IL CALIFFATO E’ SOTTO CASA NOSTRA – DI ALESSANDRO MOSCÈ

L’attentato al Museo del Bardo, in Tunisia, indica la minaccia immediata che pesa sulla democrazia nata dalla rivoluzione araba. L’attacco ha una forte simbologia politica perché nella vasta produzione della sfera jihadista prolunga le scene iconoclaste compiute al museo di Mosul. Se collegato agli attentati di Parigi e di Copenaghen mostra anche una continuità dell’azione jihadista sulle due rive del Mediterraneo. L’Isis è un’organizzazione composta da estremisti e terroristi islamisti sunniti, molto presente sul territorio siriano e iracheno, come è noto. Combatte con lo scopo di “purificare” il mondo musulmano e per far ciò utilizza metodi brutali. Considera il Jihad globale un dovere di ogni musulmano. Definisce se stessa come Stato e non come semplice gruppo organizzato. Hanno aderito alla causa, o sono stati costretti a farlo, circa 30.000 combattenti. Molti di loro sono ragazzi in cerca di un lavoro, parlano inglese, sono partiti con regolare passaporto europeo da Londra, Berlino, Parigi, Bruxelles e qualcuno anche dalla Spagna e dall’Italia attratti dalla propaganda jihadista. L’atto terroristico tunisino ci rivela due aspetti significativi. Da un lato l’Isis si è espanso e dal medio Oriente è arrivato ben presto in Africa, in Libia e in Tunisia. Gli adepti aumentano di pari passo con le minacce e le azioni violente, imprevedibili. D’altro canto la Tunisia è “sotto casa nostra”, per cui L’Italia è la nazione occidentale più esposta ad eventuali ripercussioni di questa deriva del califfato, di milizie assolutamente pericolose nella loro estemporaneità fulminea. Si può colpire l’Europa anche in Africa, visto che nell’attentato della scorsa settimana sono morti italiani, francesi, polacchi e tedeschi. Bin Laden raramente ha parlato di Apocalisse. L’Isis identifica il nemico in Roma, cioè nell’esercito di infedeli, tra cui, ovviamente, rientrano gli Stati Uniti. Resta da prendere coscienza che il problema è più grave di ciò che sembra, e che come sempre succede si tende a sottovalutare il nemico che usa le armi considerandolo distante, al limite dell’inoffensivo, finché non si è colpiti direttamente. Qualcuno si chiede già cosa bisogna fare prima che l’Europa reagisca. Fino a quando dovremo ascoltare politici che individuano il colpevole nelle masse di disperati, invece di volgere lo sguardo all’orizzonte? Il califatto è visibile, ben definito, e purtroppo molto attivo.

Alessandro Moscè