FRA FOLK E ROCK ITALIANO

Questa settimana andiamo a tastare il polso allo stato musicale italiano più underground per quello che concerne il Folk e il Rock italiano. Naturalmente questo sottosuolo è immenso e  noi non facciamo altro che andare ad analizzare solo alcuni dei suoi elementi, tuttavia sono ottimo specchio della salute di questo fermento che mai come oggi non smette di stupire. C’è bisogno e desiderio di farsi sentire, di tentare di sfondare, ma anche no, perché questo è il mondo fuori delle major, vero, sincero, un mondo fatto di persone che vogliono esprimere quello che sentono senza diktat da parte di persone esterne. Un fermento che come potrete apprezzare, sa anche stupire. Buona lettura, buon ascolto e buona scoperta!

 

BLUE CASH – When She Will Come

Toks Records / Music Force

Genere: Folk Rock

Supporto: cd – 2017

Nel leggere il nome di questo quartetto acustico di Udine la domanda sorge spontanea, ma Blue Cash è un richiamo al grande Johnny Cash? La risposta all’ascolto della musica è si, ma non soltanto il mitico Country Folk fuoriesce dalle note delle canzoni, il materiale proposto è variegato come variegato è il bagaglio culturale dei singoli componenti.

E allora andiamo a conoscerli brevemente iniziando da Andrea Faidutti (chitarra e voce), giovane chitarrista autodidatta che inizia a suonare lo strumento dall’età di tredici anni. Suona con Galliano E I Pessimi, successivamente con la Induo Band dedita alla scena Blues nel bolognese. A seguire Vertical Invaders del batterista U.T. Gandhi,  i Diavoli Rossi di Claudio Cojaniz, e dal 2012 intraprende lo studio del sitar con il maestro Saleem Kahn, a Lahore, Pakistan.

Alan Malusà Magno (chitarra e voce), anche lui è un musicista autodidatta proveniente dalla scena teatrale. E’ un attore diplomatosi alla Civica Accademia D’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine nel 1998-2001, a seguire altre compagnie. La sua passione per il Jazz lo porta ad approfondire lo studio al conservatorio Giuseppe Tartini di Trieste diplomandosi con il maestro Giovanni Maier nel 2011.

Marzio Tomada (contrabbasso e voce) studia il basso sotto la guida di Paolo Viezzi. Attualmente studia jazz (basso e contrabbasso) presso il conservatorio di Udine sotto la guida di docenti di carattere internazionale. Nel tempo anche lui suona con differenti gruppi che spaziano dal Pop al Rock, al Blues e al Jazz.

Andrea Fontana (batteria) è anche lui un musicista autodidatta, vista anche la tenera età (tre anni) con cui inizia a battere sulle pelli. La sua abilità con le percussioni, invece, è frutto di sei anni di studi al Conservatorio di Trieste. Collaboratore stretto di Tiziano Ferro, ha altri musicisti italiani nel bagaglio musicale e poi Jazz, Hip Hop e Funky.

“When She Will Come” è il loro album di debutto ed è formato da dodici brani che spaziano dal Jazz al Blues, e poi Rock, Folk e Pop.

E tutto è chiaro sin dalle prime note dell’armonica a bocca, provate voi a restare fermi al suo ritmo frenetico e a non sentirvi in Arkansas o in Tennessee con “The End”. Sempre ritmo sostenuto anche nella successiva “Junkie Man”, canzone che scopre il limite umano, il nostro carattere e ci fa fare una riflessione, capita a volte che siamo noi stessi il nostro nemico. Più cadenzata “Do It For Nothing”, ma pur sempre allegra e solare. Il tempo sembra subire un balzo all’indietro con “Stay With Me” negli anni ’60, ma solo nell’ apparenza perchè la musica dei Blue Cash è acustica, ma si avvale spesso di effetti, distorsioni ed echi vari, rendendo il tutto più moderno ed intrigante. Si estrapolano richiami anche a Beatles e a gruppi più “nervosi” quali Nirvana o Blur. Strani connubi dunque, fra i quali ci aggiungerei Dylan, Bowie e Neil Young, a dimostrazione del bagaglio culturale del quartetto.

