearsi sempre più la paura del vivere, specialmente tra le persone più anziane e fragili, con peggioramento anche delle patologie preesistenti. Anche tra i giovani, per la mancanza di socializzazione e il rifugio nei social, si sono sviluppati ansia ed insicurezza mascherati da violenza, inerzia, insonnia forse ancora più evidente adesso come onda lunga della situazione. C’è bisogno di persone che siano disponibili a fare un percorso di sostegno e di speranza, ma sento che tutto questo deve essere innanzitutto esperienza per me, altrimenti non sono in grado di fare questo cammino insieme ai miei pazienti. Quindi mi sento chiamata a vivere una umanità più profonda, capace di ascolto e condivisione.

Ascoltando le persone e leggendo anche sui social dubbi e perplessità di molti sull’opportunità di sottoporsi al vaccino, cosa si sente di consigliare a chi ripone una forte sfiducia nella scienza e soprattutto nei vaccini?

Sono molto contenta che la vaccinazione di massa stia permettendo di tornare ad una quasi normalità. Il vaccino ha fatto la differenza in maniera eclatante rispetto allo scorso anno e, anche se continuano i contagi, si sviluppano sintomi più lievi ed è possibile così, gradualmente, tornare alla normalità, di cui c’è assolutamente urgenza prima di tutto per la salute oserei dire esistenziale delle persone. Sono stati fatti degli sforzi immensi per poter, nel più breve tempo possibile, mettere a disposizione di tutti vaccini, i cui componenti sono allo studio da molto tempo ed è una posizione di chiusura, non realistica anzi ideologica, quella di chi caparbiamente si dichiara contro non conoscendo spesso l’argomento di cui si parla. Mi sembra piuttosto che le contestazioni abbiano una portata più ampia, cavalchino un disagio sociale più generale. Alcuni dei miei pazienti non si sono vaccinati e spesso solo per una irragionevole paura che, parlando con me, si è ridimensionata. Non ho avuto casi gravi tra i vaccinati, alcuni hanno manifestato sintomi più importanti, ma tutti sono guariti.

La pandemia ha messo in luce come i ripetuti tagli operati sulla sanità negli ultimi anni abbiano oggi presentato un conto durissimo in termini di servizi. I medici e gli operatori sanitari hanno lavorato in condizioni critiche, in particolar modo agli inizi dell’emergenza sanitaria, sprovvisti anche dei basilari dispositivi di sicurezza, turni massacranti dovuti alla carenza di personale. Qual è la sua riflessione in merito ad una prospettiva futura?

Sicuramente niente sarà più come prima, anche nella sanità si è vista l’urgenza di avere una medicina del territorio che funzioni. I medici di medicina generale sono l’elemento fondamentale, interfacciandosi con le case di comunità e il distretto, lo studio del medico deve restare tale per la sua funzione di fiducia e di prossimità, scongiurando così il passaggio alla dipendenza di cui si parlava in questi ultimi tempi. Nelle Marche sono previste 29 Case della Comunità, 9 Ospedali di Comunità e 15 centri operativi territoriali che rappresentano la presa in carico di salute dei cittadini sul territorio. Si avverte la necessità di creare, attraverso queste strutture, l’anello mancante tra rete ospedaliera e strutture per acuti e territorio con un’implementazione dei sistemi informatici e della telemedicina.

Si è conclusa il 14 febbraio scorso la ventiduesima Giornata di Raccolta del Farmaco di Banco Farmaceutico. Abbiamo qualche dato della raccolta a Fabriano e nel comprensorio?

Che tipo di farmaci sono stati raccolti ed a quali realtà assistenziali e caritative saranno devoluti?

Il bisogno di salute si è fatto più grande ma non tuti riescono a curarsi perché i farmaci e le visite specialistiche hanno un costo che molte più persone di prima non possono permettersi. Per questo, proprio per non dover scegliere tra mangiare e curarsi, è nato il Banco Farmaceutico Anche quest’anno a Fabriano   si è svolta la Giornata di Raccolta del Farmaco nelle farmacie che hanno aderito all’iniziativa: Comunale 2, Giuseppucci, Monzali, Parafarmacia di Bravi Sergio di via la Spina, Popolare, Silvestrini. Sono stati raccolti 552 farmaci da banco, un numero maggior rispetto ai due anni precedenti, per un valore economico pari a 4.089 euro. I farmaci sono stati già consegnati all’Associazione Pace in Terra di don Aldo Buonaiuto, parroco di San Nicolò che si occupa di persone in grave disagio socio economico, ed alla Caritas di Fabriano da sempre in prima fila nel rispondere ai bisogni delle persone indigenti. Sono farmaci da banco e la tipologia è in base alle richieste delle stesse realtà assistenziali di cui conosco bene le persone che hanno in carico.

A Fabriano è operativo l’Emporio della Salute, un servizio di “farmacia gratuita” per le famiglie in difficoltà. Come è strutturato e da chi viene gestito?

L’Emporio della Salute, posto all’interno della Caritas, è un punto di distribuzione dei farmaci raccolti alle famiglie in difficoltà. L’emporio è stato realizzato lo scorso anno grazie alla sinergia tra la Caritas, il Lions Club e Banco Farmaceutico, è aperto tre giorni alla settimana, la distribuzione è affidata alla dottoressa Monzali.

In base alla sua esperienza, la popolazione fabrianese risponde con generosità alle iniziative proposte dal Banco Farmaceutico?

Senza il coinvolgimento del volontariato non sarebbe stato possibile fare l’iniziativa del Banco Farmaceutico, che è durata una settimana, né sarebbe possibile tenere aperta la farmacia della Caritas. Per questo ringrazio di cuore tutti i volontari che si sono resi disponibili, i volontari del Lions che quest’anno hanno partecipato al gesto ed i farmacisti che sono stati in prima linea nel motivare alla donazione. Certamente niente sarebbe possibile senza la generosità dei fabrianesi che sono venuti, anche spontaneamente, in farmacia per comperare farmaci da donare. Nel corso dei dieci anni di raccolta, la disponibilità dei fabrianesi non è venuta meno, nonostante la crisi economica. Per questo, anche se ci sono dappertutto segnali di crisi dell’uomo, continuo a tenere accesa la speranza di un cambiamento nel mio cuore e di quello delle persone di buona volontà.

Gigliola Marinelli