‘L’ITALIA DEL MIRACOLO’, L’APPRONFONDIMENTO SUGLI ANNI 1948-1968. UNA MOSTRA A MATELICA

La mostra Italia del Miracolo. Arte, Design e Pubblicità 1948 – 1968 racconta, attraverso il materiale proveniente dal Massimo e Sonia Cirulli Archive l’esplosione di creatività e la nascita di un nuovo stile di vita nel ventennio a cavallo tra la metà degli anni Quaranta e la metà degli anni Sessanta. Una storia di successo che nasce nel clima della ricostruzione postbellica in cui la voglia di riscatto si coniuga con l’adozione del modello americano, portatore di sogni, bisogni e nuovi consumi, interpretati però dalla secolare tradizione italiana, basata sul legame storico tra arte e saper fare, tra artigianato e impresa che sfocia nella produzione di uno “stile industriale”. In prodotti per la massa che mantengono intatte le valenze artistiche ed estetiche della stratificata cultura italiana. Una rivoluzione del costume e delle abitudini in cui operano spinte provenienti dall’alto e dal basso: da una parte il rigore della politica monetaria della Banca d’Italia e la visione delle grandi imprese, ENI, Edison, Olivetti, Pirelli, Piaggio, chiamate a interpretare, spesso in maniera lungimirante, nuove esigenze; dall’altra l’aspettativa di una vita migliore degli italiani che diventa il motore delle piccole e medie imprese di nuova generazione (Ignis, Rex, Zoppas), degli artigiani, designer e artisti che iniziano a riprogettare il mondo, colpiti da un’ondata di felicità progettuale che si trasmette in tutti i settori del Made in Italy: dai piccoli e grandi elettrodomestici, alla nuova industria dell’alimentazione ai mezzi di trasporto, alla moda. Progetti e prodotti realizzati dai più grandi artisti e designer italiani, da Bruno Munari a Ettore Sottsass, da Erberto Carboni a Lorenzo Castellaro, da Carlo Mollino a Giò Ponti, da Marco Zanuso a Pietro Dorazio e Franco Grignani. Già nel 1947 la rivista americana “Fortune”, pur definendo l’Italia tra le più povere delle nazioni moderne, ne riconosceva la Fine Italian Hand, la capacità di produrre eccellenza nella moda, come nell’industria chimica, in quella automobilistica o ancora nelle macchine per ufficio della Olivetti, tracciando una mappa dei settori che nel giro di pochi anni diventeranno trainanti nel riconoscimento internazionale del Made in Italy. Nel 1959 il “Daily Mail” di Londra definisce l’efficienza e la prosperità del sistema produttivo italiano un miracolo economico, mentre il “New York Times”, sempre nello stesso anno, decreta la lira come moneta più stabile d’Europa.

 Sotto lo sguardo incredulo del mondo, l’Italia, da nazione prevalentemente agricola, svetta tra i paesi industrializzati, seconda in Europa solo alla Germania. Per la prima volta nella storia del Novecento il paese è guidato da una generazione di giovani che richiede prodotti esteticamente nuovi che non rimandino in alcun modo al passato, alla miseria, o al riuso: prodotti nati non più per durare ma per essere consumati in allegria. Nel 1956 partono i lavori per l’Autostrada del Sole, inaugurata nel 1964 in tempi record. È l’ltalia che si muove. Per andare al lavoro e non solo. Che si riversa in strada, inaugurando la stagione delle file e dell’“esodo”. Che scopre il tempo libero. Che si indebita per il frigorifero, la lavatrice e la televisione, nuovo status simbol che trasmette e amplifica modelli di vita e di comportamento, da nord a sud. È l’Italia che si riunisce al bar per seguire il primo quiz televisivo, Lascia o Raddoppia, e che impara l’italiano guardando la TV. Che si lascia incantare dalla “Pubblicità bambina”, e guidare negli acquisti, aspettando Carosello. Vespa, lambretta, “600”, “500”, o “Giulietta”, ormai è Italia boom! Così la definisce Giorgio Bocca all’inizio degli anni Sessanta, interrogandosi se “è ancora un paese provinciale o è già maturo per le grandi manovre della psicologia di massa”. Se l’America suggerisce nuovi modelli di produzione, di distribuzione, di strategie di marketing, o manageriali, ampliando enormemente lo scettro dei consumi “effimeri”, contemporaneamente è proprio dagli Stati Uniti che parte il riconoscimento dell’Italian Style, che genera l’approdo dei prodotti italiani nel mercato americano. Il 1957 è l’anno in cui l’Italia entra nel mercato comune europeo, esportando finalmente la creatività italiana nel mondo. Di stampo americano è anche l’uomo che guida il cambiamento dell’ENI, Enrico Mattei, esempio classico di self made man, che trasforma in pochi anni un’azienda in liquidazione come l’Agip Gas in un ente pubblico competitivo, capace di imporsi internazionalmente con un’innovativa politica petrolifera che per la prima volta nella storia vede competere il pubblico con le aziende private. Sempre dall’America parte il rilancio della moda italiana, che passa attraverso il sostegno delle aziende artigianali produttrici di tessuti di qualità, a supporto della creatività di stilisti americani e francesi, sino a quando il “tessuto produttivo della moda” non è pronto per il lancio dello stile italiano nel mondo. Se gli anni Cinquanta e il boom economico segnano la nascita e il trionfo del Design italiano, ad agire sotto traccia è ancora l’onda lunga della stagione futurista, il cromosoma italiano della flessibilità, della trasversalità dei saperi e degli sconfinamenti (arte, architettura, moda, grafica e design), che generano progetti e prodotti destinati a segnare la storia della cultura visiva moderna e contemporanea. Vogliamo sì fare gli americani ma restiamo mediterranei.

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Si può visitare la mostra tutti i giorni, dal lunedì alla domenica, dalle ore 10 alle 13 e dalle 16 alle 19,30.

 

10.-13 16-19.30