Più ragionata e sensibile “King Of Nothing” con un cantato in stile Caravan di “In The Land Of Grey And Pink.”. Un caldo contrabbasso apre “Message To A Friend” per far risalire il ritmo in un primordiale Rock’N’Roll a cavallo con il Rockabilly, assolo di chitarra annesso (chi ha detto Stray Cats?). Giochi di voci in “The Gift”, altro esempio d’ insieme dei concetti al momento esposti.

Si va ancora più veloci in “Jenny Doin’The Rock”, il titolo dice tutto. Impossibile resistere all’ascolto, come minimo vi ritroverete a muovere le gambe inconsapevolmente. E qui esce fuori un notevole Bob Dylan. “When She Will Come” è il brano che più ho apprezzato, per un insieme di fattori, il suo incedere con cambi di ritmo, un tuffo nella psichedelia lisergica e un profumo anni ’70 che quasi stordisce.

Il disco si chiude con un ritmo alla Led Zeppelin e un Rock che la dice lunga sulla qualità di questi musicisti, il brano strumentale si intitola “Maledetti Cash”.

Questo “When She Will Come” è il secondo album per il gruppo, dopo l’esordio dal titolo “Blue Cash” e all’ascolto si denota un piccolo passo avanti verso il Rock.

E’ un disco che consiglio caldamente, almeno per conoscere una musica che anche oggi dimostra che con dovuti innesti al posto giusto si può suonare tranquillamente senza sapere di stantio,   portando al raggiungimento di risultati emotivi notevoli. MS

ASCOLTO: Blue Cash – When She Will Come https://www.youtube.com/watch?v=9ngFkuYf0BU

 

 

SAMBENE – Sentieri Partigiani (Tra Marche e Memoria)

FonoBisanzio

Genere: Folk

Supporto: cd – 2018

Un esordio discografico che definirei importante sotto molti punti di vista, fra memoria storica, folk e passione. I marchigiani Sambene si formano nel 2015 all’interno dell’ArsLive Accademia dei cantautori di Recanati, fondata da Lucia Brandoni (allieva di Roberto Leydi) nel 2012. Si formano per dare voce ad una musica che oggi come oggi stenta a sopravvivere, ma che tuttavia riesce a far ballare, pensare, ascoltare, ricordare e riflettere. Un genere che cavalca il sapere del passato.

Questa volta però prima di approfondire la recensione, mi sento di partire dall’artwork, un lavoro immane e dettagliatissimo, con 15 pagine che descrivono minuziosamente gli avvenimenti dei personaggi in memoria cantati dal gruppo Sambene. Si, perché “Sentieri Partigiani (Tra Marche e Memoria)” racconta  le gesta e appunto la memoria di chi ha donato la vita  per la lotta partigiana del territorio lungo i sentieri della resistenza. Fabriano, Tolentino, Urbisaglia, Arcevia, Macerata, Ancona, le strade e le forze si uniscono per un lontano periodo di lotte antifasciste ed i Sambene raccolgono dati per lasciare in vita coloro che l’hanno donata per un ideale, perché si sa che si muore veramente soltanto quando si è dimenticati.

Sambene in sardo significa “sangue” e il sangue è vita, la musica è vita e quando diventa viatico per narrare la società (di qualsiasi tempo essa sia), raggiunge vette emotive davvero elevate. Per questo resto colpito da questo debutto musicale, proprio per il forte impatto emotivo.

Tratto dalla biografia della band: “Il gruppo ha cercato di affinare, ai suoi esordi, la propria preparazione seguendo alcune lezioni con Riccardo Tesi e suonando in vari live con Francesco Moneti dei Modena City Ramblers, con i Gang, dai quali hanno, fra le altre cose, mutuato la passione per il combat folk e l’impegno politico/civile e con Michele Gazich, divenuto produttore e violinista del disco d’esordio dei Sambene, “Sentieri partigiani. Tra Marche e memoria”.

