LA BEATIFICAZIONE DI MORATTI – di Luca Serafini
Quanto e cosa le famiglie Agnelli e Berlusconi avranno lasciato all’Italia, lo diranno il tempo e la storia mentre i contemporanei possono avere un giudizio proprio che hanno potuto e possono esprimere anche in termini elettorali. Fiat e Fininvest resteranno comunque una realtà economica, finanziaria e di prestigio assoluti per il nostro Paese. Cosippure l’eredità politica e petrolifera della famiglia Moratti, che comprende però Gianmarco e Letizia dopo papà Angelo. Massimo Moratti non farà parte di questo scenario: lui al massimo è stato presidente della Federnautica e assiduo frequentatore del bar sotto all’ufficio, dove ha trascorso più tempo a parlare con gli inviati di radio, giornali, siti, blog e litigare con occasionali tifosi juventini che a rispondere al telefono agli impiegati della Saras e all’amico Tronchetti Provera.
Come uomo di calcio, di sicuro non è stato meglio degli Agnelli e Berlusconi e per altri aspetti nemmeno di Cellino e Zamparini e qualche altro. A parte i gesti dell’ombrello e gli insulti in tribuna agli arbitri e agli avversari, davanti a telecamere che in certi atteggiamenti non hanno mai sorpreso in tribuna nessun altro presidente di serie A, ha cambiato più allenatori che colluttori, ha speso più che se fosse stato affetto da dipendenza per il gioco d’azzardo senza vincere niente per anni e anni fino a Calciopoli e ricominciando a non vincere niente appena finito l’effetto Rossi-Palazzi, si è trovato invischiato in una faccenda di documenti falsi dei suoi tesserati. Per carità non stiamo a riaprire quelle pagine dove anche la prescrizione ha avuto il suo piccolo capitolo, basta e avanza ricordare come per 20 anni il suo contributo in Lega in tema di norme, diritti e organigramma è stato pressoché nullo, salvo voltare le spalle repentinamente a Fiorentina e Roma per allearsi all’improvviso con le odiate Milan e Juventus sulla questione dei proventi televisivi. Mentì per 2 mesi a Zaccheroni confermandolo ripetutamente in pubblico e in privato quando, con in carico ancora lo staff di Cuper, aveva già ingaggiato Mancini (messo in un angolo alla prima festa scudetto). Esonerò dopo 4 mesi Benitez che nel frattempo aveva vinto Supercoppa italiana e Mondiali per club. Subì l’addio da Mourinho la notte stessa della vittoria in Champions a Madrid contro il Bayern.
Mancherà, ma non crediamo per molto tempo, ai giornalisti di tutte le testate che hanno allestito redazioni sotto casa e sotto ai suoi uffici. Per favore però la beatificazione di un vero signore lasciamola stare, non è esatto che se ne vadano sempre i migliori. Non nel calcio, perlomeno.
Luca Serafini