EVERGREEN

Forse qualcuno si arrabbierà ma ce ne faremo una ragione e però io debbo dirla questa cosa su cui ho prudentemente riflettuto: e cioè che io detesto i vecchi.

Vorrei spiegare che io li detesto non per motivi percettivi o umorali ma per ragioni morali. Per essere precisi io non detesto tutti vecchi ma solo gli evergreen della generazione che mi ha appena preceduto. Non basta dire che l’Italia è un paese per vecchi per sentirsi politicamente corretti se poi non si fa lo sforzo di mettere alla sbarra la retorica dei valori tradizionali che pullula sui social sui mezzi di stampa e nella vulgata di regime.

Io detesto i vecchi quando li vedo all’aperitivo abbronzati e vestiti come i giovani con le camicie a quadri e i tessuti leggeri, io li detesto quando li incontro in piscina la mattina a fare i corsi di benessere, li detesto quando sfilano la carta argento per farsi i viaggi scontati, quando arrivano a frotte con i gruppi organizzati e sembrano ubiquitari, li detesto quando li vedo fare cose e desiderare come i giovani ma fuori tempo massimo e con un gesto imperioso che tutto evoca fuorché l’equilibrio o la saggezza. Sono nel mezzo della lotta e non vogliono perderla e certo i nemici sono gli altri, quelli che spingono per venire avanti.

Perché l’età non conta, ti dicono un po’ dappertutto, è lo spirito che conta, e siccome lo spirito è tutto, è bene che gli ultimi arrivati facciano ancora un po’ di fila, questo è il senso di un mondo che è portata di mano di un ottuagenario ma lontano mille miglia dalle possibilità di un giovane magari precario e senza pelo sullo stomaco. Questi vecchi sono abbastanza ricchi per prendersi le cose a cui i giovani non possono aspirare, sono ancora abbastanza sani o abbastanza giovani (qualcuno ha la baby pensione) per durare al mondo ancora anni e senza la minima intenzione   di mettersi da parte. C’è qualcosa che si è rotto e non funziona più ed è il legame tra le generazioni e una raccomandazione per il nipote oppure il familismo apparente non cambia nulla nella sostanza delle cose.

Andrebbe anche considerato che la qualità di vita, il loro standard post capitalistico e borghese (fatto di turismo, salute, svago e gastronomia) ormai glielo garantiamo noi, quasi vecchi, ma ancora classe attiva che lavoriamo per regalargli pensioni sostanziose accumulate nel “loro” – e a noi negato – regime pensionistico retributivo. Noi attivi appunto, stretti tra la rapacità dei vecchi e la miseria dei giovani. Adesso la politica da qualche mese ha scoperto che in Italia c’è un problema economico che riguarda le giovani generazioni e questa è la scoperta dell’acqua calda che vale appunto come spot elettorale.

Sul gruppo scultoreo di Bernini della Galleria Borghese (Enea che trasporta Anchise sulle spalle ed ha Ascanio al ginocchio) simbolo magnifico e imperituro della pietas classica è stato fondato il culto della memoria e il legame temporale tra le generazioni. Mi chiedo quale memoria dovremo avere noi per il futuro, a quali valori ci appelleremo. I nostri vecchi non avevano le fiamme di Ilio alle spalle, quelle c’erano per i loro padri e si chiamava seconda guerra mondiale. No, i nostri vecchi avevano la locomotiva Italia e la grande speranza della ricostruzione. Che cosa ne hanno fatto?

Alessandro Cartoni