I Sambene sono formati da Veronica Vivani (voce e tamburello), Roberta Sforza (voce e cori),

Marco Sonaglia (voce, chitarra acustica e banjo) e Emanuele Storti (fisarmonica). I più afferrati di voi già avranno avuto modo di conoscere il cantautore Marco  Sonaglia, autore di due cd molto gradevoli per contenuti e musica dal titolo “Il Pittore è l’Unico che Sceglie i Suoi Colori” (2013) e “Il Vizio Di Vivere” (2015), se non li conoscete ve li consiglio caldamente.

“Sentieri Partigiani” è composto da undici tracce, ogni pezzo è una finestra su un personaggio, ad iniziare da “Nunzia La Staffetta” di Tolentino. Il disco si apre con il canto di un partigiano sopravvissuto e qualche brivido già scorre sulla pelle. La musica composta da Sonaglia, Brandoni e Gazich ha il profumo del cantautorato forte, quello degli anni ’70 radicato a Guccini, De Andrè, De Gregori e molti altri del filone più acculturato del nostro Pop. Chitarre, voci e violino danno risalto alle parole.

“Nenè Acciaio”, partigiano della libertà, sottotenente nato a Marina Di Siracusa che si ferma nelle Marche per combattere, altro tassello di vita, forza e coraggio. “Sulla neve con gli sci sembrava un angelo”, questo il ricordo di Nunzia Cavarischia di Acquacanina. La musica è sempre un Folk penetrante e nuovamente esaltato dagli interventi del violino.

Fisarmonica e violino aprono la storia di “Eraclio Cappannini”, prigioniero dei tedeschi. Giochi di voce maschile e femminile si incastrano su tonalità differenti in contemporanea ed hanno grande fascino e potere penetrante nell’ascolto. Nel frattempo la lettera letta è quantomeno straziante. “Ruth E Augusto” è una storia che si svolge nel maceratese, ed anche sotto la guerra nasce l’amore. A Fabriano ci sono Elvio Pigliapoco e Ivan Silvestrini, caduti in una imboscata e successivamente fucilati davanti alla cinta murale del cimitero di Santa Maria e Marco canta le loro gesta con sentita enfasi. Ancora una volta il violino lancia latrati di dolore.

“Achille Barillati” al grido “Meglio la morte che il tradimento, Viva l’Italia Libera!” lascia questo mondo con fierezza e ad occhi aperti. Tutto questo accade a Muccia e lui è tenete di artiglieria.

Un saltarello con fisarmonica apre il brano che narra le vicissitudini di Derna Scandali” di Ancona. Un’altra storia, questa volta si va nel sociale, lei nel suo impegno femminista è operaia e lotta per i diritti dei lavoratori ed è anche nominata segretaria della cellula comunista di Agugliano. Un momento di felicità in questo percorso sonoro.

“Erich, Lo Straniero” è un’altra delle tante storie della guerra, un ferito è uguale ad un altro, un uomo straniero in terra straniera non è straniero se lo guardi negli occhi. Cantata dalla calda voce di Michele Gazich, la canzone mette alla luce il lato più umano della sofferenza, da qualsiasi parte essa derivi. Erich Klemera nasce a Bressanone e nel 1940 entra nella Wermacht del III Reich.

Inno alla consapevolezza dei fatti è “Il Vento Della Memoria”, Piazza Fontana, Piazza Loggia, e bombe di stato, così i Sambene gridano “La memoria è la mia libertà”.

Come può chiudersi un disco del genere? Ma ovviamente con “Bella Ciao” cantata dalla sezione femminile del gruppo. Nel disco in qualità di ospiti ci sono Sandro e Marino Severini dei Gang. Trovare un difetto a questo lavoro non è semplice, tuttavia a qualcuno potrebbe non piacere il fatto che non c’è la batteria. Ricordo che siamo nel Folk.

