SANTINI (PD): ‘RISORGERE E’ POSSIBILE’ – L’intervista di Gigliola Marinelli

Dopo la tornata elettorale delle Elezioni Regionali 2015, ho incontrato Stefano Santini, candidato fabrianese del Partito Democratico, per parlare della nostra città: ripartire da Fabriano con fiducia e con il desiderio di condividere nuove idee e progetti per ampliare gli orizzonti di un comprensorio che può offrire ancora molto.

Stefano, filo conduttore della tua campagna elettorale è stato il claim” Marcheingegno”. Il nostro territorio è in profonda sofferenza economica, riuscirà la laboriosità e il grande cuore della nostra gente a trovare una via d’uscita alla crisi economica che sta compromettendo ogni settore produttivo locale e non solo?

Risorgere è possibile ma il problema è capire se la nostra gente ci crede oppure no, se è coesa in un percorso di radicale cambiamento oppure no; perché qui prima di tutto si tratta di far uscire da una crisi d’identità gli individui condizionati oramai da decenni di sudditanza psicologica e di libertà d’espressione condizionata. Il paradosso è che siamo una comunità altruista e generosa quando si tratta di fare solidarietà, assistenza, volontariato sociale mentre ci chiudiamo nell’individualismo e nel protezionismo professionale e lavorativo come se sapessimo per definizione che condividere e raccontarci idee e progetti potrebbe farci rischiare etichette di persone deliranti e utopiche. Per un mese e mezzo sono andato in giro a raccontare alla nostra gente e ai rappresentanti dell’associazionismo e del volontariato che l’ingegno che ci farà risvegliare è quello di cui tutti siamo dotati e che è portatore di idee, di esperienze, di conoscenze utili a darci l’identità di comunità ambiziosa che cerca di migliorare le cose. Ecco la notizia, uscire dalla crisi economica significa trasformarci da individui con la propensione ad eseguire i comandi a persone pensanti con la propensione ad intraprendere, preferibilmente in gruppo e senza avere paura di sbagliare; insomma i progetti di successo non ce li hanno solo gli imprenditori di successo e chi governa e amministra la comunità dovrebbe fare di questa regola la prima leva sulla visione del futuro.

La tua professione di industrial designer ti ha messo in contatto con temi come lo sviluppo dei prodotti eco-sostenibili e delle tecnologie innovative. Per Fabriano è possibile attuare questa tipologia di progetti?

Scusa ma Fabriano che cosa avrebbe di diverso dal resto del mondo? Non cadiamo nell’errore di crederci diversi ed eccezionali al punto che noi siamo l’eccezione alla rivoluzione globale che c’è in atto; da professionista posso dirti che la responsabilità ambientale di chi produce beni di consumo (si, anche a Fabriano) è un argomento noto nella nostra conca da vent’anni, il consumo eco-sostenibile (ebbene si, anche per i Fabrianesi) è una pratica virtuosa che in ambito marketing caratterizza un cittadino evoluto da uno incivile nota da almeno quindici anni, la forza dirompente delle tecnologie digitali e della domotica evoluta (pensa, anche nelle case di Fabriano) sono oggetto di studio nelle aziende del nostro distretto da almeno dieci anni…tutto questo per risponderti che a Fabriano, seppur “con il camion della breccia”, ma l’attuazione di questi progetti dovrebbe essere quasi naturale.

La tua esperienza di imprenditore ti ha fatto affrontare le difficoltà delle aziende in special modo riguardo la delocalizzazione. In molti temono un “isolamento” del nostro comprensorio e di Fabriano stessa come centro industriale e produttivo. Cosa ne pensi?

Mi domando, eravamo più isolati quando eravamo noi a inchiavarci da dentro e facevamo entrare e uscire solo chi, quando e come volevamo noi o siamo più isolati adesso che la porta è stata divelta, che non abbiamo più una chiave e siamo “nudi” con la paura che il resto del mondo ci costruisca un’altra porta e la inchiavi da fuori? La faccenda è che lo stress che ha colpito gli imprenditori impotenti di fronte all’ineluttabile corso degli eventi che si sono succeduti dal 2000, eventi molto spesso imprevedibili per forza catastrofica e conseguenze terminali, ha dato la mazzata finale a un ciclo di imprenditoria troppo facilmente retro-orientata e troppo poco umilmente disposta allo studio e all’adattamento verso i cambiamenti globali dei mercati. Insomma è stato un decennio che ha modificato il corredo genetico dell’imprenditoria che è riuscita a resistere e ha fatto selezione di quella che non aveva la condizione “fisica” per resistere all’urto.Il nostro tessuto produttivo ora ha bisogno di nuova imprenditoria, di nuova leadership, di nuovi business e i nostri attuali imprenditori e le multinazionali che controllano gli assets produttivi del nostro distretto dovrebbero essere i primi a invocarla e a sostenerla.

Conoscendo e vivendo entrambi a Fabriano credi che riusciremo a raggiungere la necessaria condivisione di intenti e progettualità volta a risollevare l’economia ma anche la fiducia stessa dei cittadini nelle potenzialità del territorio?

Si, a patto che il prossimo decennio sia basato su un patto sociale condiviso e non tradito alla prima difficoltà o incomprensione; l’imprenditoria si occupi di business, la politica si occupi di riprogettare la città, ascoltare e servire il cittadino, l’amministrazione pubblica sia innovativa e pro-attiva, le fondazioni siano di sostegno, l’associazionismo di categoria crei occasione di crescita professionale e tutti i cittadini siano animati da spirito collaborativo e da critica costruttiva. Una missione generazionale urgente ci attende su tutte, dobbiamo dare il binocolo per guardare il futuro ai 30enni e condividere con loro il timone di guida perché con la velocità e le dinamiche con cui il mondo sta viaggiando neanche un 45enne come me fra cinque anni capirà da che parte orientare il binocolo.

Durante la campagna elettorale abbiamo riscontrato una profonda sfiducia da parte degli elettori nei confronti della politica in generale. Il forte astensionismo ne è stata la dimostrazione. Come può oggi un politico riuscire a coinvolgere nei suoi progetti una popolazione così stanca e disillusa?

Astenersi dal voto per me equivale a perdere il diritto di giudicare chi ti rappresenta a fronte di una decisione presa democraticamente; Mettiamola così, non essendo un’analista politico né tantomeno un politico conformista, mi sono fatto l’idea che quasi la metà degli elettori è andato a votare scheda bianca per cui, abituato a chiamare le cose con il loro nome, questa è una sconfitta dei politici, più che della politica. Ora io credo che, al netto di una certa ottusità a considerare i politici come persone che hanno poteri taumaturgici su ogni aspetto della nostra vita o che hanno una responsabilità in ogni disgrazia che ci capita come individui, la mia idea di buon politico è vicina a quella del buon padre di famiglia (padre = genitore, sennò le mamme mi impiccano): deve dare l’esempio, deve stabilire e far rispettare le regole della convivenza, deve saper ascoltare tutti e poi decidere, deve saper progettare e investire sul futuro, ecc….ecco, io credo che i politici non possono non essere e sentirsi in primis dei cittadini con delle responsabilità “genitoriali” pro-tempore. Solo così chi avrà l’opportunità di sceglierli ri-acquisterà la consapevolezza dell’importanza di votare e il diritto di giudicarli sempre e con rispetto.

Gigliola Marinelli