MUSICA PER LA MENTE

Di Massimo “Max” Salari

Questa settimana andiamo ad analizzare alcuni dischi di non facile fruizione. Quando dalla musica si esige qualcosa di diverso, quando si vuol viaggiare con la mente, rimanere stupiti, di certo non si necessita di musica da canticchiare. Serve musica per la mente, apprezzata da chi è aperto alle sorprese e da chi ha sempre bisogno di provare nuove emozioni e perché no, anche destabilizzarsi. Rock & Words consiglia e consiglia bene, non ci credete? Leggete ed ascoltate. 😉

P.C. TRANSLATE – IV

ZA Project – Tra Bla Records

Genere: Psychedelic Rock, Doom Metal

Supporto: lp/cd – 2018

 

Paolo Catena è un artista puro nel movimento musicale italiano e non soltanto. Artista perché contro tendenza da sempre, ligio solo alle sue regole, in barba ad ogni tipo di logica di mercato e aperto ad ogni tipo di soluzione, mai decisamente di moda. La sua indole lo staglia nel mondo musicale anni ’80, quando il genere ed il vinile cavalcano i fasti del trionfo. Nel tempo si cuce addosso numerosi appellativi, Mr.Cat , Paul Cat, P.C,The Cat, a dimostrazione della ricerca continua di una musica che lo rappresenta soltanto al momento. Questo suo essere “artista” lo porta verso un pubblico di nicchia, un pubblico attento ed esigente, quello che dalla musica vuole sempre un qualcosa in più. Ma non è solo un musicista, Paolo dipinge dal 1979, famosi i suoi “Quadrimusicali”. Una ventina i dischi pubblicati sino ad ora, prevalentemente di elettronica ambient sperimentale e strettamente legati alla vibrazione della pittura astratta.

Il progetto Translate sorge nel 2003, subito dopo la “morte artistica” del suo vecchio personaggio, conosciuto ai più con uno pseudonimo che non è nient’altro che la traduzione letterale del suo nome in inglese (usato dal 1977 al 2003). Con l’ingresso di Lola Sprint nella vita dell’artista nel 2005 vengono aggiunte a Translate le lettere P.C. e con questo nuovo appellativo si produce il primo mini-cd “Lo-fi Lovers”. Il progetto resta nel cuore di Lola Sprint la quale auspica una continuazione discografica di questa realtà. Nel 2013 quindi esce un cd-r (per TRA BLA RECORDS) autoprodotto in sole 100 copie numerate, il materiale risulta buono, anche se la produzione sembra più accostarlo ad un demo tape. Il disco tuttavia prende vita e nuova veste in questo 2018, grazie all’incontro di Paolo Catena con Angelo Zermian, vecchio amico e musicista avvenuto casualmente alla Fiera del Disco in quel di Pesaro nel 2017. L’amore per le produzioni vintage ed il vinile accomunano i due portando alla nascita dell’etichetta discografica esclusiva dal nome ZA PROJECT.

Fra i master registrati in studio, la scelta ricade su “Inedits” del 2013, e vengono stampati in edizione limitata e numerata a mano solo 500 copie di cui le prime 100 in vinile trasparente e con all’interno una cartolina raffigurante il quadro in copertina autografata da Paolo Catena. La stampa in cd contiene invece  un’opera pittorica inedita creata appositamente dal musicista al fine di realizzare una nuova copertina.

La versione in vinile ha un impatto visivo nettamente anni ‘80 con in copertina il quadro intitolato “Four” e all’interno le foto di Catena con i suoi strumenti e di Lola Sprint nello stesso studio.

Undici le tracce sonore contenute, brani che riportano inesorabilmente l’ascoltatore indietro nel tempo.

La musica di P.C.Translate prende la mente, si innesta con psichedelia e Doom Metal, un connubio importante per la gestione delle emozioni, un viaggio che molto spesso rasenta l’onirico, anche se l’incubo è sempre dietro l’angolo. Eppure tutto fuoriesce in maniera naturale, quasi da sembrare molto semplicistico, ma così in realtà non è. La musica nasce spontanea dalle mani di Catena e dalle corde della sua chitarra, sembra una improvvisazione che segue un binario logico, quello dell’esperienza e del carattere. La chitarra a volte sferzante e a tratti ficcante racconta storie nervose ed instabili.