In definitiva i Sambene hanno fatto uno sforzo che va oltre la musica, quello della ricerca e il dare voce a chi ha gridato per noi e che oggi non sentiamo più perché siamo assordati dal futile e dal superfluo. Un popolo senza memoria è un popolo che va verso la propria estinzione.  Siamo storditi, lo avessero saputo questi eroi… MS

ASCOLTO: Sambene – Il vento della memoria https://www.youtube.com/watch?v=Hr1ClRHiQDA

 

 

GIUSEPPE CALINI – Verso L’Alabama

Music Force

Genere: Rock / Cantautore

Supporto:cd – 2017

Ne è passata d’acqua sotto i ponti da quel disco d’esordio intitolato “Spirito Libero” (JEEPSTER Music) del 1988, ma il legnanese Giuseppe Calini dopo ben diciassette album in studio, ancora oggi resta radicato a quello che è il sound del suo DNA: Il Rock. Impassibile e ligio alla sua frequenza, perché Calini sa che il Rock oltre che musica è uno stile di vita. Non bisogna fare sforzi per esserlo, o si è o non lo si è. A braccetto con il genere si sposa l’ironia dell’artista, il quale di tanto in tanto viene palesata anche nelle proprie canzoni.

Quindi Calini spirito libero lo è tuttora, con la sua Telecaster sempre a tracolla e la voglia di sfornare nuovi riff polverosi come la strada che porta ad Alabama.  E così il viaggio sonoro proposto in questo suo ultimo sforzo porta proprio il titolo di “Verso L’Alabama”.

“Verso L’Alabama” è anche il frutto di collaborazioni con musicisti di alta qualità come Simone Sello (Vasco Rossi), Matt Laug (Slash, Guns N’ Roses), Leonardo De Bernardini, Johnny Tad e al mix Mike Tacci (Metallica, Cheap Trick, Vasco Rossi).

Ben sedici i brani che compongono l’album e quasi tutti della durata media di quattro minuti. Tanti i messaggi che scaturiscono dalle note, “Il Rock Degli Anni ‘70” segna un Calini che non si schioda dal Rock degli anni ’70, uno stile ed un modello che non tradisce mai. I riff sono di stampo classico e funzionali, i brevi assolo di chitarra hanno racchiuso dentro il sunto del genere, e a chi lo ama sicuramente all’ascolto si alzerà il pelo.

“Take It Easy” oltre che un brano ampiamente ruffiano e simpatico è anche quello da cui scaturisce un video promozionale che potrete visualizzare anche su internet. Noterete l’ironia a cui facevo riferimento in precedenza. Richiami a Vasco Rossi sono palesati in quasi tutti i brani. Non mancano le ballate Rock , “Una Lunga Strada Da Casa”, “Peter Pan” e “Quando Gira Male” dedicata ad un suo Bulldog. Bello il giro di note scaturite dal pianoforte che accompagna la voce di Calini. Molta allegria su “Il Sogno Non C’è”, il ritmo è contagioso e trascinante. Ci sono momenti anche più ricercati come in “Tu Sei Qui”, semiballata dall’assolo ficcante e “Io Sarò Con Te”. Ma la strada polverosa a cui facevo riferimento in precedenza è quella di “Verso L’Alabama”, canzone di Rock sudista, diretta e grezza.

Si parla d’amore in “Marco E Marina” e mentre la chitarra traccia il suo ennesimo assolo, si evince la passione totale dell’artista per il Rock.

Più greve “Ho Finito Le Cartucce”, ruspante e ruvida dove la chitarra è il fucile da caricare.

Sono tutte canzoni dal forte impatto live, facili da cantare con l’artista e da saltare sotto al palco, immaginate di farlo con “Un Altro Giorno perfetto”, Io Sono Il Tuo Capitano”, “Rock’N’Roll” o “Sangue Nervoso”, tanto Vasco style, questa volta anche nei testi.

