AUMENTANO I COSTI SOSTENUTI DAI CITTADINI… L’APPROFONDIMENTO

Aumentano rispetto al 2012 i costi sostenuti privatamente dai cittadini in campo sanitario e assistenziale.

Spese medie annuali a carico del paziente 2012 – 2013
Badante 9.082 € – 9.700 €
Prevenzione terziaria 1.585 € – 2000 €
Supporto psicologico 1.247 € – 1.792 €
Parafarmaci 901 € – 1.045 €
Dispos. Med. (siringhe, cateteri, assorbenti) 737 € – 750 €
Farmaci non rimborsati 650 € – 737 €
Visite ed esami intramoenia o privato Oltre 600 € – 580 €
Protesi ed ausili 537 € – 838 €

A questi si aggiungono i costi delle rette per residenze sanitarie assistite quantificabili in 17.435 euro medie annue o quelle per adattare la propria abitazione alle modificate esigenze di salute, in media 9.440 euro. Piovono così le rinunce, determinate dagli alti costi, come denuncia l’80% delle associazioni: il 53% dice di rinunciare alla riabilitazione; il 47% all’assistenza psicologica, il 44% ai parafarmaci, il 41% ai farmaci non rimborsati, il 35% all’assistenza domiciliare, il 29% alla badante, il 26,5% alle cure odontoiatriche, il 17,6% ad andare in strutture residenziali e semiresidenziali, il 14,7% all’assistenza protesica ed integrativa.

Le difficoltà legate alla conciliazione fra malattia e lavoro
La prima difficoltà espressa dalle famiglie delle Associazioni coinvolte nella rilevazione (73,8%) è conciliare l’orario di lavoro e assistenza. Un ulteriore peso è rappresentato dalla necessità di spostarsi fuori regione (69%) il cui costo medio durante l’anno è di 1233 euro e la tanto odiata burocrazia (57,14%). Nonostante i tentativi di nascondere la propria patologia (58,5%), di eseguire un lavoro troppo pesante (43,9%) e non prendere permessi di cura (29,3%) un’Associazione su due ha ricevuto segnalazioni di licenziamenti a causa della propria patologia.

La prevenzione
Oltre il 50% delle associazioni sostiene che le campagne di prevenzione sono sporadiche e non hanno seguito e, inoltre, il 44% ritiene che le stesse non coinvolgono a sufficienza medici e pediatri di famiglia. Per quanto riguarda la prevenzione terziaria, l’ostacolo principale è rappresentato dalla mancanza di formazione del paziente e dei care giver (51,7%).

Diagnosi
Il 90,7% delle Associazioni registra ritardi diagnostici, dovuti alla sottovalutazione o non comprensione dei sintomi da parte dei Medici di Medicina Generale (78,9%), alla complessità della diagnosi e difficoltà nel trovare il centro o lo specialista di riferimento (50%) o ancora all’inadeguatezza degli esami diagnostici prescritti (36,8%).

Assistenza domiciliare
L’assistenza domiciliare è estremamente variabile: si va da un minimo di 1,2 ore ad un massimo di 4,2 ore al giorno, e per non più di 4 giorni a settimana. Le Regioni in cui va peggio sono quelle del centro sud, ma anche le Isole. Inoltre, sono spesso assenti alcune figure professionali importanti come lo psicologo per il 73,1%, il fisioterapista (57,7%), l’infermiere (34,6%) e lo specialista (30,8%).

Ticket ed esenzione
Il 37,8% di Associazioni dichiara di avere avuto difficoltà di accedere ad esami diagnostici a causa del ticket, non tutti gli esami necessari per il controllo della patologia sono coperti dall’esenzione (34,5%), mentre ve ne sono altri per cui esiste l’esenzione ma che ormai sono superati da esami più innovativi (12,9%).

Farmaci
Il 36,7% segnala l’interruzione della terapia farmacologica, determinata per oltre il 70% dei casi da problemi di budget dell’Ospedale o della ASL . In un caso su due si verifica un problema di aderenza alla terapia, generato dalla difficoltà di ricordare la posologia (60%) o dagli effetti avversi (44,4%). Altro motivo di rinuncia è la difficoltà di farsi prescrivere il farmaco su ricetta rossa 27,8% (lo specialista ed il medico di famiglia si rimpallano la responsabilità).

Invalidità
Crescono nel 2013 le difficoltà ad accedere all’assegno di invalidità (+12%). In particolare, i pazienti sono costretti a subire valutazioni variabili, eseguite in molti casi con superficialità da chi non ha una esatta conoscenza della patologia e con una conseguente sottovalutazione della situazione.
Per quanto riguarda l’handicap permane la difficoltà ad usufruire dei tre giorni di permesso retribuiti (53,1%) o del congedo di due anni (35,5%) per una mancanza di volontà del datore di lavoro o a causa della tipologia di contratto, che nella sua “atipicità” non consente di usufruirne.