EDUCAZIONE, REGOLE E BUONSENSO – di Luca Serafini

Perché i tifosi dell’Inter se la prendono con Icardi che in campo è tra i meno peggio? E perché Icardi reagisce in maniera così volgare? Perché il fenomeno di Bari Vecchia affida alla moglie le sue insolenze e perché ci sono ancora club che lo vorrebbero? E perché Donadoni ancora se ne occupa? Perché uno come Osvaldo continua ad essere corteggiato da grandi club? Perché Mexes ha rovinato il suo miglior periodo rossonero con l’ignobile sceneggiata dell’Olimpico? Perché Vidal non sta alle regole della Juventus? La risposta è contenuta in questa ultima, prossima domanda: perché anche allenatori come Mihajlovic, attenti alle regole e alla disciplina (vedi il caso Okaka), pronunciano la frase “mi vergogno” solo quando perdono malamente una partita – può capitare, anche in un campionato eccellente come quello della Sampdoria – e non in altre circostanze più gravi?

A proposito di regole. Ci rendiamo conto che in un mondo come quello del calcio dove nel 2015 ancora non è stata risolta la questione dei gol-fantasma, questa sia utopia, ma qualche regola di gioco andrebbe cambiata. Semplicemente tornando alle origini. 1) Quella dell’espulsione del portiere è la più stupida e ingiusta: in un solo colpo la squadra resta in 10, subisce un rigore, deve fare una sostituzione e sarà priva del portiere la partita successiva! Possibile che nessuno si ribelli a questa penalizzazione così pesante? Oltretutto, una volta gli attaccanti sportivamente saltavano il portiere in uscita, oggi vi franano addosso deliberatamente per scelta. Prima o poi qualcuno spaccherà loro la faccia (a Cech è già successo). 2) Il “mani” in area: volontario o no, braccia larghe, la distanza dal pallone: ma quanti criteri deve adottare un arbitro per decidere in un secondo? Bisogna farne una sola, semplice, chiara: se il pallone va, sbatte, viene calciato addosso da un avversario (Baggio, Italia-Cile, Mondiali 1998), viene intercettato in qualsiasi modo con una mano, è fallo. Punto. Basta. 3) Il fuorigioco. La regola fu adottata allo scopo di evitare che accadesse ciò che succede nella pallamano o nel basket, dove i giocatori di campo presidiano tutti insieme la metà campo (ma su perimetri ridottissimi) a seconda dell’azione difensiva o offensiva. In quegli sport è spettacolo, nel calcio sarebbe una noia mortale. La regola punisce anche i furbi che pensassero di starsene là ad aspettare il pallone in beata solitudine. Quindi, una volta un attaccante era in fuorigioco quando, al momento del passaggio di un suo compagno, tra sé e la porta si trovava ad essere l’ultimo tra il portiere e il primo difensore avversari. Punto e basta. Gli errori non mancavano ugualmente, ma erano estremamente limitati.

In uno sport dove il buonsenso è rimasto l’unico vero fuoriclasse che nessuno può comprare, rendere più semplice la vita degli arbitri sarebbe un primo passo importante.

Chiudiamo con uno sguardo alla classifica. La Roma marcia piano piano verso il titolo di vera delusione della stagione, le azioni del Napoli sono in rialzo vigoroso, ormai resta aperta soltanto la lotta dal quarto posto in giù. Anche le milanesi se ne stanno facendo una ragione. Diverso in coda dove in 7 fino al Verona possono sperare o devono cominciare a tremare, merito di chi non si arrende mai edi chi ha scelto la strada del gioco e non delle barricate per provare a salvarsi.

Luca Serafini