DON GIOVANNI MOSCIATTI CELEBRA LA FESTA DEL PATRONO DI IMOLA

È stata celebrata dal vescovo fabrianese di Imola, monsignor Giovanni Mosciatti, nella mattinata di oggi, martedì 13 agosto, solennità di san Cassiano patrono di Imola, il Solenne Pontificale nella Cattedrale intitolata al martire e santo imolese. Nella sua omelia, monsignor Mosciatti ha voluto sottolineare come «Non bisogna sentirsi da soli. Quando degli amici veri si sentono solidali e compatti nel loro Ideale, la loro forza davanti ad ogni ostacolo cresce a dismisura. Cristo è l’amico, sempre desto accanto a noi con affetto infinitamente premuroso per sostenerci con la sua forza divina». (Foto Isolapress). Per il vescovo, che ha lasciato da pochi mesi la diocesi di Fabriano-Matelica, è stato il primo pontificale celebrato in occasione del patrono della sua nuova diocesi.

L’omelia

Carissimi fratelli, la vita dell’uomo noi lo sappiamo è colma di fatiche, di rinunce, di dolore: ma sappiamo anche che ogni uomo è attaccato alla sua vita con un istinto formidabile; su di essa colloca tutte le sue speranze; per essa spende tutte le sue fatiche; il dolore e le pene che prova, si sforza bene di diminuirle. Ci accorgiamo molte volte che viviamo una mentalità che concepisce un malato come uno da tollerare; ogni povero come un disgraziato; chi piange, un infelice; ogni essere debole e impotente, una cosa disprezzabile; ogni individuo poco quotato in società, un fallito. Così sorge la nausea del dovere che impone fatica, l’odio al sacrificio. A questo punto, per contrasto, Cassiano sorge, tra le innumerevoli ferite dei suoi studenti, a ricordarci il grande insegnamento del libro della Sapienza che abbiamo ascoltato: “Il giusto starà con grande fiducia di fronte a coloro che hanno disprezzato le sue sofferenze”. La distinzione fra il cristiano e il non cristiano sta proprio in questa valutazione del sacrificio e della vita. Il sacrificio è la strada che Cristo ha battuto per salvarci e che ognuno di noi è chiamato a seguire per giungere alla sua vera casa. Il sacrificio ha una funzione educatrice, perché ci impedisce di cullare l’illusione che la vita terrena debba durare sempre. Ma “non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo ma non hanno potere di uccidere l’anima” ci ricorda oggi Gesù. Che importa a un uomo il diventare padrone dell’universo, se poi perde l’anima sua? Che cosa in cambio darà l’uomo per la sua anima? (cfr. Mc 8,34-37).

Questa lezione di Cassiano sul sacrificio come possiamo viverla? Ce lo indica lui stesso: Non bisogna sentirsi da soli. Quando degli amici veri si sentono solidali e compatti nel loro Ideale, la loro forza davanti ad ogni ostacolo cresce a dismisura. Cristo è l’amico, sempre desto accanto a noi con affetto infinitamente premuroso per sostenerci con la sua forza divina. Ma bisogna aderire alla Sua Persona, sentire la Sua Persona sempre presente, dominatrice di ogni attività della vita, di ogni relazione sociale, perfino di ogni forma di pensiero e di sentimento interiore. È questa fede profonda nella presenza vivente di Nostro Signore Gesù Cristo che ha sostenuto Cassiano ed ha reso il suo martirio una testimonianza per tutti noi. «Noi abbiamo abbandonato tutto, Signore, per seguirti» (cfr. Mt 19,27), esclamò una volta Pietro a Gesù. E voleva quasi soggiungere: «Che ci darai?». Gesù rispose alla domanda sottintesa: «Il centuplo in questa vita e la vita eterna» (cfr. Mt 19,29). Il centuplo in questa vita. Certamente dopo tanti secoli ancora oggi tanti rendono il loro canto di omaggio a Cassiano e questa magnifica cattedrale ne è testimonianza. Ma soprattutto Cassiano ci ricorda che il frutto del sacrificio accolto sulla terra è la pace. La pace vera, che è la tranquillità profonda che ognuno di noi può sentire, che ci lascia lo strazio e il dolore e l’ansia della fatica, ma che in fondo all’anima, ci procura una silenziosa e certa speranza; la pace vera, e che è una pazienza piena di bontà e di comprensione per gli altri, che son tutti nostri fratelli e miseri come noi.

A noi che dobbiamo soffrire e non vogliamo soffrire, noi che dobbiamo piangere, noi che ci ribelliamo davanti allo strappo del dolore; ci doni il Signore la pace, la Sua pace. E così il nostra grande Cassiano ci educa. Anzitutto ad una vera disponibilità. Se cresciamo nella disponibilità, nel desiderio che avvenga di noi secondo la Sua parola, come ci ricorda sempre la Madonna saremo più capaci di individuare quali siano i segni della nostra vocazione. Se perdi te stesso per il Signore, allora ti trovi. E questo è vero in tutte le cose. Rendimi capace di essere fedele a quello che tu vuoi da me o Signore. Vivendo così, si ha l’impressione di perdere, e invece ci si ritrova. Bisogna perciò far sì che la propria vita sia disponibile a Dio. Come è importante allora che ciascuno di noi si chieda: «Come, così come sono, posso servire di più il Signore? Come posso in tutte le circostanze in cui verso, nella mia concretezza, servire di più il Signore? Come la mia vita può testimoniare di più il Signore? Come la mia vita, così com’è, può dare più gloria a Dio, più gloria a Cristo?».

Il mondo di oggi è un mondo dove Cristo non c’entra più con la vita. Allora il bisogno più grande della Chiesa oggi è quello di una testimonianza che renda presente Cristo nella vita comune. E questo coincide col testimoniare che Cristo realizza l’umanità dell’uomo più di qualsiasi altro che si segua: compie l’umano, libera l’uomo proprio dentro la vita di tutti, dentro la situazione di tutti. Che Cristo sia testimoniato vuol dire che Cristo sia Colui seguendo il quale l’uomo diventa più umano. Quello di cui ha più bisogno la Chiesa è che Cristo, se riconosciuto presente, rende più umana la vita, realizza un’umanità più intensa, più carica d’intelligenza e di affettività, più aperta agli altri e più costruttiva. Ci aiuti San Cassiano perché oggi come allora, nella nostra città, la disponibilità a seguire il Signore testimoni a tutti questa pienezza di vita.

Marco Antonini