Umore nero nel lato A del vinile, ma anche puntate nel mondo progressivo come ad esempio in “Heavy Clouds”, un ipnotico rapimento encefalico dettato da un incedere senza risoluzione d’uscita. Chitarra elettrica più distorta in “Reason Of Changes”, ambiente più consono al Catena artista, un bagno nella pece. In questo mondo fatto di riff e di assolo sofferti, molto spesso ci si ritrova a ciondolare con il capo ad occhi chiusi. Ma non sempre è la chitarra elettrica la protagonista solista, ci sono casi come “Deep Sea (Of My Life)” in cui l’acustica trasporta l’ascoltatore fra echi di voce e accordi semplici in un mondo prettamente Pinkfloydiano. Spazio anche per il Rock in “Test Song”.

Il lato B del vinile si apre con “Heart In Flame”, connubio di suoni che potrebbero scaturire anche da un disco di musica Psichedelica di fine anni ’60, oltre che dal Krautrock.

Ma è “Poetry” il momento più importante del disco, ammaliante e sinuoso nell’intro quanto greve e sporco nell’incedere. Sonoramente parlando un vero e proprio macigno, qui fuoriesce il vero Paolo Catena, quello senza compromessi.

Frangente più gioviale con la ritmata “Vicend Sirios” ed ecco venire allo scoperto anche le tastiere. C’è ancora spazio per l’oscurità di “Surniacat” e per la ricerca di “The End Of Love (In The World)”, vero e proprio grido lancinante all’umanità intera. Brividi.

Questo incontro fra Catena e Zermian fa ben sperare in un nuovo mondo sonoro, dettato dall’amore per il vinile e per certi suoni che sembrano oramai incastonati in un tempo passato, ma che in realtà possono essere sempre attuali. Disco da non perdere per gli estimatori del genere e un gran benvenuto alla ZA Project, ci voleva proprio. Di questo lavoro ovviamente esiste anche la versione in cd. MS

CONTATTI:

zaproject2018@gmail.com

tel. 335 8017670

PAGINA FACEBOOK: www.facebook.com/pctranslate4

 

ASCOLTO: https://www.youtube.com/watch?v=e3hYnMuKX6M

 

 

TOM MOTO – Junk

Lizard Records / BTF / Pick Up / Eventyr / GT Music

Distribuzione italiana: si

Genere: Jazz Rock

Support: CD – 2008

 

Tom Moto è un trio che si forma nel 2006 a Pisa, composto da Marco Calcaprina (tromba e trombone), Giulio Tosi (basso e chitarra) e Juri Massa (batteria). Una band particolare, con un nome altrettanto particolare, ispirato dal romanzo di Charles Bukowski dal titolo “Post Office”. Il senso dell’arte musicale da loro espresso è decisamente spiccato e poliedrico. La musica che ne scaturisce è una specie di Jazz Rock misto ad un approccio Punk, ma io mi sentirei di coniare un termine differente: Musica Hard Contemporanea.

L’atteggiamento aggressivo allo strumento, a volte nervoso è riconducibile anche a certo tipo di Rock Progressivo e precisamente a band come i maestri King Crimson. Non siamo avanti a Rock Progressivo nel puro senso del termine, ma l’approccio sperimentale mi fa relegare il trio anche in questo calderone.

“Junk” è un debutto importante nel vero senso della parola,. In esso si ascolta una band gia matura, malgrado il poco tempo di assemblaggio. Le date live sono state sicuramente ottima maestra . Ovviamente la ritmica è il polmone importante e questo lo avrete capito anche dalla formazione, una vera e propria macchina da guerra ben oliata e dotata di una intesa eccellente. “Junk” contiene dodici brani per una durata di sessantatre minuti. Non si esula alla legge dell’intro neppure per una band che suona un genere così di nicchia, per cui apre proprio “Intro”, un pezzo dall’andamento a dir poco monolitico. Il vero primo pezzo si intitola “Proboscide” e lascia stesi. Fughe ritmiche con virtuosismi di tromba, lasciano spazio ad un trascinante dialogo fra gli strumenti, con la giunta del Sax, quello di Alessandro Froli. Tutto questo comunicare, sfocia in un muro sonoro massiccio, un Jazz come dicevo all’inizio dal sapore Re Cremisi. C’è trasporto in “Egghead”, un pezzo privo di un vero e proprio ritornello, ricco di cambi di tempo repentini che si alternano fra durezza ed armonia. Una sfumata di colori che pitturano in maniera astratta la nostra mente. I componenti si muovono con circospezione, ma allo stesso tempo con decisione. Nel disegno della copertina c’è un polipo, ottima rappresentazione visiva del contenuto musicale espresso, avvolgente da molti lati.

