SAURO VERDINI, SULLA VIA DI SANTIAGO DE COMPOSTELA

Lo aveva detto e promesso lo scorso anno al termine del cammino: “partirei anche domani per ripetere questa fantastica esperienza e già sto pensando a ripeterla l’anno prossimo”. E un secondo dopo aveva già cominciato a pianificare il cammino del 2019, anche se molto probabilmente la decisione l’aveva già presa prima di terminare l’avventura 2018. E siccome è un uomo di parola, Sauro Verdini ha mantenuto quella promessa fatta allora. “The Pelican”, per amici e colleghi, portacolori del gruppo ciclistico Avis di Sassoferrato, ha anche questa volta portato a termine il Cammino di Santiago de Compostela, in mountain bike, della quale è un vero appassionato e con la quale condivide il tempo libero, oltre che con la famiglia, che il lavoro presso la Whirlpool di Melano gli lascia. A condividere anche questa volta l’avventura, i suoi compagni di viaggio, Remo Pandolfi da Genga, Franco Belardinelli da Fabriano e David Busetti di Bergamo aggregatosi alla partenza al terzetto marchigiano. Partenza da Fabriano in pulmino il 14 giugno, giorno del cinquantaseiesimo compleanno del nostro Sauro e poi partenza da Sant Jean Pied de Port sul versante francese dei Pirenei e poi tappa dopo tappa Pamplona, Burgos, Leon fino a Santiago de Compostela e poi ancora direzione Finisterre, sull’oceano, il chilometro zero, passando attraverso il Cruz de Hierro, il punto più alto con 1500 metri. Il tutto attraverso quattordici tappe, 940 chilometri percorsi e un dislivello complessivo pari a 15920 metri, pari, come precisa lo stesso Sauro a due Himalaya, messi uno sopra all’altro. Picchi di temperatura anche superiori ai quaranta gradi e in certi giorni una notevole escursione termica.

Un’avventura, conclusasi il 29 giugno a Finisterre e poi il 30 a Muxxia con il santuario sugli scogli, che Sauro ha raccontato e condiviso quotidianamente con video, fotografie, pensieri, emozioni ai suoi amici, sulla pagina del proprio profilo Facebook, in un diario di bordo fatto di ricordi indelebili. Due settimane lontano dai familiari, seguendo la via dei pellegrini, per arrivare a Compostela, nella Galizia, luogo simbolo del popolo cristiano, nel santuario dedicato a San Giacomo il Maggiore, evangelizzatore di Spagna. Si cerca di viaggiare nelle ore meno assolate per evitare la calura, quindi dopo l’inevitabile pit stop mangereccio a base di calorie e proteine per recuperare le energie dissipate, la sera a letto presto per essere pronti la mattina successiva a macinare i chilometri programmati. Come noto il Cammino di Santiago è uno dei percorsi di pellegrinaggio più famosi al mondo, ogni anno, infatti, migliaia e migliaia di accoliti provenienti da tutte le parti del mondo lo percorrono, per i motivi più disparati, che possono andare da un semplice atto di fede, alla speranza che un miracolo possa cambiare la propria vita o di qualche caro o anche la voglia di avere uno spazio di riflessione, per misurarsi e guardarsi dentro da trascorrere con se stessi. Un’esperienza di vita che può anche andare al di fuori del contesto strettamente religioso. E nonostante la bicicletta sia notoriamente un’attività per solitari, in questo contesto non vuol dire viaggiare da soli ma insieme a tanti altri, lungo un tragitto, dove non esiste competizione, anzi ci si aiuta e ci si sostiene a vicenda nei momenti di difficoltà che lo sforzo fisico impone, pedalata dopo pedalata, anche quando la mente è annebbiata e la lucidità offuscata dal sole cocente e dalle ardue e impegnative salite. Un’avventura che è la somma di tanti giorni trascorsi a pedalare, per raggiungere un punto segnato su una cartina, dentro il paesaggio, scoprendo l’umanità racchiusa nei piccoli centri, che nell’era della globalità si è persa nelle grandi città.

Puntino dopo puntino, di sosta, ristoro, pernottamento, incontrando tante persone, ognuna con la sua storia umana da raccontare, scritta sul proprio volto. Come l’incontro, rimasto impresso nei ricordi di Sauro con un ragazzo disabile spagnolo, con il quale ha percorso diversi chilometri. “Un ragazzo che – racconta Sauro – affrontava il Cammino con un mezzo a batteria, progettato e costruito da lui e suo padre e quando gli ho chiesto se avesse trovato problemi sul percorso, mi ha risposto candidamente che i problemi veri, li avrebbe trovati una volta tornato a casa, perché sul cammino non ci sono”. E oltre ad essere entrato a far parte del popolo dei “camminanti”, Sauro si è portato a casa l’ambita “compostela”, il certificato rilasciato a tutti i pellegrini, che simboleggia l’espiazione dei propri peccati. Una soddisfazione, in grado di trasformare la stanchezza e la fatica accumulata in quei giorni, oltre ad ulteriori 2500 chilometri in pulmino per tornare a Fabriano, in gioia e consapevolezza di aver superato i limiti e le paure che la vita normale di tutti i giorni ci cuce addosso, grazie anche alla gioia dello “stare insieme” con tanti viandanti, che si trasformano in momenti unici e importanti, da portare con sé nel proprio cuore e da narrare a tutti. “Il sogno – dice Sauro – sarebbe quello di fare questo viaggio, il più emozionante della mia vita, che mi ha fatto scoprire molto di me e degli altri, a piedi, insieme a mia moglie e prima dei sessant’anni, chissà”. E magari, per chi vi scrive poter narrare anche quest’avventura, così come questa volta che ho avuto il piacere di poterlo fare.

Stefano Balestra