Diego Maradona, un anno senza El Diez
25 novembre, un anno dalla scomparsa di Diego che lasciò attoniti e con un vuoto i suoi tanti, tanti appassionati, sostenitori, non solo tifosi. Il 30 ottobre 1960 nasceva in uno dei sobborghi più poveri di Buenos Aires, Diego Armando Maradona “el pibe de oro”, il dio del football nessuno come lui. La settimana scorsa se ne è parlato molto, 60 anni di vita di un personaggio tra luci, tante luci nel football e ombre, tra gli assoluti protagonisti del XX secolo, lui che è andato oltre allo sport e al calcio, diventando un fenomeno popolare, rappresentando un sogno, una speranza, un riscatto per la moltitudine. Dall’Argentinos Juniors al Boca Juniors, la parentesi non fortunatissima a Barcellona, poi il colpo del Presidente Ferlaino che stava costruendo un buon Napoli e quindi l’approdo nella città partenopea. Napoli, città di passione, dove si immerge completamente, luogo suo per eccellenza, qui trascina, trasporta, viene osannato e inghiottito da un entusiasmo mai visto, fuori controllo, pazzo, senza mezze misure come succede spesso in questa mirabolante città. Riesce a trascinare un popolo all’apoteosi massima vincendo dove nessuno aveva mai vinto prima. Giocate mirabolanti, colpi da vero asso, rabone, punizioni, rovesciate, assist, il pallone incollato al piede, stadio San Paolo sempre esaurito, era il dio del football. Arrivano scudetti, mai successo a Napoli, coppe europee, tante vittorie, ogni sua partita, allenamento o partita di beneficienza diventava uno spettacolo, sempre folla intorno a lui.
Leader massimo in campo e fuori, generosità e passione in una città che lo ha amato forse troppo, quanto San Gennaro, anche di più, lui era il riscatto del Sud, un vero dio sceso in terra, amatissimo e trascinatore dei compagni di squadra, con lui miglioravano tutti, la squadra non aveva solo un re, ma un leader maximo: ecco la cosa rara, la grande eccezione rispetto a tanti altri campioni. Argentina, la sua terra, altro miracolo sportivo, il legame forte con il presidente Menem suo grande sostenitore, un Mondiale divenuto il suo mondiale dove trascinò l’albiceleste a vincere alla grandissima la Coppa del Mondo di Mexico ’86, qui il goal del secolo con l’Inghilterra che ebbe valore anche politico, la telecronaca di Victor Hugo Morales è passata alla storia con “quel genio, genio, genio tatatata”.
Un mondiale quasi vinto nel ’90, perso per un rigore molto dubbio nella finalissima contro la Germania, Mondiale che avrebbe avuto del miracoloso. Poi le sue cadute, la droga, una vita dissoluta, trascinato in un vortice senza fine dal successo e da ambienti anche legati alla camorra, Forcella e i Giuliano, ambienti che l’avevano letteralmente catturato, travolto, lui il grande trascinatore con i suoi errori nella vita, le cadute, il baratro, ma sempre amatissimo da tutti, sempre osannato, ora come allora. Pelè o Maradona? Chi il più grande? Beh per genialità e prodezze Maradona ha fatto vedere cose mai viste, Pelè e stato grandissimo con Brasile e club, ma ha vinto tanto in contesti che magari avrebbero potuto vincere anche da soli, lui li ha resi ancor più eclatanti. Maradona ha vinto invece in situazioni in cui senza di lui non sono tanto convinto che ci sarebbero stati successi, poi ha trascinato popoli, faceva sognare. Maradona è andato oltre il calcio, sport in cui è stato il più grande. Adios campeon el numero diez!
Francesco Fantini