NON FATE I BUONI

A Natale siamo tutti più buoni. Non è vero.  A Natale si scopre la cattiveria, il Natale mette con le spalle al muro. E cascano asini e stronzi. Gli angeli quasi mai. Se provate ad ascoltare la parodia di My way, cantata da Sid Vicious (fatelo su you tube) e decidete di arrivare alla fine del brano il cantante dei Sex Pistols prima di andarsene spara sul pubblico. E ammazza un certo numero di filistei borghesi e benpensanti, vestiti a festa per la ricorrenza.

Ho sempre pensato che non lo facesse solo per urtare e scandalizzare il pubblico della musica buona, tradizionale e inutile, ma perché quelle signore del tè erano le stesse mogli di imprenditori, politici, banchieri e autorità che si sgravavano la coscienza – dai misfatti dei mariti (collusioni corruzioni aberrazioni omissioni – con le serate di beneficenza. Perché in fondo Natale è questo: sgravarsi la coscienza. Il video di Sid Vicious andava in onda proprio durante il decennio thatcheriano e reaganiano quando il capitalismo occidentale avendo dismesso le politiche del welfare, si apprestava a diventare “buono”. Nel senso che quel che rimaneva dopo i profitti, gli investimenti (che allora esistevano ancora) e il superfluo, poteva essere parzialmente utilizzato per opere di carità. Tuttavia quel decennio ebbe almeno la scusa che tali politiche fossero gestite da governi liberali e antisocialisti.

Oggi sono i cosiddetti governi politicamente corretti a indicarci la strada della beneficenza. Sei pericoloso se vuoi parlare di contrattazione, di parti sociali, se accenni al diritto di critica. Se però fai il buono, se sei docile e paziente, un bonus te lo trovano per qualche motivo più o meno sensato. La politica dei bonus è quella  vertigine natalizia che attraversa tutto l’anno i nostri governi di grandi coalizioni e che a Natale subisce di conseguenza una forte accelerazione perché a Natale, si sa, la parabola di san Martino va sempre di moda.

Non credo che si uscirà dall’impasse di un mondo troppo asimmetrico e diseguale con la beneficenza che non è solo la carità che si fa al povero ma la concessione economica di un “dono”, non più quindi la conquista di un diritto e di un riconoscimento. E’ possibile che quello che ci stiamo giocando con la logica della beneficenza sia un pezzo di illuminismo, di dignità sociale e moderna, quindi anche di universalità. Il bonus come “beneficium” reintroduce  la logica delle istituzioni feudo vassallatiche, quindi dell’antico regime, ed è significativo che sia stato un governo di centro sinistra ad inventarla cancellando di converso il senso dei contratti collettivi e della dialettica cittadino-stato. La finisco qui, aggiungendo che la logica del bonus necessità di un cliente utente consumatore (desistente) sempre pronto a baciare la mano di chi gli regala un osso. A Natale quest’anno ricordiamoci di cosa implicano concetti come bontà, beneficenza, beneficio, e vediamo di fare poco i buoni

Alessandro Cartoni