CHE SUCCEDE NELLE FABBRICHE, CASSA INTEGRAZIONE E MENO PRODUZIONE
Fiom, “La mascherina non ci basta”
E’ oramai evidente che l’unica tutela per la sicurezza delle persone è quella di restare a casa e di uscire il meno possibile, le fabbriche metalmeccaniche che non producono beni essenziali, o legati alla loro filiera, possono e devono essere fermate. La mascherina non ci basta: vogliamo che anziché ricorrere a dispositivi individuali venga finalmente intrapresa la strada di una garanzia collettiva che può passare solo per il fermo produttivo delle attività non essenziali. Lo stiamo chiedendo a gran voce da giorni, abbiamo messo in campo azioni di lotta e siamo pronti a riproporle perché troppo spesso la risposta è sempre la stessa: prima i clienti, il fatturato, il profitto…. poi le persone! Le misure fin qui adottate e le intese firmate non hanno ancora dato alcun risultato, le persone continuano ad ammalarsi, il virus continua a dilagare e le nostre Rappresentanze nelle aziende, siano Rsu piuttosto che Rls , stanno facendo una vera e propria battaglia quotidiana in prima linea, mettendo a rischio anche la propria salute, senza riuscire a mettere in campo una vera e propria azione di contenimento e di tutela di chi lavora. Le imprese stanno sbagliando comportamento: dopo l’ultimo decreto legge che introduce ammortizzatori sociali in deroga per COVID 19, si assiste ad una massiccia richiesta di domande di apertura di CIGO che solo in pochissimi casi ha il fine della chiusura temporanea, quindi richiesta con l’obiettivo di tutelare la salute delle persone che lavorano: così non va bene.
Sono necessari controlli stringenti sull’effettivo utilizzo dell’ammortizzatore stanziato, è necessario un repentino cambio di passo: la FIOM di Ancona torna a chiedere con forza di fermare tutte le attività che non siano essenziali nella lotta che siamo costretti a combattere, QUESTA E’ L’UNICA STRADA PER TUTELARE LE PERSONE E FERMARE IL DIFFONDERSI DEL COVID 19 che sta dilagando nel Paese e nei posti di lavoro.
Fim, Fiom e Uils su Aristone Thermowatt
Ieri pomeriggio, 19 marzo, abbiamo avuto un incontro telefonico con l’azienda, rispetto le richieste fatte mercoledì 18 marzo, dove richiedevamo la messa in sicurezza e la chiusura di tutti gli stabilimenti ARISTONTHERMO E THERMOWATT, nel rispetto dei decreti sin qui emanati dal Presidente del Consiglio e del Protocollo d’intesa tra Governo, Parti Sociali e Parti Datoriali, sollecitavamo inoltre alla messa a disposizione di tutti gli strumenti di protezione individuale anche dove non necessarie e la possibilità dell’utilizzo dello strumento di cassa integrazione, da utilizzare dove necessaria per una verifica ulteriore sulla sicurezza dei lavoratori e la possibilità di riorganizzare le produzioni, pur riconoscendo che l’azienda si era adoperata in anticipo sull’emergenza, abbiamo ribadito con forza che la salute dei lavoratori vieni prima di ogni singolo prodotto che esce dagli stabilimenti.
L’azienda ribadendo che sta facendo tutto quanto possibile per garantire la sicurezza dei propri dipendenti, ha accolto la nostra richiesta di utilizzare lo strumento della Cassa integrazione per 9 settimane, ci ha confermato che da oggi verificherà le chiusure degli stabilimenti iniziando un rallentamento delle produzioni da prima, fino alla fermata produttiva. Tali fermate saranno differenziate per ogni singolo stabilimento coinvolgendo le Rsu e Rls, le fermate comprenderanno anche gli uffici centrali, uffici periferici, reparti tecnici sia della provincia di Ancona che di Agrate Brianza che si trova al centro del focolaio principale in Lombardia.
Verranno sospesi inoltre anche parte dei dipendenti che stanno operando in Smart Working utilizzando gli strumenti a disposizione. Inoltre l’Azienda vista la situazione di emergenza creatasi con l’espandersi del virus in tutta Europa e nei mercati di riferimento sta monitorando e studiando strategie e modalità d’intervento. Abbiamo inoltre condiviso l’utilizzo dei due strumenti messi adisposizione dei decreti riguardanti: permessi 104 e congedi parentali, in questo modo non essendo ancora usciti i decreti attuativi. Permesso 104: sono a disposizione 18 giorni in totale per i mesi di marzo ed aprile (comprensivi di quelli già usufruiti) da richiedere con gli stessi criteri già esistenti. Congedo parentale: l’azienda fornirà al lavoratore un’auto certificazione dove verranno riportate le causali per averne diritto da presentare all’ufficio del personale. Chi utilizza questo strumento deve comunque farne anche richiesta attraverso i patronati sindacali oppure direttamente all’inps, in modo formale come da prassi, fornendo la documentazione necessaria.
