‘ABOLIRE IL CARCERE’, UN INCONTRO A FABRIANO

Prosegue l’attivita’ della Associazione Giuridica Fabrianese “Carlo Galli” nell’ambito di un serie di appuntamenti sulla legalità , con un incontro in cui verrà presentato il libro “ABOLIRE IL CARCERE,” una ragionevole proposta per la sicurezza dei cittadini. L’appuntamento è per il 29 settembre, alle ore 16, all’Oratorio della Carità.

Si tratta di un libro a più mani firmato da Luigi Manconi, Stefano Anastasia, Valentina Calderone, Federica Resta, che illustra una serie riforme “ragionate e possibili” per cambiare l’attuale sistema sanzionatorio, garantendo la sicurezza dei cittadini. IL CARCERE non riabilita, esclude, emargina e riproduce delitti. Sbarre e celle costringono i detenuti in spazi estranei e angusti dove cambia la percezione dello spazio e del tempo e, soprattutto, non garantisce la sicurezza dei cittadini. Il carcere annienta, non salva e, dunque, deve perdere la sua centralità. Luigi Manconi, parlamentare e fondatore di Buon Diritto, associazione per la libertà, ricorda che, fra coloro che escono dopo aver scontato la pena, ben il 68% torna a delinquere; una percentuale assai maggiore di quella che si registra tra chi ha beneficiato delle misure alternative o ha pagato con sanzioni diverse dalla reclusione. E allora, come intervenire per spezzare quella logica che affolla i penitenziari italiani all’inverosimile, ma non produce un calo di criminalità né mette al sicuro i cittadini? Il libro, Abolire il carcere (Chiarelettere), tenta una risposta e avanza un decalogo di proposte per cambiare un sistema che si rivela addirittura dannoso e che, secondo le parole pronunciate nel 2013 dall’allora capo dello Stato, Giorgio Napolitano, si configura come “una realtà non giustificabile in nome della sicurezza”.

L’argomento sarà affrontato con uno degli autori , il Prof. Stefano Anastasia docente di filosofia e sociologia del diritto – Università di Perugia, Garante detenuti Regioni Lazio e Umbria e con il Dott. Gherardo Colombo, ex magistrato, fondatore della associazione “Sulle Regole”, presidente Garzanti Libri. L’evento si terrà a Fabriano presso l’Oratorio della Carità il giorno 29 settembre 2016 con inizio alle ore 16,00 ; è accreditato per la formazione degli Avvocati, ma è aperto al pubblico per cui la cittadinanza è invitata a partecipare. Perché partecipare? Perché gradualmente si sta andando nella direzione auspicata nel libro e molte volte ci domandiamo ed accusiamo il legislatore di prendere determinate direzioni diversamente da come pensiamo noi potrebbe e dovrebbe essere la pena che si commina per un reato. Ma leggendo il testo e soprattutto sentendo gli autori si può comprendere perché il Legislatore decide diversamente da quella che la nostra logica vorrebbe. La Costituzione all’Art. 27 al terzo comma stabilisce il principio della finalità rieducativa della pena: la pena non è una vendetta, né un esempio per convincere gli altri a non commettere lo stesso reato. L’obiettivo della pena è fornire al condannato gli strumenti necessari per reinserirsi nella società rispettando le regole fondamentali della convivenza civile. Perché ciò accada è necessario che la pena rispetti la dignità del condannato: per questo nella nostra Costituzione sono vietati i trattamenti contrari al senso di umanità. L’ultimo comma dell’articolo 27 stabilisce che in Italia non è ammessa per alcuna ragione e in nessun caso la pena di morte. Si tratta della logica conseguenza di quanto affermato nel terzo comma: una pena che preveda l’eliminazione del condannato, infatti, non avrebbe come obiettivo il suo reinserimento nella società e sarebbe contraria al principio di umanità, perché violerebbe il suo diritto alla vita. Ma quando il carcere non riesce nella sua opera rieducativa, il Legislatore deve trovare una soluzione al fine di rispettare la Costituzione.

