EDUCARE ANCHE ATTRAVERSO LE SANZIONI

di Jacopo Del Pio

“Diffondere le cultura della legalità”. Non è solo uno slogan nato dal famoso politicamente corretto, che una volta tanto non partorisce frasi preconfezionate dettate da idee che cozzano con la realtà, ma da una necessità sempre più fondamentale per prevenire il perdersi nella selva della vita, costellata di ostacoli. Nello specifico si tratta di controlli a tappetto e sempre più frequenti da parte delle forze dell’ordine sul consumo di sostanze stupefacenti.

Destinatari di questa cultura, soprattutto i giovani che sempre più secondo sondaggi, cronache e testimonianze degli stessi, assumono diversi tipi di droghe già da minorenni. Strettamente connesso al discorso “cultura della legalità”, sta l’annoso dibattito sulle conseguenze dell’uso di droghe leggere o pesanti. Secondo uno studio del Dipartimento Politiche Antidroga del 2014, stima che circa il 10% della popolazione in Italia (15-64 anni), quasi 4 milioni, ha assunto almeno una volta nell’ultimo anno una sostanza illegale. Cannabis e cocaina sono le droghe più diffuse. Lo afferma l’ultima Relazione annuale al Parlamento sulle dipendenze (2015) del Dipartimento delle politiche antidroga. Un fenomeno che stima un giro di affari annuo di 22,96 miliardi di euro; più le spese per la comunità per la repressione, di circa un miliardo di euro.

Per quanto riguarda eroina e cocaina la condanna dell’uso, è indiscriminato per tutte le fasce d’età, mentre la disapprovazione per la cannabis diminuisce nelle le fasce più giovani: dal 93-92% dei 55-64enni al 61-67% di 15-24enni. In sostanza, la maggior parte dei ragazzi e circa un terzo delle ragazze, non manifesta disapprovazione all’utilizzo di cannabis.  Ed è proprio da questa fetta che non ne disapprova l’uso che bisogna continuare a “battere” diffondendo la cultura che anche con le droghe leggere pur facendone un uso moderato (quante volte al giorno significa “moderato”?), si ricevono comunque gravi danni al cervello (a distanza di anni si vedono i primi effetti).

Dove l’educazione però non sortisce gli effetti sperati, bisogna intervenire con mezzi più concreti, pesanti se preferite, ma necessari. Non per danneggiare i ragazzi, ma per aiutarli a venirne fuori. A far capire che non è quella la strada per essere fighi e dare di sé un’immagine migliore. Non è quella la strada per sopportare meglio situazioni personali o famigliari difficili. Non è neanche la curiosità di provare che effetto fa il loro consumo, che possa giustificarli. Perché poi la situazione può degenerare. Si cresce anche con le punizioni e con i divieti. Il ragazzino ligure 15enne di Lavagna, che purtroppo si è ucciso gettandosi dalla finestra dopo esser stato scoperto durante una perquisizione, non va assolutamente collegato al controllo effettuato dai finanzieri. Si deve sapere che ad ogni azione corrisponde una precisa conseguenza. Assumersi le proprie responsabilità e non dare la colpa ad altri. Quindi la legalizzazione non credo sia la riposta giusta. Almeno a livello del singolo, dato che solo lo Stato ne trarrà giovamento dai proventi che ne riceverà. Ma qui c’è in gioco la vita delle persone coinvolte e della comunità stessa, perché la cronaca ce l’ha sempre raccontato quali siano le conseguenze quando si imboccano certe strade. Quindi cultura della legalità fuori discussione, ma pure le azioni repressive (se cosi possono esser definite le sanzioni giustamente previste per queste cose). L’educazione, passa anche attraverso le punizioni. Col dialogo, le cose vanno spiegate e fatte capire. Altrimenti il diniego appare infondato, quindi ingiusto. Quando le motivazioni del divieto anche se chiari, non vengono accettate, è qui che deve entrare in gioco l’azione repressiva, la punizione. Mai rinunciarvi per paura di “fare peggio”. Per aver scelto di tollerare sempre di più ogni cosa, ora ci ritroviamo in una società di cui ce ne lamentiamo quasi tutti: sempre più materialista, cinica, ipocrita, omertosa, assente, dove conta più l’apparire che l’essere. Dove i giovani si sentono in diritto di fare quel che vogliono senza avere poi il coraggio di rispondere delle proprie azioni.

Il suicidio del ragazzino ligure, è l’ennesima dimostrazione che la nostra società sta fallendo sia sul piano pedagogico che sociologico. Ma non per la repressione indistinta sull’uso di stupefacenti, ma perché non ci sono più appunto, i valori veri che caratterizzavano la nostra società qualche decennio fa. I nostri genitori sono cresciuti in ben altro modo, anzi a schiaffi e punizioni quando servivano. Ed in pochissimi di loro son poi venuti su delinquenti o malati psichici per la rigida educazione avuta. Sembrerà la solita retorica o frase “da bar”, ma se ci si riflette ci si accorge, nei fatti, che non è cosi.