Esistono brani che definirei Stand by, ossia che intramezzano la musica narrando la storia sporca del sogno americano proprio ispirato dallo stesso Bukowski. Questi si chiamano “Post Office”. Nella parte uno c’è un fluttuare di note a tratti disarmonico e ancora una volta questo accade fra il sax e la tromba. Ma il suono esplode nuovamente con “XL”. Impossibile resistere a questa ritmica, sperimentazione di prestigio, tanto da sembrare che i ragazzi non solo suonino, ma assaporino gli strumenti, in un vero rapporto fisico.

Ovvio che essendo un trio basso, batteria , tromba, la ritmica è la trave portante di questa costruzione, ma credetemi quando vi dico che il risultato è irresistibile.

Ritorna la seconda parte di “Post office” e nuovo dialogo fra testo vocale e strumentazioni. E si riparte anche questa volta a spron battuto con “Sonata”, questa volta però con una metrica più lineare. C’è comunque da constatare che forse siamo anche noi che cominciamo a fare l’orecchio a questo atteggiamento sonoro, ascolto dopo ascolto.

Con “Grog” lo strumento a fiato si unisce alla natura, il suo soffio si immerge nell’acqua ed emette gorgoglii di bolle. Apparentemente la sperimentazione affrontata potrebbe apparire esagerata, così non è, la musica dei Tom Moto è relegata sempre dentro certi binari musicali. La terza parte del racconto questa volta si basa su una chitarra acustica e tromba ed il viaggio continua. E’ la volta di “Dikkop” e per concludere “Animal Factory”.

I nostri si congedano spingendo sugli strumenti più che mai.

In conclusione questo “Junk” è un debutto davvero notevole, suonato da ragazzi che di grinta ne hanno da vendere. Un approccio allo strumento davvero aggressivo, che a tratti mi ricorda anche Ian Anderson con il proprio flauto. Ma non vorrei dire di più, solo che il disco gode di una produzione sonora davvero buona, specie il suono del basso….la ciliegina sulla torta. A voi ora la scelta. MS

ASCOLTO: https://www.youtube.com/watch?v=9kZ4CkulS8w

 

 

DAAL – Dances Of The Drastic Navels

Agla Records

Genere: Progressive Rock/Avantgarde

Supporto: cd – 2014

 

Il Progressive Rock Italiano si sta basando su nomi oramai importanti, ci sono artisti che con il duro lavoro e la perseveranza, hanno dato uno stile ben riconoscibile al nostrano genere d’avanguardia. Alfio Costa lo troviamo alle tastiere in numerosi progetti, Prowlers, Tilion, Colossus Project, ha collaborato con Malaavia, Ars Nova, The Samurai Of Prog solo per fare alcuni nomi e con Davide Guidoni alle percussioni (oltre che ottimo grafico) ha creato questo fortunato progetto dal nome Daal. “Dances Of The Drastic Navels” è la quinta realizzazione da studio dopo il successo di “Dodecahedron” del 2012. L’album è composto da cinque tracce ed è edito in una confezione cartonata come sempre curata da Davide Guidoni. I suoni registrati sono contaminati da aloni di oscurità per le atmosfere, sempre intriganti e sorprendenti.

Le composizioni prendono vita in una casa isolata e buia nei pressi di un bosco, la casa di Mr. Sandro, questa è l’ideale per la concentrazione tanto che Costa in due giornate riesce a comporre le cinque canzoni.

Nel disco si avvalgono del supporto di amici come Ettore Salati alle chitarre, noto in ambito Prog in quanto presente in numerosissimi progetti al riguardo (The Watch, Alex Carpani, Archangel, The Redzen, Soulengine etc. etc.), Bobo Aiolfi basso anche con i Prowlers, Letizia Riccardi al violino, Tirill Monh voce in “Inside Out” e Guglielmo Mariotti(voce).

Il titolo del primo brano “Malleus Maleficarum” lascia già presagire l’ascolto a cui si va incontro. Le musiche sono composte da Costa, ma qui una mano importante la da Guidoni nell’intro e le sonorità si fanno grevi  in stile Goblin o Antonius Rex. Notevole la parte centrale del brano, quando le atmosfere si placano per una Psichedelia a tratti di Pinkfloydiana memoria.

