URBINO CELEBRA RAFFAELLO IN UNA GRANDE MOSTRA

Dal 3 Ottobre, a Urbino è possibile visitare una bellissima mostra su Raffaello Sanzio “Raffaello e gli amici di Urbino, fino al 19 gennaio 2020 presso la Galleria Nazionale delle Marche nel contesto rinascimentale del Palazzo Ducale di Urbino. Urbino rivive il tempo di Raffaello, a 500 anni dalla sua scomparsa, l’artista rinascimentale a cui ha dato i natali nel 1483, ripercorrendo le tappe del suo percorso artistico, la sua formazione, a partire dalla bottega del padre Giovanni Santi, anche lui buon pittore, per arrivare poi al confronto con gli artisti che erano presso la Corte dei Montefeltro e nel Ducato. Il vasto mondo delle relazioni di Raffaello con un gruppo di artisti operosi a Urbino, il ruolo fondamentale che ebbero gli umbri Pietro Perugino e Luca Signorelli nella sua formazione e nella prima fase di attività artistica, oltre all’influenza dei più maturi concittadini Girolamo Genga e Timoteo Viti, fino a giungere all’esperienza romana, sotto il pontificato di Leone X.

Tra i capolavori, sarà esposta la Muta, già presente nella collezione permanente della Galleria Nazionale delle Marche. Un dipinto che ha sempre destato stupore, meraviglia per la sua bellezza, ma anche curiosità per il suo mistero. L’identità della Muta è rimasta per secoli sconosciuta, molto probabilmente raffigura Maria della Rovere Varano, nipote di papa Giulio II. Il quadro ci propone una donna giovane, certamente nell’età dei vent’anni, dallo sguardo malinconico, quasi triste, esso risale al 1507, quindi è un ritratto di un giovane Raffaello. Raffaello nell’ottobre del 1507 fece infatti ritorno nella città ducale per riscuotere del denaro dal Duca. Da alcuni dettagli del dipinto, il fazzolettino che Maria della Rovere stringe nella mano destra, il corpetto verde scuro, la reticella di filo nero ci fanno supporre che fosse una vedova, infatti la donna rimase vedova, il marito Venanzio venne ucciso da Cesare Borgia. Sicuramente è uno dei maggiori capolavori del Sanzio, il mistero, la sua introspezione, lo sguardo, lo rendono intrigante, poi il bello nella massima raffinatezza raffaelliana. Nel 1631 venne spedito a Firenze insieme ad altri beni artistici dell’eredità di Vittoria della Rovere che era in sposa a Ferdinando II dei Medici, rimase a Firenze fino al 1927, poi venne restituito a Urbino.

Francesco Fantini