BUONA PASQUA! GLI AUGURI DEL VESCOVO E DEL SINDACO

Buona Pasqua a tutti i nostri lettori che ci seguono tutto l’anno! Una giornata di relax da trascorrere in famiglia e nel comprensorio ferito dal terremoto. Tanti gli appuntamenti per vivere l’entroterra tra natura e musei. “A nome mio e dell’Amministrazione – ha detto ai nostri radioascoltatori il sindaco di Fabriano Giancarlo Sagramola – rivolgo a tutti i cittadini gli auguri per una serena e felice Pasqua di Resurrezione fiducioso che il profondo messaggio di pace e speranza che questa festa cristiana trasmette possa raggiungere tutti voi e le vostre famiglie!”

Il primo messaggio pasquale di Mons. Stefano Russo, vescovo di Fabriano-Matelica

Qualche tempo fa, guardando la televisione, mi è capitato di imbattermi in immagini molto belle che hanno attirato la mia attenzione. Si trattava dell’episodio di una fiction, dove alcuni giovani, con grande coraggio, grazie ad una “tuta alare”, si lanciavano nel vuoto, dalla cima di una montagna. Le riprese, con efficacia, trasmettevano il fascino del volo ad alta velocità ed il brivido causato dalla vicinanza delle rocce, sfiorate durante il passaggio all’interno di una lunga gola. Una scarica di adrenalina sperimentabile, in qualche modo, anche attraverso le spettacolari immagini. All’improvviso, la bellezza della scena veniva tragicamente interrotta. Uno dei ragazzi moriva, schiantandosi al suolo, a causa del cattivo funzionamento del paracadute che nell’ultima parte del volo, in campo aperto, avrebbe dovuto aprirsi, frenando la velocità e accompagnandolo delicatamente a terra. Mi è rimasto impresso il dialogo, tra il poliziotto, intervenuto per i rilievi del caso e l’istruttore di volo che aveva accompagnato i giovani nell’uscita. Il dialogo suonava più o meno così: “Certo però che voi, ve le andate a cercare! Chi ve lo fa fare a mettere in gioco la vostra vita, prendendovi tutti questi rischi?”, diceva il poliziotto all’istruttore che in tutta risposta, rilanciava con una domanda: “Mi citi cinque episodi, dell’ultimo anno, che la riguardano e che le sono rimasti così impressi nella mente e nel cuore da potermeli raccontare”. Alla non-risposta del poliziotto corrispondeva il repentino cambio di scena della fiction. Non ho potuto fare a meno di spegnere il televisore. Quella domanda mi ha colpito. Attraverso di essa, veniva messa in evidenza la necessità, da parte dell’uomo, di vivere con pienezza la propria esistenza, non avendo paura, per questo, di perdere anche il bene più prezioso, la propria vita. In ognuno di noi, in fondo, è presente quella inquietudine esistenziale che lo porta alla continua ricerca di qualcosa che possa dargli soddisfazione, e fargli sperimentare, in qualche modo, la libertà. E quando trovi qualcosa o qualcuno che sembra poter essere una risposta a questa inquietudine, non ci pensi due volte a seguire quella strada, costi quel che costi. Sono sentimenti che per i giovani, in particolare, costituiscono una grande attrattiva. Ma esiste qualcosa che dia soddisfazione a questa inquietudine? Che renda pienamente soddisfacente la propria esistenza? Che colmi quella sete di infinito che ogni essere umano porta con sé? Sì. Questo qualcosa esiste ed è una persona. E’ Gesù Cristo. Chi lungo la strada ha incontrato Gesù Cristo e lo ha riconosciuto come il Figlio di Dio, ha la possibilità, seguendolo, di fare della sua vita un’avventura.Ma non bisogna nascondersi che per seguirlo ci vuole il coraggio di sfidare se stessi, le proprie convinzioni, le proprie convenzioni. E’ come lanciarsi dalla montagna privi di tuta alare: Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. 24Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. (Lc 9,23-24). E’ condizione indispensabile, per seguirlo, l’essere disposti a “rinnegare se stessi”, la tentazione di mettersi al centro dell’esistenza e di guardare le cose ed il mondo a partire da sé. La proposta di Gesù Cristo richiede di mettere in gioco la propria vita, fidandosi della Sua Parola. Chi te lo fa fare a prendere la tua croce ogni giorno e seguirlo? Lo sperimentare, in Cristo, un amore più grande. Lo scoprire che la Sua Parola fa verità sulla propria esistenza. Che è proprio vero che è perdendo che trovi. Che più sei disposto a “rischiare”, per seguirlo e più sperimenti quella libertà dei figli di Dio che ti rende figlio con il Figlio. Una volta che lo hai incontrato e hai sperimentato il Suo amore, ti rendi conto che non puoi rimanere in pantofole, sulla tua poltrona, a guardare quello che succede nel mondo. Se accogli questa sfida, ti accorgi che si, è difficile trovare almeno cinque cose dell’anno trascorso che vale la pena ricordare, perché in realtà ne puoi trovare altrettante in una sola giornata. Perché se sei di Cristo, la tua vita diventa un dono e trova senso solo se ti doni. Ed il dono richiede necessariamente la morte di te stesso. Ma è una morte salutare. E in tutte le parole del Vangelo, se accolte, trovi una dinamica di morte e di risurrezione. Si aprono davanti a te degli scenari dal fascino inenarrabile, che non avresti mai pensato di attraversare. Ti accorgi che quella che sembra una perdita agli occhi della mentalità comune, diventa in realtà un guadagno. E così si illuminano le parole del vangelo: “Non ti dico di perdonare fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette” (cfr. Mt 18,22). Puoi perdonare solo se sei disposto a morire a te stesso, a vincere le passioni negative che il non amore ricevuto genera. E spesso questo significa buttarsi nel vuoto, vincere le proprie certezze e le proprie incertezze, le proprie logiche, le proprie giustificazioni. Affidarsi solo alla Sua parola. Ma una volta che perdoni nel nome di Gesù, non raramente sperimenti una liberazione profonda. Se, nel nome di Cristo, hai il coraggio di perdonare, ti accorgi, in realtà, che quel perdono diventa prima di tutto fonte di misericordia per te. Sperimenti, in definitiva, frutti di risurrezione. E allora capisci che “l’uscire fuori” a cui continuamente ci sollecita Papa Francesco, diventa veramente segno di misericordia, se è prima di tutto espressione di quell’uscire fuori da te stesso che comporta la morte del proprio io, per lasciar vivere Gesù solo, la Sua Parola. La tua vita viene immessa nell’eternità perché ti accorgi che quello che fai nel nome di Cristo, rimane, non passa, non è esposto alla caducità. Infinitamente di più, di una scarica di adrenalina.