ATTENZIÒ! BATTAGLIÒ! – di Laura Trappetti
La scorsa settimana ho scritto di resa e disarmo, scelta inedita, e talvolta vincente, di affrontare i conflitti. Molto spesso in questa rubrica ho posto l’accento sull’aggressività nelle relazioni, sulla necessità di sovvertirla, pena il restarne irrimediabilmente schiacciati. E’ un discorso che faccio un po’ a puntate perché non si può esaurire in poche righe e certamente non ho la pretesa di avere soluzioni, semmai quella di mettere in campo piccole provocazioni, nella speranza di contribuire a una presa di coscienza diffusa su quanto questa dinamica ci spinga a un progressivo degrado. E’ il deterioramento dei rapporti, l’isolamento astioso che ne deriva, che inevitabilmente porta a uno svilimento di noi come esseri umani, poiché l’uomo è un animale sociale che se non crea legami solidali con gli altri, rinuncia a una parte di sé e smette di essere umano. Resta l’essere umano incattivito, senza l’intelletto per capire quando l’aggressività è necessaria e quando invece va contro la sopravvivenza della sua specie. Sarebbe fin troppo facile, guardandosi intorno, osservando le cronache, elencare casi che ci fanno ben dire che l’umanità non esiste più e che le persone sono viste come merci, come cose, solo come bersagli su cui scaricare frustrazione e violenza. Nel quotidiano l’esempio minimo è la diffidenza: si guarda l’altro con sospetto, gli si attribuiscono spesso secondi fini che non ha, il più delle volte proiettando su di lui una mal disposizione di fondo tutta nostra. Ora mi chiedo? Se il disarmo può essere uno strumento utile ma eventuale, quale soluzione c’è per scardinare fino in fondo questa negatività strisciante? Gandhi diceva: sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. Così probabilmente, dopo aver deposto le armi, potrebbe essere utile iniziare ad essere qualcosa, tutto quello che a chiacchiere rimproveriamo agli altri che non sono, iniziare noi. Poi portare a spasso noi stessi come una bandiera, sopportare il ringhio degli scoraggiatori, il brusio della critica perché ci mettiamo in mostra, il giudizio del “chissà cosa c’è sotto” e sorridendo andare, come se niente fosse. Se a fare questo resta uno, è matto; ma se un altro lo segue e un altro ancora, allora cambia tutto: è rivoluzionario.
Laura Trappetti