LE PANCHINE DI ARGILLA E LA PROVOCAZIONE DI CONTE – di Luca Serafini

Potrebbe essere una sosta importante per cambiare la faccia al nostro campionato, perlomeno qualche faccia in panchina. Ghirardi a Parma è perplesso: il contracolpo della sua squadra dopo il raggiungimento dell’Europa e l’esclusione per assurdi orpelli amministrativi, ha lasciato una traccia profonda – anche sulle scelte di mercato per la verità – e Roberto Donadoni fa fatica a scuotere lo spogliatoio. Donadoni merita di avere la chance di farcela da solo, per il lavoro svolto fino al maggio scorso, per le sue doti umane e professionali, perché è l’unico che sa perfettamente dove mettere le mani per cercare di sistemare la baracca. Con tutta la stima, l’amicizia e il rispetto, per Crespo non sarebbe facile ereditare una barca così piena di falle e rimetterla in acqua. Corini e Sarri l’hanno appena sfangata, sono gli insospettabili Colantuono e Ventura ora nel mirino più di se stessi che dei loro dirigenti. L’Atalanta si rinnova poco e un po’ troppo parsimoniosamente, il Torino non piace al suo tecnico che ha minacciato le dimissioni. Tra 2 settimane li ritroveremo, forse con il timer però. Bisoli ha pochi ragni da cavare dal buco di un Cesena destinato agli equilibrismi fino alla fine, indipendentemente dall’allenatore. Genova è fortificata sulle spalle di Mihajlovic e Gasperini che stanno regalando a Sampdoria e Genoa lo scorcio più radioso degli ultimi anni, mentre Zeman sta abituando i sardi alle sue montagne russe che lo hanno sempre fatto amare e odiare in egual misura. Iachini resta sempre il precario numero 1 ma solo per colpa del suo presidente, non certo per la classifica del suo Palermo.

Naturalmente, l’attenzione e la tensione sono più alte in piazze più celebri. Montella non si discute (forse), ma con il lento recupero di Gomez, l’involuzione di Cuadrado, gli alti e bassi di Borja Valero (possibile che dopoi 3 anni si scopra che può giocare solo a fianco di Pizarro?), l’attesa di Rossi e una difesa non propriamente blindata il discorso si sta facendo un po’ troppo complicato. Firenze è una città bollente per chi lavora in viola, la spasmodica attesa dei risultati sull’onda dell’amore cieco dei suoi tifosi può portare a sviluppi imprevedibili, nonostante i Della Valle non siano certo avvezzi a tagliare teste in panchina. Inzaghi sta tranquillo, Benitez non è più intubato, il più a rischio rimane Walter Mazzarri. Non fa nulla, non fanno nulla né lui né la squadra per rinsaldare la posizione dell’allenatore. Le tentazioni di Thoir per nomi suggestivi come quelli di Mancini e Zenga stanno diventando qualcosa più di un prurito.

Alla faccia dei suoi colleghi di club alle prese con scelte di piccolo cabotaggio, Antonio Conte in Nazionale fa la convocazione più strana richiamando Balotelli nel momento più difficile della sua carriera. Non si sa se sia un’opera di carità per un ragazzo che ha problemi (la carità cristiana ci impedisce di dire: “se fosse così, chissenefrega”), per un calciatore sul quale fare affidamento per il futuro (ormai la storia sta però raccontando di un mezzo giocatore) o la mancanza assoluta di alternative in un campionato in cui l’affidabilità è ancora fregio di vecchi lupi come Totti, Cassano, Toni e dove El Shaarawy si è appena svegliato. Quale che sia la ragione di questa scelta così bizzarra, in attesa di conoscerne le ragioni dal C.T., non la approviamo. Per il semplice fatto che, quale che sia la spiegazione, certamente non la capiremo.

Luca Serafini