LASCIAMI VOLARE, PAPA’ GIANPIETRO SI RACCONTA AD ADOLESCENTI E GENITORI

“Lasciami volare”, disse il Pesciolino Rosso prima di morire. Il 25 ottobre l”’Associazione 4 maggio 2008”,in collaborazione con il centro Servizio per il Volontariato, organizzano un incontro, dalle ore 9 alle 12, al Palaguerrieri di Fabriano con gli studenti degli Istituti Morea/Vivarelli e del Liceo Artistico EdgardoMannucci. Con il prezioso contributo della professoressa Maria Cristina Corvo ed il Patrocinio del Comune di Fabriano –Assessorato allo Sport e Politiche Giovanili, i ragazzi avranno il piacere di confrontarsi con Gianpietro Ghidini e don Roberto Berruti. Gianpietro, manager bresciano, gira le scuole d’Italia ed ha già incontrato più di 70 mila ragazzi per raccontare il dramma che ha colpito la sua famiglia con la morte di suo figlio Emanuele, ucciso nel 2013 da una pasticca.

Era notte fonda quando il telefono ha squillato per annunciare a Gianpietro Ghidini la tragedia che avrebbe stravolto per sempre la sua vita. Suo figlio Emanuele, di appena 16 anni, si era gettato nel fiume Chiesa, a pochi passi da casa, a Gavardo, in provincia di Brescia. Durante una festa aveva provato una pasticca di Lsd. «Aveva perso la testa-racconta Gianpietro- era andato a una cena, con amici anche più grandi di lui .C’erano dei cartoni di Lsd e lui l’ha provata. È stato subito male, non lo controllavano più, era molto nervoso. Quando è arrivato sulla soglia di casa, l’amico che era con lui, gli ha proposto di fare un giro in paese, per prendere un po’ d’aria. Così sono andati vicino al fiume».Davanti all’acqua Emanuele è come impazzito. «Ha iniziato a dire all’amico che doveva uccidersi e si è buttato di testa. Chi era con lui ha cercato di trattenerlo ma non è riuscito a fermarlo. Erano le due di notte e lui si è gettato nelle acque gelide di quel fiume in piena».Quando Gianpietro è arrivato sul posto, di Emanuele non c’era più traccia. Il fiume se l’era già portato via. «Ho immaginato Emanuele là sotto e volevo lanciarmi anche io. Poi mi sono reso conto che proprio nel punto in cui Ema si era buttato, tempo prima avevamo liberato un pesciolino rosso, che si trovava nel nostro stagno e quel giorno era stato morso da una papera. Lui voleva che vivesse». Gianpietro ha ritrovato dopo dieci ore il corpo di suo figlio, annegato. «Mi sono visto perduto. Poi ho fatto un sogno: raccoglievo Emanuele dalle acque del mare e quando mi sono svegliato avevo chiaro ciò che dovevo fare. Così ho deciso di fondare l’Associazione Ema Pesciolino Rosso e raccontare la nostra storia in tutte le scuole d’Italia. L’associazione è nata otto giorni dopo la sua morte. Stiamo diventando un’onda di pesciolini rossi nell’acquario di Ema, che era del segno dell’acquario».

Per Ghidini parlare ai ragazzi nelle scuole è un modo per continuare a comunicare con suo figlio per esorcizzare il suo dolore e trasformalo in amore, anche attraverso un semplice abbraccio .Confrontandosi con i giovani su argomenti difficili quali la droga, le dipendenze, l’alcol, i disagi Ghidini prova a restituire ai ragazzi un sogno, motivandoli a cercare il loro sogno in stessi e lottare per realizzarlo. Solo così potranno cambiare il mondo.

La sera del 25 ottobre, presso l’Auditorium dell’Istituto Morea alle ore 21, Gianpietro Ghidini e don Berruti incontreranno i genitori dei ragazzi e tutti coloro che vorranno intervenire per ascoltare il suo racconto. Nel suo libro “Lasciami Volare” Ghidini comunica ai genitori il suo dramma di padre che in un momento delicato della sua vita aveva deciso di andarsene di casa, pensando che i suoi figli non avessero più bisogno della sua presenza perché ormai grandi. Ma proprio il mese prima della sua decisione di rimanere in famiglia, la morte di suo figlio. Nella sua mente il desiderio iniziale di gettarsi anche lui nello stesso fiume ma la volontà di rendere onore ad Emanuele ha preso il sopravvento e il suo grande rammarico e dolore si sono trasformati in una battaglia d’amore nel diffondere questa testimonianza a servizio dei ragazzi e delle loro famiglie. Presente anche don Roberto Berruti, fondatore dell’Oratorio Evviva Maria di Albano, , che porterà la sua testimonianza di salesiano a stretto contatto con i giovani. La storia di don Berruti è la storia di un uomo che è andato sulla strada per toccare con mano i bisogni reali della società. Partendo dalle strade di Testaccio ha avuto contatto con giovani abbandonati a se stessi e seguendo la propria vocazione, nell’insegnamento di don Bosco, ha messo la propria vita a servizio del prossimo, grazie anche al prezioso aiuto di due giovani, Giacomo e Matteo, colonne portanti dell’Oratorio.

L’”Associazione 4 maggio 2008”, nata a Cerreto d’Esi per desiderio di alcuni volontari per sensibilizzare sul problema delle dipendenze e sul pericolo che corrono i ragazzi, ha abbracciato sin da subito il progetto. Da qui l’impegno dell’associazione a sostenere i genitori nella loro responsabilità educativa e nel prevenire situazioni di disagio giovanile anche attraverso la promozione di incontri, conferenze e dibattiti. Entusiasta la professoressa Maria Cristiana Corvo:“I nostri ragazzi, ogni giorno, camminano con accanto tante forme di dipendenza che cercano di fagocitarli e nella scuola è importante parlare di libertà, di vita, di forza interiore di scelte belle. Per questo faremo un’assemblea studentesca con Giampiero Ghidini, un papà a cui la droga ha rubato Emanuele, il bellissimo figlio sedicenne. I complici della sua morte sono stati tanti: la sua ingenuità, un francobollo di acido “salito male”, la faciloneria di amici più grandi, un papà che non lo aveva ascoltato abbastanza…Quanti colpevoli ci sono dietro una morte per droga? Tanti. Me ne sto rendendo sempre conto. Ogni cucciolo d’uomo nasce affamato d’amore: chiunque stoppa questo alimento, lasciandolo disidratato ed avido di affetto, contribuisce alla sua ricerca di overdose in qualcos’altro. Eppure sento che il nostro obiettivo non può ridursi al gioco “troviamo il colpevole”, cacciamo il capro espiatorio dal villaggio, affinché rimangano solo i puri e di bravi. Gianpietro Ghidini gira tutta l’Italia non tanto per parlare dei pericoli della tossicodipendenza, quanto per ridare iniezioni di entusiasmo per la vita e per la libertà interiore. La libertà di sbagliare, per poi rialzarsi con qualcosa di saggio in più.La libertà di fare ciò che è bene, non fermandoci solo a ciò che ci piace. La libertà di raccontarci così come siamo, senza tradire il nostro vero io. La libertà di alzare lo sguardo verso il cielo, senza essere schiavi solo dell'”adesso” e del “questo. La libertà di pensare a se stessi con amore e rispetto, dicendo con orgoglio “Come me nessuno mai!”

Gigliola Marinelli