“Verso L’Alabama” è un disco maturo e incentrato sulla facile fruibilità dell’insieme, ben confezionato e quindi di facile assimilazione, questo è quello che si esige dal Rock, e quando gli ingredienti ci sono tutti al posto giusto, allora lasciatevi travolgere dall’adrenalina e dalla voglia di vivere, Giuseppe Calini lo sa. MS

ASCOLTO: Take It Easy – Giuseppe Calini

https://www.youtube.com/watch?v=CRhr-bwXnX0&t=4s

 

 

RAOUL MORETTI – Harpness

Autoproduzione – Mondisommersi2017

Genere: Folk/Sperimentale

Supporto: cd – 2016

Può un arpa a pedali avere una tendenza Rock? Se vi siete già incuriositi avete fatto bene, perché in questa recensione andiamo a parlare del secondo lavoro dell’artista italo/svizzero Raoul Moretti.

Diplomato al Conservatorio di Musica“G.Verdi” di Como nel 1999, Moretti collabora con numerose orchestre fra le quali l’Orchestra a Fiati della Svizzera Italiana, l’Orchestra dell’Insubria, Orchestra Sinfonica di Lecco e l’Orchestra Stabile di Como. E’ ideatore anche di progetti musicali come  Vibrarpa con M. Bianchi, (arpa e vibrafono), il progetto Blue Silk con M. Giudici (elettroharp e chitarra elettrica) ed Essential Duo con Tullia Barbera (voce pop e arpa elettroacustic). La voglia di sperimentare giunge sino al suo strumento, quindi come solista intraprende un percorso di ricerca sull’arpa elettrica e l’utilizzo dell’elettronica. Intraprende così un percorso avanguardistico toccando numerosi stili musicali quali l’avant-garde, il pop-rock, la world music, l’elettronica, la nu-dance, la classica e l’improvvisazione. Le date mondiali per i festival internazionali di arpa sono numerose, Francia, Belgio, Croazia, Cina, Paraguay, Cile, Messico, Venezuela, Brasile e Australia. E ancora molto altro. Tuttavia noi in questa sede andiamo a focalizzare questo progetto datato 2016 dal titolo “Harpness”, si presenta in una edizione cartonata ed è composto da diciassette brani  con la collaborazione di personaggi come Michele Bertoni, Erica Scherl & Valerio Corzani, Diego Soddu, Walter  Demuru, Gianluca Porcu e Marco Tuppo.

“Sharpness” apre il disco e la musica si fa immediatamente immagine. Gocce sonore piovono in maniera delicata su un tappeto psichedelico per sfociare nella World Music. La sensazione di benessere e spaziosità è intrinseca dell’ascolto. Violino basso ed arpa nella breve “Das Unheimlich” per un suono che trasporta, inevitabilmente il tutto avviene ad occhi chiusi. Musica che scava dentro, come nella successiva “Mi Alma Viajera”, un racconto fatto di scale semplici, quasi minimaliste, ricercando l’anima di chi ascolta. Gli stili mutano brano dopo brano, “Near Death Experience” inizia quasi come un organo da chiesa tanto da rendere tetra e lugubre l’atmosfera. Loop sonori che aleggiano sopra territori psichedelici si lasciano trasportare anche da eco d’effetto.

E l’ascolto diventa ancora più sperimentale e toccante in “A Kaleidoscoping Mind”, nomen omen. Il rapporto di Raoul con il proprio strumento è fisico, forte ma allo stesso tempo delicato, l’arpa viene toccata in maniera inusuale, fra rispetto e desiderio di pizzicarla forte. Ma quello che interessa a Moretti è il suono che ne scaturisce e questo non è decisamente usuale. Se andiamo a cercare monoliti del Rock potremmo avvicinarlo per tendenza a “Ummagumma” dei Pink Floyd, ascoltate “The Black Swan” per credere.

