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“NEL 2017 PIU’ DI 1.000 FAMIGLIE SI SONO RIVOLTE ALLA CARITAS”

L’emergenza povertà torna fortemente all’attenzione alla luce degli allarmanti dati nazionali, riguardanti  in particolare i giovani, che risultano essere più poveri dei loro genitori, addirittura uno su dieci vive in uno stato di povertà assoluta, con conseguente disagio non solo dal punto di vista della mancanza di beni materiali ma in particolare per l’esclusione sociale che ne deriva. I centri di ascolto hanno registrato a livello nazionale  1,8 milioni di interventi di aiuto materiale( pasti alle mense, distribuzione di pacchi viveri e vestiario, docce , prodotti per l’igiene personale) e più di 270 mila interventi per fornire un posto dove stare a queste persone bisognose. Queste le amare conclusioni del rapporto 2017 su povertà giovanili ed esclusione sociale realizzato dalla Caritas italiana dal titolo indicativo “Futuro anteriore”, dove addirittura emerge che la situazione dei minori è ancor più inquietante contando 1 milione 292 mila di essi che versano in situazione di povertà assoluta. Ne parliamo con don Marco Strona, direttore della Caritas Diocesana Fabriano-Matelica.

Marco, una forte preoccupazione per lo stato di indigenza di molti giovani, a livello locale com’è la situazione ad oggi?

Purtroppo problematica. Il forte tasso di disoccupazione, che non sembra diminuire, costringe molti giovani a lasciare il territorio per tentare di trovare un lavoro o in Italia stessa (soprattutto al Nord), oppure addirittura all’estero. Le famiglie in stato di necessità, per quanto riguarda la nostra diocesi, stanno aumentando. Dal 2015 ad oggi, ad esempio, sono aumentati di 300 unità gli interventi fatti dalla Caritas alle singole famiglie. Nel 2015 sono state circa 700  (per l’intera diocesi) le famiglie che si sono rivolte presso i nostri centri di ascolto e a cui è seguito un intervento diretto. Al 31 dicembre 2016 il tasso è aumentato di circa 200 unità: le famiglie a cui è stato erogato un aiuto da parte nostra sono state circa 800. I dati riportati al 31 dicembre 2017 sono ancora più drammatici. Sono stati fatti circa 1.000 interventi, il che significa che più di 1.000 famiglie si sono rivolte alla Caritas.

Chi sono i “nuovi poveri” e a quale età media si rivolgono alla vostra organizzazione?

L’età media delle persone che si rivolgono a noi è di circa 40-45 anni. Purtroppo le conseguenze della mancanza del lavoro, quindi della precarietà stessa della vita, porta molti a cadere in depressione, che è divenuta sicuramente una piaga e una triste conseguenza della disoccupazione. Le altre nuove forme di povertà sono segnate dalla solitudine, dall’emarginazione e dal razzismo (che purtroppo sta crescendo) e dalle dipendenze da alcol, droghe ma, soprattutto, dal gioco d’azzardo.

Sono solo stranieri o ricevete richieste da parte di cittadini italiani, anche residenti in zona?

Entrambi. Al 31 dicembre 2017 la percentuale maggiore delle persone che si sono rivolte nei nostri centri di ascolto è italiana (79%). A questo dato segue la componente del Nord-Africa e infine i paesi dell’ Est-Europa. Ma, come possiamo vedere, il numero maggiore è costituito da italiani, la maggior parte dei quali è residenti in zona.

Quali sono le principali necessità a cui la Caritas Diocesana è chiamata ad intervenire?

Il problema maggiore è sicuramente la mancanza di lavoro. È triste dover ogni giorno ascoltare tante storie di persone rimaste in mezzo alla strada e costrette a vivere in casa, a volte senza luce e senza riscaldamento. Da parte nostra, cerchiamo di ascoltare, accompagnare e per quello che possibile trovare una soluzione per queste persone, soprattutto mediante il coinvolgimento delle Istituzioni e delle altre associazioni e realtà, con cui siamo costantemente in contatto. Siamo convinti che le soluzioni si possono trovare, ma si possono trovare solo in sinergia e non agendo come monadi assolute. Devo dire che si sta cercando, anche con piccoli successi, di lavorare insieme su questa linea.

Riguardo la situazione dei giovani siamo di fronte ad una povertà non solo materiale ma, soprattutto,  alle conseguenze che la stessa comporta, quali l’impossibilità di progettare un futuro, un impedimento nel proseguire un corso di studi e quindi un impoverimento anche dal punto di vista culturale ed educativo. In questi casi come si sostanzia l’aiuto della Caritas?

Da diversi anni la Caritas diocesana propone dei corsi di formazione. Penso, ad esempio, al corso di formazione per badanti, al corso di cucito  o al corso di italiano per stranieri. Questi sono ovviamente dei segni che indicano l’accompagnamento quotidiano che la Caritas, anche attraverso le varie realtà presenti nel territorio, opera .

Stiamo pensando per il futuro anche ad altri corsi di formazione e ad altre iniziative.

Come ognuno di noi può offrire un aiuto concreto alla Caritas Diocesana? Quali sono le difficoltà che incontrate maggiormente in questo momento?

Un grande aiuto sarebbe, sicuramente, quello di conoscere da vicino la nostra realtà, che è la realtà stessa della Chiesa. La nostra sede è situata in Largo Fratelli Spacca  n° 9 (di fronte alla Chiesa di San Domenico), siamo aperti tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 14. Da qui è possibile conoscere da vicino tante persone e tante situazioni del nostro territorio,  è possibile anche trovare una strada da percorrere insieme per dare un volto di speranza e di misericordia.

Si è appena concluso il periodo natalizio, un momento particolare dell’anno in cui questa emergenza viene più sentita, soprattutto a livello psicologico. Si è fatto abbastanza per i poveri del nostro territorio o a livello sociale si sarebbe potuto fare di più?

Proprio per dare un segno di prossimità verso le tante forme di povertà che abbiamo visto la diocesi di Fabriano-Matelica, mediante un lavoro coordinato dalla Caritas e che ha visto il coinvolgimento diretto di tante associazioni, realtà e istituzioni, con il Comune in prima fila, ha organizzato un “pranzo della carità”. Al pranzo erano presenti 300 persone a mangiare, più circa 100 tra volontari e cuochi. Insomma, abbiamo assistito ad un vero e profondo momento di comunione e condivisione. È il segno di una città e di un territorio che non si lasciano scoraggiare dall’indifferenza e dalla disperazione ma che hanno voglia di cambiare le cose, spendendosi in prima linea per la carità.  Bisogna solo trovare gli stimoli giusti, a cominciare dalle relazioni autentiche e dalla collaborazione che bisogna sempre più coltivare e custodire.

Gigliola Marinelli