IDIOTA 2.0 – di Laura Trappetti
Raramente si leggono buone notizie, la società che i media ci rimandano fa rabbrividire e soprattutto scoraggia. Di fronte a questo, spesso mi estraneo e mi rifugio nelle piccole cose belle che incontro nel mio lavoro nel Teatro. Negli ultimi tempi questo mi è riuscito bene, perché è questo il momento dell’anno per me più frenetico: laboratori, spettacoli, performance ed esiti di percorsi più o meno lunghi, la Rassegna Nazionale del Teatro della Scuola, la mia compagnia. Una nicchia in cui tutti si parla un certo linguaggio e il buono, la volontà, la creatività delle persone emergono in tutto il loro splendore. Oggi però un fatto che è successo proprio non vuole lasciarmi in pace: a Torino tre ragazzine di quindici anni sono state sospese da scuola perché, durante una crisi epilettica di una loro compagna, si sono fatte dei selfie irridenti con la poveretta sullo sfondo e hanno diffuso poi il tutto tramite whatsapp. Blanda la sanzione comminata, corredata di timido suggerimento, nei tre giorni di forzata assenza, di fare volontariato. Come sempre avviene in questi casi, si assiste soltanto alla fine di un dramma che deve invece essere per forza molto più ampio, che deve esistere da chissà quanto tempo. Quale sospensione prima di questa deve essere avvenuta nelle coscienze di queste ragazze? E prima ancora dove sono rimasti impigliati la compassione e il rispetto per la sofferenza altrui? Quale ingorgo di non senso fra messaggini ed emoticons, unghie laccate e pose con le boccucce a culo di gallina e il mettere cretinate e cose serie, dolorose, tutte sullo stesso piano, nel voler essere “popolari” a qualunque costo, deve essersi creato in queste creature fragili e spietate? Quando Dostoevskij iniziò a scrivere “L’idiota”, il cui protagonista è proprio un uomo colpito da epilessia, in una lettera confessò la sua paura di “raffigurare un uomo assolutamente buono. Niente, secondo me, può essere più difficile di questo, al giorno d’oggi soprattutto.” Non ho la percezione di come potesse essere il suo “giorno d’oggi”, ma vedo che questo giorno non giunge mai al tramonto, data la totale assenza di empatia che ci sommerge. Eppure sono tre ragazzine, non posso non pensare che siano lo specchio di altro. Myškin ne”L’idiota” parla del Cristo morto di Hans Holbein e dice “quel quadro potrebbe anche far perdere la fede a qualcuno”; lo stesso effetto che può fare il riflesso di questo specchio o un selfie: buio, sipario, fine.