ONOREVOLE, LEICE(STER) O CI FA?

“Mi avete preso per un coglione? No, sei un eroe! Mi avete preso per un coglione? No, sei un eroe! Mi avete preso per un coglione, sotto la mano mi fa male!”. Chissà se in questi giorni Claudio Ranieri avrà pensato a Oronzo Canà-Lino Banfi e alla fiabesca salvezza della Longobarda nel cult pelotaro “L’allenatore nel pallone”. Sballottato e tirato per la giacca ovunque, il commodoro del prodigio Leicester è sulla bocca (e nelle corde vocali) di tutti. Ma proprio tutti. Il suo carro del vincitore ricorda molto più la nave di Exodus: intere fronde di retori ci stanno saltando sopra a piedi pari. Nel Belpaese poi la melassa è senza precedenti: se il sopracitato carro del nocchiero testaccino dovesse malauguratamente ribaltarsi, al prossimo censimento l’Italia conterebbe gli abitanti delle isole Far Oer. Soprattutto, Montecitorio diventerebbe il deserto del Gobi e come candidati al Campidoglio e all’Aula Giulio Cesare rimarrebbero soltanto le nutrie del Tevere, i maiali di Boccea, i puledri di Capannelle e (tra una defecata e l’altra su piazza dei Cinquecento) gli indemoniati storni.

Il successo dei Foxes conferma che siamo un popolo di ultras su tutto: calcio, politica, musica, cinema. Persino sui vini: non meraviglierebbero un veneto e un piemontese intenti a prendersi a bottigliate nella baruffa del “rosso” tra Barbareschi e Valpolicelle. In particolare però, nell’epopea della “tuttologia” social, i bomber della politica nostrana hanno preso (come se ne avessero pochi) un nuovo vizio: quello di intestarsi imprese, medaglie, coppe e coppette sportive. Da quando ha fatto capolino come “maschio alfa” dell’agone, Renzi in questo è onnivoro (e onnipresente). C’è lui a sgasare in moto con Valentino Rossi. C’era lui a guidare Nibali dall’ammiraglia sulle salite pirenaiche del Tour de France 2014. Ed era sempre lui agli US Open del settembre scorso a tenere in mano la racchetta della sublime Flavia Pennetta. L’altro Matteo (Salvini), neanche a dirlo, lo ha sempre seguito a ruota: a ogni tweet decoubertiniano del premier ne è arrivato (puntuale come la Tasi) uno suo.

Sulla Premier League sgraffignata (in senso positivo eh) dal Leicester però i nostri “cavalletti” della Repubblica si sono superati: dall’inquilino di Palazzo Chigi fino all’ultimo degli assessori della Garfagnana il giubilo ha irrigato ogni profilo social. “L’Italia è ancora grande nel mondo: complimenti Ranieri!” è stato il tweet-mantra dei nostri filibustieri incravattati. Essendo appunto Ranieri un figlio della Lupa, l’impresa del mister 64enne nella terra della “Perfida Albione” ha interrotto la nenia del disco rotto fatta di buche, autobus paleolitici e monnezza della campagna elettorale romana. “Orgoglio romano” ha twittato Giorgia Meloni. Cinque minuti dopo è arrivato Marchini con “I sogni a volte diventano realtà”. Entrambi utilizzando la stessa foto del timoniere dell’Urbe (manco fosse una prova di apparentamento). Quindi Giachetti, romanista (e retore) doc. La Raggi conosce il calcio come io il punto croce (non che sia una colpa), ma gli altri romani del M5S (dalla Taverna a scendere) non hanno lesinato zuccherini social al mister.

Lo scettro della temerarietà va però agli intrepidi esponenti di Sel Furfaro e Fratoianni: con due messali chilometrici su Facebook, hanno plaudito la cavalcata dei Foxes come rivalsa nuda e cruda della lotta di classe. In pratica, stando alle loro argomentazioni, siamo alla classe operaia che va in paradiso a scapito dei lussuriosi portacolori del capitalismo avido. Incarnati dai due team di Manchester con le loro scostumate montagne di sterline e dal lotto delle londinesi (con Abramovich del Chelsea e i suoi rubli sfacciati in testa). Roba da far impallidire persino il marxista-leninista più indefesso. A Trieste, col candidato sindaco veterocomunista (tal Furlancic), il folle abbinamento ha raggiunto vette inespugnabili: “Sarò il Leicester della politica giuliana” ha scritto il nostro eroe sui manifesti elettorali. Uscita da Lercio.it (o da TSO, fate voi).

A questo punto alcuni miti bisogna sfatarli dopo sto surplus di carie da tweet e slogan meringati, partendo dal fatto che quella dei Foxes è stata una vittoria mirabile, pazzesca e strameritata. Ci sono però alcuni aspetti che vanno analizzati, onde evitare di prenderci per i fondelli.

1) Vittoria italiana senz’altro lo è stata in materia tattica ma in senso dispregiativo: il Leicester ha esibito un clinic catenacciaro spalmato su 38 gare da far apparire Gipo Viani e Alfredo Foni, veri precursori del “prima non prenderle” all’indomani della guerra, due pionieri del tiki-taka. Difesa arcigna, botte da orbi e ripartenze fulminanti: i Foxes hanno dominato così. Concretezza sì, spettacolo (come ha sentenziato qualche ciarlatano) proprio no.

2) Gli stessi che oggi si sbrodolano nella Capitale per Ranieri, sono gli stessi che il 25 aprile 2010 gli diedero del fallito (politici in primis, do you remember Storace?) per il tricolore buttato alle ortiche con l’harakiri interno con la Samp. Coerenza chiama.

3) Leicester favola operaia un corno: il proprietario thailandese Vichai Srivaddhanaprabha, oltre ad avere un nome che ricorda il mio codice fiscale, possiede i Duty Free degli aeroporti di mezzo pianeta. Alla faccia della bassa manovalanza e dell’azionariato popolare: il tycoon dell’Indocina ha foraggiato 150 milioni di sterline in quattro anni e la sua “franchigia” calcistica ora ha un volume d’affari più alto di quello del Napoli nella nostra serie A. Accostare il proletariato alla Premier League come fanno gli orfani del “Bottegone” è come mettere il sale grosso nel cappuccino.

4) Se i nostri draghi della politica volevano davvero una storia di sana rivalsa della povertà potevano lodare il volo in A del Crotone, vera realtà pallonara con una scarpa e una ciabatta. La Calabria però non ha l’esotismo delle Midlands, e per i magici nipotini di Rino Gaetano non è arrivato nessun tweet dalle parti di Montecitorio.

5) Se la leccata di natica proprio è irrinunciabile, almeno è il caso di informarsi meglio prima di partire a testa bassa sulla tastiera. Vardy è vero che ha fatto l’operaio, ma non è un avvinazzato cronico come solo in Italia lo tinteggiamo. Mahrez non è la reincarnazione di Cristiano Ronaldo, ma un buon centrocampista (quello sì). Soprattutto, il miracolo Leicester non è affatto a buon mercato: la Trojka Uefa infatti ha messo più di una lente di ingrandimento sui britannici in tema di fair play finanziario. Infine, ma questo solo per Gasparri: si dice Leister, non Leisester.

Valerio Mingarelli