FUCKSIA: ”HABEMUS LEGGE ELETTORALE: Si brinda a Rosatellum bis!”

Di Serenella Fucksia, senatrice, Vice Presidente del gruppo parlamentare Federazione della Libertà

E’ stata approvata oggi definitivamente in Senato con 214 voti favorevoli, 61 contrari e 2 astenuti la nuova legge elettorale, nota come “Rosatellum bis” (dal nome del parlamentare proponente). La legge prevede un sistema elettorale misto, proporzionale e maggioritario. Alla Camera i 630 seggi saranno assegnati in parte (232) attraverso collegi uninominali, in ciascuno dei quali risulterà vincente il candidato di coalizione più votato, mentre gli altri 386 verranno attribuiti con metodo proporzionale mediante collegi plurinominali con brevi listini bloccati di partiti che possono coalizzarsi tra loro. Al Senato i 315 seggi saranno divisi in 109 collegi uninominali e 200 plurinominali. La ripartizione dei seggi avverrà su base nazionale per la Camera e su base regionale per il Senato. Nella circoscrizione estero, infine, verranno eletti 12 deputati e 6 senatori. Sono previste soglie di sbarramento per l’accesso alla rappresentanza parlamentare: 3% per le liste e 10% per le coalizioni. E’ prevista inoltre una quota di salvaguardia per
la parità di genere: nessuno dei due sessi potrà superare il 60 per cento delle candidature in ogni listino. Entro 30 giorni il Governo ci indicherà la suddivisione dei collegi. La discussione in aula è stata appassionata. Tra gli interventi, ce ne sono stati diversi che hanno segnato queste giornate di dibattito: quello dotto, sincero e approfondito del senatore Quagliariello per Federazione della Libertà; quello del Presidente emerito Napolitano non privo di frecciatine critiche nei confronti di chi nella maggioranza ha indotto il Governo a chiudere frettolosamente, imponendo il voto di fiducia, l’esame di una legge che avrebbe meritato altro percorso; quello orgoglioso e responsabile del capogruppo di Forza Italia Paolo Romani; quello pragmatico del combattente Calderoli; quello puntualmente critico nel merito, ma anche distante dalla realtà contemporanea di Migliavacca, quello rivendicativo, risoluto e fermo di Zanda e molti altri. La legge elettorale non è vincolata a schemi ideologici o parametri etici. E’ di base uno strumento che deve tradurre i voti in seggi garantendo per il possibile la rappresentanza e la governabilità. Deve adattarsi al contesto istituzionale e al momento storico: non si comprenderebbe altrimenti come mai Salvemini e Sturzo, che nel ’19 erano stati padri del proporzionalismo, all’alba della storia repubblicana in un diverso contesto si siano schierati a favore del maggioritario. Questa legge elettorale ha dei vantaggi (ad esempio la possibilità di coalizioni o la previsione di collegi uninominali) ma certamente non è perfetta: è stata condotta in porto con diversi voti di fiducia che hanno soffocato il dibattito; non consente agli elettori il voto disgiunto che avrebbe dato maggior possibilità di scelta al cittadino; prevede insensatamente che all’estero possano candidarsi anche i residenti in Italia.
D’altra parte una legge elettorale perfetta non esiste, e soprattutto bisogna considerare da quale situazione si proveniva: dopo le bocciature del Porcellum e dell’Italicum da parte della Corte Costituzionale, infatti, dalle due sentenze erano derivate per il Senato e per la Camera due leggi tra loro totalmente incongruenti e contraddittorie. Al punto tale che la stessa Corte, che non può scrivere nuove leggi ma solo cancellare le parti incostituzionali delle norme esistenti, aveva invitato il Parlamento a mettere mano al sistema di voto per poter rendere i due sistemi omogenei e compatibili. Il voto di oggi in Senato ha dunque messo fine a una situazione di illegittimità conclamata e restituito alla politica la sua dignità, perché le leggi elettorali deve scriverle il Parlamento. In una situazione come questa il meglio sarebbe stato nemico del bene, e ciò è particolarmente vero in una fase storica così complessa con un sistema tripolare che non ha ancora trovato un suo equilibrio istituzionale. Se è vero che le regole si scrivono insieme, questa legge rappresenta un alto compromesso e soprattutto segna la capacità della politica di venir fuori da una situazione di paralisi che avrebbe trascinato con sé il nostro Paese.