Torna la calma con “Universi Paralleli” ed il suono è davvero cosmico, lento e senza gravità, come dicevo in precedenza, la musica diventa immagine. Suoni grevi e sostenuti, l’arpa non sembra quasi essere più uno strumento inteso per come è stato creato, ma un mezzo con cui creare situazioni astruse e affascinanti. Ancora suoni eterei in “Obliviousness”, rilassanti e scevri di ogni etichetta. “Reflections” ha una vibrazione silente, ossia che ti entra dentro la testa apparentemente a basso volume, ma che in realtà ti fa vibrare fortemente il cervello. “Breakaway” è un movimento più ritmato e semplice, tanto che potrebbe scaturire anche da un album dei teutonici Kraftwerk. Tutto muta in “Harpness”, nulla è mai lo stesso, l’arpa sembra gridare dolore in “Sharp-Eyed Man”, un giro armonico pregno di sofferenza ed oscurità grazie anche al suono straziante del violino. L’arpa ritorna a fare l’arpa in “Sweetly Violent”, ma è un breve istante per poi passare al suono minimale di “Violently Sweet”, brano in crescendo tanto da diventare infine Post Rock. In alcuni passaggi ho sensazioni che riportano la mia memoria al Fripp dei King Crimson, quello che spesso in sede live riesce a cucire momenti sperimentali al suono dei strumenti. Ricerca è la parola d’ordine. E così via fino a giungere a “Rebirth”, che per chi vi scrive è un piccolo capolavoro e non a caso è anche il brano più lungo dell’album con i suoi quasi otto minuti, ed il tempo sembra fermarsi.

In conclusione “Harpness” è un disco rilassante, scostante, nervoso, calmo, sereno e nuvoloso, il tutto con  un filo conduttore, la mente di chi ascolta, perché ognuno di questi suoni fanno vibrare in noi posti differenti del nostro cervello e si sa che ogni mente non è mai uguale ad un’altra. Per cui se siete curiosi lasciatevi travolgere da questa musica. Osate!

Per chi lo conoscesse il disco è consigliato anche ai sostenitori dello statunitense Rafael Anton Irisarri. MS

 

ASCOLTO: Just an illusion- Raoul Moretti https://www.youtube.com/watch?v=RtziV_XDZag

 

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SUCCEDE A FABRIANO

 

REVAIVOL ‘70

Torna REVAIVOL ’70 questa volta nella bellissima location dello Chalet dei giardini pubblici S. Margherita a Fabriano. Sabato 14 luglio ore 19.00 Aperitivo in musica, ore 22.30 musica anni ’70 con i CHARME & SHAKE, a seguire dj Maurto Gagliardini. Cocktail bj Andrei e cena con la Griglieria Tritelli

 

 

Fabrijazz Antonino De Luca Trio

 

sabato 21 luglio alle ore 21:30

Pinacoteca Molajoli Fabriano

piazza Giovanni Paolo II, 60044 Fabriano

 

 

ROCK & WORDS sono Fabio Bianchi e Massimo “Max” Salari. Insieme raccontano la storia della musica Rock e dintorni, l’evoluzione e come nascono i generi musicali, tutto questo in conferenze supportate da audio e video. Assieme sono nel direttivo dell’associazione Fabriano Pro Musica.  FABIO BIANCHI: Musicista, suona batteria e tromba. Ha militato in diverse band fra le quali i Skyline di Fabriano e l’orchestra Concordia. MASSIMO “Max” SALARI: Storico e critico musicale, ha scritto e scrive in riviste musicali di settore e webzine come Rock Hard, Flash Magazine, Andromeda, Rock Impressions, Musica Follia, Flash Forwards ed è gestore del Blog NONSOLO PROGROCK. Per sei anni è stato vicepresidente di PROGAWARDS, premio mondiale per band di settore Rock Progressivo e sperimentale. Autore del libro per edizioni Arcana ROCK PROGRESSIVO ITALIANO 1980 – 2013.

PER CONTATTI: rockandwordshistory@gmail.it   o salari.massimo@virgilio.it