FONTE AVELLANA, LA STORIA E IL FASCINO DI UN LUOGO DESCRITTO DA DANTE

L’eremo di Santa Croce di Fonte Avellana è Incastonato in una piccola vallata del Monte Catria. Il luogo scelto si trova in un’area boscosa vicino ad una sorgente ed è ricco di alberi di nocciolo da cui deriva il toponimo avellana, a poca distanza dal tracciato della via Flaminia. E’ uno dei centri religiosi di prima grandezza delle Marche medievali e del centro-Italia. La sua fondazione è da riportarsi ad alcuni anni prima dell’anno 1000. I primi eremiti di origine eugubina ispirandosi alla predicazione di San Romualdo s’insediarono nel territorio. San Romualdo personaggio carismatico e riformatore, abbandonò la natia Ravenna e scelse di vivere nella solitudine più aspra esprimendo una forte esigenza di rinnovamento della vita religiosa. Partendo dalla solida regola benedettina fondò una nuova congregazione monastica, i Camaldolesi. Privilegiando l’eremetismo come massimo gradino di elevazione spirituale, riformò la vita del monastero . Qui vi giunse Pier Damiani nel 1035, in un luogo dove la vita eremitica era in pieno fulgore, disciplinata da consuetudini e riti vicini alla figura di San Romualdo, fondatore dell’eremo di Camaldoli e di molti altri nelle Marche.

La cripta è un suggestivo ambiente rettangolare, absidato, con volte a crociera in stile romanico. La chiesa fu ricostruita nel 1197, a croce latina con una sola navata. Sopra l’altare maggiore vi è un pregevole crocifisso ligneo di Francesco Tiraboschi del 1567. Il coro e l’organo risalgono a metà ‘800. Il chiostro con archi in parte romanici e in parte ogivali arabici, permette l’accesso al lungo corridoio su cui si aprono le celle dove vivono i monaci, altre celle le troviamo invece al piano superiore. Importante è lo Scriptorium dove abili amanuensi erano soliti ricopiare antichi manoscritti e codici arricchendoli di luminose miniature. Gli amanuensi utilizzavano la luce del sole per tutta la giornata sfruttando le alte monofore. La Biblioteca ha circa 40.000 volumi, tra cui preziose e rare edizioni. Pier Damiani considerò Romualdo un vero e proprio maestro, ne scrisse la vita, a lui si riferisce Dante nelle terzine del XXI canto del Paradiso della Divina Commedia. Dante Alighieri descrive con grande suggestione il sito su cui sorge l’eremo, poi passa a caratterizzare la personalità e la storia di Pier Damiani e per bocca dell’abate canta la triste decadenza dei costumi monastici dell’epoca sua.

Francesco Fantini