L’ASTENSIONISMO E L’AUTOCRITICA – di Alessandro Moscè
Un’analisi oggettiva ci pone di fronte all’evidenza dell’astensionismo elettorale. Alle regionali del 2015, anche nelle Marche, si è registrata una larghissima rinuncia al voto da parte dei cittadini. Continuando di questo passo, si rischia che tra dieci anni solo un’esigua quantità di persone andrà a votare. Metà della popolazione italiana non si riconosce in un partito o in un movimento. Questo è il ritratto della maggioranza degli elettori (52%) secondo un’indagine di Cmr Intesa Sanpaolo. A prendere sempre più piede sembra quindi essere il partito del no. Emerge anche una maggiore disaffezione dalla politica dei “senza partito” che diventano potenziali candidati del movimento dell’astensionismo. Chi ha dichiarato di essere incerto se andare a votare o meno e chi si è detto sicuro che non lo farà, ha specificato le motivazioni del suo gesto. Per il 37,4% i politici non si interessano alla gente comune, per il 27,5% votare è inutile, tanto le cose non cambiano, e per il 15,2% i partiti fanno schifo (testuali parole). Accanto a questa distanza che divide gli elettori dal mondo politico, c’è la concezione che le tradizionali categorie di destra, centro e sinistra non abbiano più significato (questo è vero per il 75% degli intervistati). Il 71,6% ritiene che per fare bene politica serva una preparazione specifica e il 69,9% che se la politica è scadente sia un po’ colpa anche dei cittadini. Dal sondaggio emerge un elettorato disilluso, disorientato, incerto e fluttuante. Il 2 giugno, su www.huffingtonpost.it, è stato aperto un dibattito sull’astensionismo. Si definisce “il tempo differito” quello che consentiva l’efficienza delle strutture tradizionali: la sezione, la propaganda, il porta a porta casa per casa e strada per strada, la delega e tutto ciò che come intermediazione dei processi di rappresentanza garantiva la partecipazione e il consenso. E adesso? In molti paesi del mondo ci sono pratiche consolidate. In Brasile gli elettori utilizzano un piccolo dispositivo con una tastiera e uno schermo che visualizza le liste e i candidati da votare. In Australia grazie a un codice a barre e ad una “open source” è possibile votare ovunque c’è una connessione. In Estonia il governo fornisce una carta d’identità digitale grazie alla quale i cittadini possono votare comodamente da casa. Anche per le elezioni italiane i nuovi mezzi comunicativi sono ormai indispensabili? Può il sistema evoluto determinare un deterrente all’astensionismo? Riteniamo che una politica sempre meno credibile nei suoi rappresentanti debba fare i conti con se stessa, altrimenti si innescherebbe un processo da “scaricabarile” poco produttivo. Bisogna riflettere nell’autocritica prima di pensare che i social media siano la panacea di tutti i mali. Ma raramente i politici ammettono i loro errori. C’è sempre una “ragione indipendente” che va oltre le loro aspettative e le loro azioni. Abbiamo l’impressione che finché non tornerà il concetto di politica come servizio e non più come mestiere, gli italiani continueranno a rimanere refrattari al voto.
Alessandro Moscè