Il Libro illustra una serie riforme “ragionate e possibili” per cambiare e garantire davvero la sicurezza dei cittadini la risposta al reato deve essere totalmente diversa e, soprattutto, differenziata: non una pena, la stessa per tutti e la più inutile (come il carcere oggi), ma la più appropriata per ogni reato e ogni soggetto. Così, le sanzioni patrimoniali (multa, confisca, ecc.) saranno molto più efficaci, perché più dissuasive, per tutta l’area della criminalità economica e “da colletti bianchi”, in quanto capaci – ben più del carcere – di annullare i vantaggi derivanti dal reato. Per altro verso, un ampio ricorso a prestazioni lavorative quale risarcimento ed a prestazioni riparative in favore della vittima consentirebbe di tutelarne i diritti ben più di quanto lo permetta l’attuale sistema penale. Tali prestazioni dovrebbero poi essere il presupposto per la composizione del conflitto attraverso la mediazione penale, che sta dando, in molti Paesi europei, ottimi risultati anche in termini di prevenzione della recidiva, realizzando, meglio di ogni altra, quel reinserimento sociale cui la pena deve tendere secondo Costituzione e che, prevenendo la recidiva, garantisce davvero la sicurezza dei cittadini. Altra possibile soluzione potrebbe essere la depenalizzazione per i reati meno gravi, l’abolizione dell’ergastolo, l’applicazione di misure alternative a largo raggio, le sanzioni pecuniarie, l’esclusione dei minori dal carcere e la concessione dei domiciliari alle detenute con figli fino ai 10 anni. “Il carcere è un lungo e minuzioso processo di spoliazione, dal primo ingresso fino al momento dell’uscita (se uscita vi sarà).”, sottolinea Manconi. E ammonisce Gustavo Zagrebelsky nella sua postfazione: “Diciamo che il crimine determina una frattura nelle relazioni sociali. In una società che prende le distanze dall’idea del capro espiatorio, non dovrebbe il diritto mirare a riparare la frattura?” Il carcere può perdere la sua centralità e venire sostituito – non solo agevolmente, ma anche assai più efficacemente – da sanzioni diverse dalla detenzione in una cella chiusa. Gli autori propongono un decalogo che in sintesi possono essere così riassunte per arrivare progressivamente e in modo efficace all’abolizione del carcere:

1) salvo per le violazioni più gravi di diritti e interessi fondamentali, depenalizzare tutto ciò che è possibile;

2) cancellare la “pena di morte occulta” (come Papa Bergoglio ha definito l’ergastolo) e ridurre le pene detentive.

3) diversificare il sistema delle pene, rendendo il carcere un’extrema ratio cui ricorrere solo nei casi di eccezionale gravità;

4) concentrare il processo penale su fatti realmente meritevoli di sanzione, anche attribuendo la capacità di estinguere il reato ad azioni (riparative, risarcitorie, ecc.) prestate dall’imputato in favore della vittima o della collettività;

5) ammettere la custodia cautelare solo in presenza di spiccata pericolosità dell’imputato, imponendo negli altri casi misure non detentive, di natura interdittiva, prescrittiva, pecuniaria;

6) potenziare al massimo le alternative al carcere, così da offrire a ogni detenuto una reale opportunità di reinserimento sociale;

7) garantire i diritti fondamentali dei detenuti e superare il “carcere duro” e i vari circuiti penitenziari differenziati;

8) umanizzare il carcere per quanto riguarda i luoghi e le funzioni che sopraviveranno alla sua abolizione;

9) mai più bimbi e minori in carcere: per questo alle madri di bambini sotto i 10 anni vanno riconosciuti sempre i domiciliari o l’assegnazione a case-famiglia e istituti analoghi;

10) dopo l’effettivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, si deve garantire che nei confronti degli autori di reato affetti da disagio psichico, le misure di sicurezza detentive siano sostituite con altre finalizzate alla riabilitazione e alla cura. La cella si chiude e questa è la tua nuova e improbabile famiglia, che non tarderà a farti conoscere le regole della sua casa dentro le regole del condominio penitenziario. La tua vita d’ora in poi, nella maggior parte dei casi, si svolgerà tutta lì. Tra quelle quattro piccole mura circondate da mura più grandi. Con poco o niente da fare tutto il giorni, per tutti i giorni della tua pena. Per questo pensiamo, molto semplicemente, che se si conosce davvero la realtà del carcere, risulti molto difficile augurarsi che altri ne facciano esperienza. Sta tutta qui, forse, la prima e più profonda ragione della nostra volontà di fare a meno dell’istituzione penitenziaria.