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UN’ESTATE AL MALE, STILE ELETTORALE, E VEDERE DA LONTANO I SONDAGGIONI-ONI-ONI…

“Vogliamo andare alle urne il più presto possibile. Lo ripetiamo come dischi rotti da mesi. Però dobbiamo scantonare dall’ipotesi di una campagna elettorale vissuta sui pedalò o passeggiando tra le caprette in Alto Adige”. Così, ieri mattina, l’erculeo ed accigliatissimo Fabio Rampelli (capobranco di Fratelli d’Italia alla Camera) dinanzi al cartonato della sala stampa di Montecitorio fotografava con inatteso humor britannico l’ultima trovata dadaista del sistema politico italiano. In 71 anni di Repubblica di tutto si è fatto, visto o sentito. Però il mega-ring elettorale piantato sotto il solleone agostano no, è nel campo delle new entry più assolute. Ma ricapitoliamo.

“Quando si vota lo decide il presidente Mattarella”. Ecco: questa frase ponziopilatesca, che dal più ulceroso dei leghisti come Invernizzi fino al meglio fricchettone dei “compagni” stile Placido, passando per il sempre più ciarliero grillino Bonafede, i parlamentari ripetono in loop come se fossimo tutti scesi dalla montagna del sapone l’altroieri, dovrebbe valere da sola l’interdizione dai pubblici uffici. Sì, tecnicamente l’ultima parola sul rompete le righe delle due camere spetta all’impolverato Mattarella. Però rimaniamo aggrappati alla realtà. Qui ci sono le quattro compagini più nutrite dell’emiciclo che, epilogo impensabile solo fino a 15 giorni fa, si sono accordate sulle regole del prossimo torneo: Pd, M5s, Lega e (adesso che Silvio è conscio che neanche nell’anno venturo potrà candidarsi) pure Forza Italia. Ieri, di fronte a un termos con sei ettolitri di caffè, in commissione Affari Costituzionali alla Camera ha fatto capolino il maxi-emendamento Fiano. Che, per farla breve, tramuta l’ormai superato Rosatellum (nickname che si addiceva più a un vino frizzante che a un marchingegno elettivo) nel nuovo sistema di stampo tedesco. Un testo base nuovo di pacca perciò, con allegata una festante cartina geografica dello Stivale suddiviso in 303 colorati collegi e 27 altrettanto variopinte circoscrizioni.

Ora, senza distruggerci le parti intime con road map o cronologie di passaggi parlamentari vari, c’è da essere schietti: per fine luglio la cera lacca definitiva sul faldone della legge elettorale teutonica può arrivare davvero. E prendendo in prestito una frase spesso usata da Renato Brunetta e rilanciata a microfoni spenti fuori dalla direzione Pd anche dallo stesso Emanuele Fiano, “quando una pistola è carica solitamente si spara”. Insomma, raccontiamoci ancora la rassicurante ramanzina del “c’è da mettere i conti a posto” (con l’ormai appassito governo Gentiloni sarebbero in una botte di ferro, sti conti?), ma qui sono tutti d’accordo: piaccia o no, l’ipotesi del voto in pieno vendemmia-time non è stata mai così plausibile come nelle ultime 48 ore.

E qui torniamo alla frase tra l’angosciato e il burlone del prode Rampelli: ad agosto, sto giro, ci apprestiamo a vederne di ogni. Questa rubrica nasce per leggere con chiavi di puro cazzeggio l’agone politico, ma qui la realtà rischia di mettere la freccia e di superarci fischiettando. Così, eccoci, nella nuova frontiera del kitsch che già possiamo immaginare, tra milioni di posti di lavoro annunciati durante una cocomerata ferragostana in Versilia, nuove riforme della giustizia illustrate durante le operazioni di acqua-gym in zona lungomare Tintori di Rimini, tagli di tasse millantati durante il mega party del riccio di mare a Porto Badisco e redditi di cittadinanza e/o inclusione e/o dignità strillati di fronte a mirabili tramonti amalfitani. Tuffiamoci nell’indicibile dunque.

Salvini ha già fatto sapere che dalla sagra degli “osei” di Sacile in Friuli a quella della “vastedda” di Gratteri in Sicilia, nel mese di agosto prenderà parte a 500 feste paesane (16,6 al giorno): dall’una all’altra si sposterà correndo per evitare al 10 settembre di sfiorare la mezza tonnellata di peso. Berlusconi, in seguito alla sua svolta animalista, trasformerà uno yacht di 88 metri in ridente arca di Noè con la quale girerà i principali porti italiani distribuendo crocchette, mangimi e leccornie vegan. Niente però di paragonabile a ciò che farà Di Battista, che percorrerà tutti i 7 mila km di coste italiane su un quad al quale è stato montato il motore della McLaren di Hakkinen del ’99 (sfiora i 320 orari), seguito in fila indiana dalla scia (quasi chimica) dei 29 mila scooter con sopra altrettanti iscritti alla piattaforma Rousseau. Come Renzi, invece, nessuno mai. Il 31 luglio la sua campagna partirà con un lungo e radioso comizio dal ponte sullo Stretto di Messina, che ancora non c’è ma lui camminando sulle acque ne annuncerà la venuta. Al neo-portavoce Pd Richetti sono state date istruzioni chiare: il suo volto dovrà essere ovunque. Sulle creme solari, sulle t-shirt dei venditori di cocco, persino sui bocchettoni dell’aria condizionata dei treni. Che, qualora dovessero guastarsi, conterranno una vocina metallica che spiegherà come con la vittoria del “sì” al referendum ciò non sarebbe successo. Rinascerà in definitiva il Festivalbar e sarà condotto dalla Boschi in tandem con Sandro Gozi, mentre ad ogni casello autostradale a tutte le auto verrà data una borsa frigo gratuita, con sopra effigiata una trivella e l’hashtag #ciaone, e all’interno una selezione di specialità di Eataly scelte accuratamente da Oscar Farinetti.

Sarà un agosto di sofferenze invece per Angelino Alfano. Per superare la soglia del 5% tenterà la via estrema della marcia anti-estinzione: ruberà il logo al Wwf sostituendo il noto panda con la faccia di Formigoni. Al resto penserà la Lorenzin con una nuova tambureggiante campagna per la fertilità per poter consentire nel buio dell’urna anche ai feti di votare. Dura la situazione anche tra i 321 mila partiti alla sinistra del Pd. I cui leader, per evitare di dividersi, si incateneranno l’un l’altro da Civati fino a Turigliatto in un’enorme flash mob che si estenderà da Livorno fino a Turi (in omaggio a Gramsci): purtroppo ci sono già attriti perché nessuno vuole incatenarsi con D’Alema. Non si incateneranno ma si ammanetteranno alle grate di Palazzo Madama i verdiniani, che di manette ne hanno in abbondanza. Non avendo chance di entrare in Parlamento, invece, Fitto ha già proclamato l’indipendenza del Salento, Mastella quella del Sannio e Casini quella del suo rione.

Ogni forza politica ha incaricato ad un artista l’arrangiamento di un tormentone estivo-elettorale. Renzi in toscano stretto lo ha chiesto a Jovanotti, Di Maio a Fedez, Berlusconi ad Apicella, Salvini al coro degli Alpini della Val Camonica, D’Alema e Bersani alle “Scissor Sisters”, Alfano agli Zero Assoluto.

Ecco, ce la immaginiamo così la nostra agognata estate: come una grande ascesa al Calvario. Oggi il testo arriva in Aula, e li capiremo se per agosto ci servirà la protezione 50 o direttamente lo scafandro.

Valerio Mingarelli