Cassa integrazione anche in casa Whirlpool.
Csa Fabbri: “Bloccare la produzione per tutelare la salute degli operai e di tutti noi”
Quanto sta avvenendo in questi giorni all’interno del settore industriale lascia sconcertati. Mentre il paese si ferma per rispondere all’emergenza assistiamo a stabilimenti che continuano a produrre beni non essenziali esponendo a serio rischio la salute degli operai e di conseguenza quella di tutti noi. Le province di Bergamo e Brescia offrono un esempio lampante di come la scelta di mettere al primo posto i profitti delle imprese, nell’ottica di una poco lungimirante “tutela” del tessuto economico di due tra le aree più ricche del paese, si sia tradotta in costi sociali altissimi. Nel comprensorio fabrianese ci sono migliaia di operai costretti a recarsi nelle fabbriche per produrre beni non essenziali. Le condizioni di sicurezza in cui si svolgono le mansioni sono reputate dai lavoratori e dalle lavoratrici del tutto insufficienti e cresce la preoccupazione di essere contagiati a causa di aziende che non sembrano adottare le opportune misure di prevenzione sanitaria. Le pressioni di Confindustria e l’inerzia dei sindacati confederali hanno prodotto una situazione surreale nella quale nessuno vuole recarsi al lavoro ma è costretto a farlo per non vedersi decurtato lo stipendio. Nonostante questa situazione risulti insostenibile i sindacati, ben lontani dall’idea di assolvere al proprio ruolo proclamando lo sciopero, firmano protocolli che non sembrano garantire totalmente la sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici suggerendo loro di vedersela individualmente. Il risultato è che nei principali stabilimenti del Fabrianese, si registra un alto tasso di assenteismo, con picchi del 30-35% di personale che si è messo in malattia pur di ridurre i rischi di contagio. La solidarietà che ci sentiamo di mostrare ai lavoratori e alle lavoratrici che versano in questa condizione di ricatto lavorativo ci induce a prendere parola e a denunciare con fermezza quanto sta avvenendo. Riteniamo infatti che sia necessario bloccare la produzione dei beni non essenziali, ponendo la salute pubblica e individuale prima degli interessi economici. In questo scenario del tutto paradossale i rappresentanti politici e le istituzioni locali, dal Comune di Fabriano alla Regione Marche, non hanno ancora proferito parola, evitando di prendere una posizione chiara sulla vicenda. Mentre la priorità sembra essere quella di aumentare i controlli per limitare l’accesso ai parchi e l’attività sportiva ci sono persone che corrono rischi sanitari enormi all’interno degli stabilimenti. Non si possono esporre le persone a rischi del tutto evitabili. Alla fine di tutto questo saranno tirate le somme e chiederemo il conto a politici, istituzioni, sindacati e Confindustria per quanto fatto e soprattutto per quanto non si sta facendo, sancendo l’esistenza di lavoratori e lavoratrici sacrificabili in nome del profitto. Gli indifferenti sono e saranno complici. (foto e comunicato Csa Fabbri)
Il sindaco sulla questione fabbriche
“Penso che in questo momento ognuno debba essere concentrato nello svolgere al meglio il proprio ruolo e nel gestire quanto di propria competenza. In questi giorni tra le altre cose ho dovuto aiutare una persona a rientrare dall’estero, un’altra a reperire i farmaco essenziale, insomma, da fare non manca. Ogni decisione deve essere presa sulla base delle conoscenze che si hanno senza fare facili proclami o fughe in avanti. Non ho tutte le informazioni necessarie nè conosco i motivi che hanno fatto assumere ai vertici le decisioni che conosciamo. Sarebbe fin troppo facile per me in questo momento dire che bisogna chiudere tutto. Sembrerebbe la cosa più giusta, logica ma anche la più semplicistica. Certo è che, seppure gli effetti sull’economia sono ad oggi non quantificabili, la priorità dovrebbe essere data sempre alla salute delle persone. Non sta a me stabilire come”. Così il sindaco di Fabriano, Gabriele Santarelli.
A cura di m.a.