“Elektra (An Evening With…)” è una variante elettronica e strumentale, impreziosita dalle percussioni di Guidoni. Il pezzo comunque Rock,  è dedicato ad un loro amico scomparso in una tragica notte.

“Lilith” è una sorta di ninna nanna ispirata da un disegno trovato inciso in un albero presso la suddetta casa dell’amico Sandro. Ipnotico ed ammaliante, basa molta enfasi sulle note sgocciolate dal piano di Costa. Composizione emozionante e profonda come pochi sanno concepire.

Con la title track “The Dance Of The Drastic Navels” ritroviamo i classici Daal, quelli che hanno saputo colpire l’attenzione dell’ascoltatore progressivo sin dal 2009. I pochi testi che si ascoltano nel lavoro sono comunque il proseguo dell’argomento dei primi album, si narra della storia di un uomo del futuro che si innamora di una strega metà donna e per metà robot, dove riesce a far diventare l’individuo un proprio giocattolo. Il brano gode di atmosfere nordiche, molto vicine al Prog svedese e a certi King Crimson, queste date dall’oscurità dei passaggi, soprattutto caratterizzati dal suono  mellotron. A metà ascolto subentra l’elettronica, carta molto spesso vincente dei Daal.

Il disco si chiude con “Inside You”, in origine destinata a diventare la conclusione della suite appena ascoltata, invece lasciata definitivamente godere di vita propria. La canzone (perché di questo si tratta) è cantata dalla bella voce della norvegese Tirill Mohn ed è esaltata dal nostalgico violino di Letizia Riccardi. Il pezzo da solo vale il prezzo del cd, come si dice spesso in questi casi, degno suggello del lavoro.

I Daal fanno ciò che sentono, non badano a stili o mode, mutano pur sempre reggendo il sound su di una personalità che il buon 80% delle band mondiali di Prog Rock si sognano! Qui c’è da ascoltare, “Dances Of The Drastic Navels” è un viaggio da fare senza freni inibitori, senza paura, basta lasciarsi andare per scoprire nelle oscurità dei raggi di sole che sembrano indicare una nuova strada. Io come sempre, in casi come questi non giudico ma ascolto e cerco di lasciarmi trasportare, perché questa musica esula dalla banalità, non va ascoltata assolutamente in macchina o comunque sia distrattamente, ma va goduta a pieno, in tutte le sue sfumature.

Daal, oramai un nome ed una garanzia. (MS)

ASCOLTO: DAAL “The dance of the drastic navels part. I”: https://www.youtube.com/watch?v=sFfXmH0Gksk

 

ALTRI ASCOLTI DA SCOPRIRE:

 

ORESUND SPACE COLLECTIVE : https://www.youtube.com/watch?v=Uu89tF-1hVU

OZRIC TENTACLES:   Sploosh! https://www.youtube.com/watch?v=QSQNRZKkhVQ

ASH RA TEMPEL: 1971 https://www.youtube.com/watch?v=ZxUycrXb6eQ&t=592s

WET CACTUS – Damned Rope : https://www.youtube.com/watch?v=EPX-Gb5wkTw

NEED A NAME – Are You There: https://www.youtube.com/watch?v=Gdi9Uo2gKbk

 

 

ROCK & WORDS sono Fabio Bianchi e Massimo “Max” Salari. Insieme raccontano la storia della musica Rock e dintorni, l’evoluzione e come nascono i generi musicali, tutto questo in conferenze supportate da audio e video. Assieme sono nel direttivo dell’associazione Fabriano Pro Musica. FABIO BIANCHI: Musicista, suona batteria e tromba. Ha militato in diverse band fra le quali i Skyline di Fabriano e l’orchestra Concordia.  MASSIMO “Max” SALARI: Storico e critico musicale, ha scritto e scrive in riviste musicali di settore e webzine come Rock Hard, Flash Magazine, Andromeda, Rock Impressions, Musica Follia, Flash Forwards ed è gestore del Blog NONSOLO PROGROCK. Per sei anni è stato vicepresidente di PROGAWARDS, premio mondiale per band di settore Rock Progressivo e sperimentale. Autore del libro per edizioni Arcana ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 – 2013.

PER CONTATTI: rockandwordshistory@gmail.it   o salari.massimo@virgilio.it